(Road to Nowhere, 2003 Remaster · Talking Heads)
Il Bollettino degli Scienziati Atomici1 pubblica lo stato di quello che viene definito come ‘Orologio dell’apocalisse’ che indica quanto il mondo, l’umanità, quella che definiamo come ‘formazione sociale globale, sia vicina alla mezzanotte quando l’apocalisse, la fine di tutto si avvererà. Il 23 gennaio di quest’anno, la lancetta si trovava a 90 secondi dalla mezzanotte; le minacce che hanno avvicinato le lancette alla mezzanotte sono rappresentate da Nuclear Risk, Climate Change, Disruptive Technologies e Biosecurity. Dove il rischio nucleare cresce nell’abbandono dei trattati che in passato ne avevano limitato lo sviluppo, crescita delle tensioni tra le grandi potenze dotate di armamento nucleare, lo sviluppo di nuovi vettori come i missili ipersonici, in un contesto di diffusione delle guerre. Le Disruptive Technologies, si riferiscono innanzitutto allo sviluppo delle tecnologie di Intelligenza Artificiale le cui prestazioni e conseguenze imprevedibili e privi di controlli efficaci mentre cresce il loro impiego in campo militate. Che il Climate Change, il rischio climatico sia sostanzialmente fuori controllo è stato sancito dal fallimento di fatto della COP 28, mentre la Biosecurity nasce dalle tecnologie di manipolazione dei processi vitali, a partire dai meccanismi della genetica, assistita dalle I.A., dove queste manipolazioni possono sfuggire a qualsiasi controllo o portare a conseguenze inattese, oltre al loro uso in termini militari e terroristici.
Nella sua estrema schematicità e parzialità questa analisi dei rischi globali estremi descrive gli orizzonti reali o comunque possibili dei processi globali incorso, di quella che viene definita come policrisi, soprattutto nell’immanenza dei rischi globali non si intravvedono percorsi alternativi, la rotta intrapresa dall’umanità non sembra portare verso un approdo sicuro, in realtà verso alcun luogo, nella entropia crescente del sistema globale.
Colpisce nelle scarne righe del 2024 Doomsday Clock Statement la sconfitta della ragione, di ogni razionalità condivisa, quantomeno indotta da uno spirito di sopravvivenza condiviso tra i diversi attori che si agitano sulla scena globale, laddove l’uso della cosiddetta (impropriamente) intelligenza artificiale ovvero la capacità di trattare moli gigantesche di dati ed informazioni in tempi sempre più ridotti -con algoritmi che moltiplicano la potenza delle connessioni della logica assieme all’individuazione di connessioni probabilistiche sulla base del trattamento statistico di quelle mole di dati- pare destinata ad esasperare l’irrazionalità complessiva della formazione sociale globale in tutte le sue dimensioni. Nel suo confronto con la redazione di Transform-Italia Franco Berardi Bifo ha sposato l’analisi che porta alle previsioni più estreme della crisi complessa del sistema globale, dando per scontato l’avvento di una guerra, di una apocalisse nucleare, invitandoci a vivere pienamente ciò ci resta da vivere. Spengler nella sua opera l tramonto dell’Occidente. Lineamenti di una morfologia della storia mondiale (Der Untergang des Abendlandes. Umrisse einer Morphologie der Weltgeschichte) non a caso pubblicata e revisionata tra il 1918 e il 1922, quindi concepita nella temperie della prima guerra mondiale, descrive il ciclo di vita di ogni grande civiltà, destinato a concludersi con la sua inevitabile estinzione. Da allora il sistema capitalistico ha usato le sue crisi per innovarsi e portare più avanti le sue contraddizioni fondamentali, colonizzando in profondità ed estensione ogni rapporto sociale, innovando radicalmente rapporti sociali e culture ad ogni livello, estendendo la mercificazione sino ai meccanismi più profondi di riproduzione delle forme di vita, producendone una sorta di artificializzazione. Dopo la fine dell’Unione Sovietica si è parlato di ‘Scontro di civiltà’2 nel quale, le articolazioni, culturali, politiche, sociali e antropologiche collidevano entro le trasformazioni in corso del sistema globale che disgregavano gli ordinamenti esistenti una molteplicità di reazioni, transizioni a nuovi assetti a forme di conflitto regionale e globale. Ciò che successe allora era solo l’annuncio di una transizione continua, la cui traiettoria nel nuovo secolo ha preso ad impennarsi. Ora pare incomba la mezzanotte.
Nello svolgersi delle crisi, il sistema globale viene colpito da episodi successivi di trombosi che trovano la loro origine via via nelle crisi finanziarie, nelle pandemie, nelle guerre e nelle crisi climatiche, i cicli economici a livello locale, regionale e globale appaiono nel loro andamento sempre meno lineari e sempre più imprevedibili. In questo momento i passaggi stretti della logistica globale sono colpiti dalle guerre come nel caso del Mar Rosso o dalla siccità come nel caso del Canale di Panama3.
Tralasciando ogni retorica, non appare all’orizzonte la capacità delle classi dirigenti di governare questi processi, tanto meno la costituzione di movimenti culturali, politici e sociali in grado oggi di contrastare efficacemente questo avvicinarsi alla mezzanotte, fatto di crescita delle diseguaglianze, guerre -più o meno endemiche con stragi annesse- carestie e crisi climatiche, senza con questo sottovalutare la molteplicità di movimenti che sviluppano una culture critiche e prassi antagonista nei confronti degli attuali assetti economici, politici e sociali, . Il contesto, ad ogni livello è sempre più mobile, nella geopolitica osserviamo una dinamica a geometria variabile, dove il segno non è mai univoco, guardando ad esempio a come si svolge la competizione sul piano civile e militare assieme, dove è strategica la competizione per la realizzazione di infrastrutture logistiche, energetiche e informazionali, architrave dello sviluppo regionale, indispensabili per lo sfruttamento delle diverse filiere estrattive e produttive. L’aspetto militare di queste infrastrutture è cruciale per il dispiegamento delle forze militari delle grandi potenze e per la stabilità dei regimi locali, solitamente assai poco democratici. Sa da un lato la Cina ha sviluppato la sua strategia di penetrazione, la cosiddetta Nuova Via della Seta, negli Stati Uniti nel settore delle infrastrutture abbiamo assistito all’acquisizione da parte di Black Rock di Global Infrastructure Partners (GIP) per 12, 5 miliardi di dollari4, con un giro di affari che sfiora i 150 miliardi di dollari.
In questo quadro dove mutano alleanze e conflitti, senza raggiungere alcun assetto globale stabile, nessun episodio o processo è di per sé la causa ultima dei disagi e delle sofferenze delle popolazioni, ma tutti contribuiscono, in modo sinergico e sostanzialmente imprevedibili, nonostante di volta in volta, governi e classi dirigenti si possano sforzare di indicare la causa ultima o il nemico principale, verso cui adottare l’azione definitiva e risolutiva5.
Nel medesimo contesto orientamenti politici e culturali, locali -di minoranze in contesto nazionale e regionale- possono avere una forza dirompente e determinante. È il caso della destra israeliana, fondamentalista, oggi al governo, la cui punta di lancia sono i coloni in Cisgiordania, la cui azione e influenza determina lo stato attuale del conflitto Israelo-Palestinese, nella creazione di un regime di fatto di apartheid e di occupazione progressiva della Cisgiordania. Senza ignorare il fatto che il governo Netanyahu, ha di fatto favorito e sottovalutato il potere di Hamas sulla striscia di Gaza, per dividere il fronte palestinese e supportare con la forza l’azione dei coloni in Cisgiordania. La conseguenza è stata la possibilità di Hamas di condurre l’operazione del 7 ottobre e lo scatenamento successivo dell’azione che rasenta il genocidio sulla popolazione della striscia e l’allargamento progressivo del conflitto.
In questa congiuntura si rappresenta l’impotenza della grande potenza degli Stati Uniti, che con tutto il loro primato militare, economico e finanziario non sono in grado di influire in modo efficace sullo sviluppo degli eventi; conta di più l’interesse personale del primo ministro israeliano a prolungare la guerra per restare al potere. Parlare di un’azione congiunta tra USA ed stato di Israele è quindi del tutto improprio, nonostante il sostegno economico della amministrazione USA a fronte delle contraddizioni nell’area, che la stessa amministrazione non è in grado di controllare, che sono il prodotto e conseguenza delle guerre che si sono succedute nel medio oriente dagli anni ’90 ad oggi, che hanno prodotto e lasciato in eredità un regime complessivo di instabilità, dove gli Stati Uniti, dopo essere intervenuti con tutta la loro potenza militare assieme ai propri alleati, non ha certo l’iniziativa e sembra invece giocare sempre più di rimessa rispetto all’azione degli altri attori, nonostante le possibilità di rispondere con azioni militari però che non configurano affatto una strategia di medio periodo che comprenda tutta l’area che arriva sino all’Afghanistan, da cui sono stai costretti a ritirarsi nel modo che ormai è passato alla storia. Il massacro in corso nella striscia di Gaza mette rimette in gioco le alleanze degli USA in tutto il M.O. in contraddizione con lo stesso processo dei Patti di Abramo avviato dal governo di Netanyahu. L’Arabia Saudita nemica degli Houthi nella guerra civile dello Yemen non mostra di voler intervenire contro questi ultimi in seguito alle loro aggressioni nel Mar Rosso. La richiesta da parte statunitense ala Cina di operare una mediazione verso l’Iran affinché quest’ultimo convinca gli Houthi a moderare la propria azione non sembra avere alcun successo6.
C’è una straordinaria sproporzione tra la potenza che può essere messa in campo e la reale capacità di influire sul corso degli eventi; mentre la configurazione delle alleanze e dei conflitti si sta modificando con l’adesione di Iran e Arabia Saudita ai BRICS, dopo la mediazione tra i due esercitata a suo tempo dalla Cina.
Del resto proprio in patria, negli Stati Uniti, la competizione elettorale che si concluderà con le elezioni presidenziali di novembre, mostra il ruolo di una minoranza reazionaria della popolazione, per la quale Donald Trump non è semplicemente un candidato quanto piuttosto una sorta di messia che può permettersi qualsivoglia affermazione, che egemonizza il partito repubblicano, aggregando il consenso di ceti e soggetti sociali meno fondamentalisti, ma scontenti delle condizioni di vita maturate sotto l’amministrazione Biden. A sua volta l’amministrazione democratica, nonostante i grandi interventi finanziari successivi alla pandemia non è in grado di proporre un orizzonte, un futuro rassicurante a gran parte dei suoi cittadini, a partire dalle classi medie, a fronte di un contesto interno ed esterno in radicale trasformazione dagli esiti imprevedibili. Il sostegno allo stato di Israele, nonostante il massacro in corso a Gaza, stando ai sondaggi rischia di far perdere una quota di consenso più progressista. La stessa candidatura di Biden mostra l’incapacità della sua parte di produrre un rinnovamento della classe dirigente, mentre l’egemonia di Trump dall’altra parte mostra l’inesistenza di una logica di partito organizzata e la subordinazione ad orientamenti fondamentalisti, fideistici, sostanzialmente isolazionisti nei confronti del resto del mondo, che considerano a tutti gli effetti irrilevante. L’eventuale vittoria di Trump potrà che determinare nel 2025 una svolta più o meno radicale nella strategia degli USA, laddove sin da oggi il sostegno all’Ucraina nella guerra con la Federazione Russa è soggetta ai vincoli di un baratto richiesto dai repubblicani con una forte stretta nei confronti dell’accesso dei migranti, che premono sempre di più sui confini meridionali della federazione.
Nella circolarità e nell’intreccio dei processi, una eventuale vittoria di Trump, campione del negazionismo climatico, potrà avere conseguenze sulla strategia USA nel campo della transizione energetica, la concatenazione degli eventi, produce onde che si allargano dalla situazione locale e producono effetti che a loro volta…
Le diseguaglianze crescenti, i pericoli che incombono sulle basi stesse della nostra vita, non sembrano produrre movimenti generalizzati di rivolta, mentre dilagano conflitti sanguinosi. Che si tratti della Palestina o del Darfur, la dimensione etnica o religiosa è il pretesto per l’annientamento di parti di umanità, per l’espulsione dei diversi da un territorio, negando loro qualunque diritto a vivere, lo statuto si essere umano, con tutti i suoi caratteri, bisogni e diritti fondamentali.
La dimensione dell’appartenenza ad un unico genere umano, che forse non si è mai espressa compiutamente, appare comunque persa, in regressione continua. L’impossibilità della rivolta, di una lotta universale di liberazione sociale, produce l’implosione dei sentimenti di rivolta, mette nelle mani di minoranze reazionarie la possibilità di diventare egemoni, di far deflagrare equilibri precari, mentre le maggioranze si disgregano nell’estraneità reciproca e nell’assuefazione all’andamento della propria condizione. Non sarà la retorica e la ripetizione enfatica di parole d’ordine a cambiare l’ordine delle cose. Se un lungo viaggio nella notte ci attende, se il buio non è totale la radicalità -anche parziale e spuria nelle sue dichiarazioni, obiettivi, pratiche e complicità- può trovare la sua strada e diventare rivolta.
Roberto Rosso
- https://thebulletin.org/doomsday-clock/current-time/.[↩]
- S.P. Huntington, The Clash of Civilization and the Remaking of World Order, Simon & Schuster, New York 1996, trad. it. Lo scontro delle civiltà e il nuovo ordine mondiale https://www.juragentium.org/books/it/huntingt.htm [↩]
- https://www.ilmeteo.net/notizie/attualita/siccita-sta-colpendo-il-canale-di-panama-el-nino-e-i-cambiamenti-climatici-minacciano-il-commercio-globale.html [↩]
- https://www.wsj.com/business/deals/blackrock-to-buy-global-infrastructure-partners-for-12-5-billion-22f8e3d9 [↩]
- Yemen e Occidente. Un Mare rosso di vergogna di Emiliano Brancaccio https://ilmanifesto.it/yemen-e-occidente-un-mare-rosso-di-vergogna [↩]
- https://www.adnkronos.com/internazionale/esteri/houthi-attacchi-mar-rosso-usa-cina-iran-retroscena-ultime-news_2VDZ0uo9ncVDpalmKIuUwf [↩]