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La società del rischio, dell’innovazione e dell’ignoranza

di Roberto
Rosso

Torniamo a ragionare sulla società del rischio, nel panorama sociale ed economico totalmente determinato dalla pandemia, nell’orizzonte delle catastrofe ecologica e climatica, dove il movimento del capitale verso il superamento di ogni limite contraddice le strategie di contenimento dei rischi globali, creando le condizioni di una sempre più diffusa ignoranza dello stato reale delle cose.

Rischio: eventualità di subire un danno connessa a circostanze più o meno prevedibili (è quindi più tenue e meno certo che pericolo): così la Treccani1. Torniamo a ragionare sulla società del rischio, nel panorama sociale ed economico totalmente determinato dalla pandemia, dove le società si differenziano per la capacità di contenere il contagio, prima con le misure che vincolano la mobilità e le relazioni sociali ed ora con i vaccini. Nei paesi sviluppati le società, il ciclo economico non conoscevano un impatto così rilevante dai tempi della Spagnola, le cui conseguenze peraltro si saldarono agli effetti della prima guerra mondiale.

Le garanzie della assistenza sanitaria contro i rischi per la salute personale e collettiva costituiscono uno dei pilastri dello stato sociale, come lo abbiamo conosciuto in Europa, a partire dalla istituzione in Gran Bretagna del Servizio Sanitario Nazionale (Nhs). nel lontano 5 luglio 1948. Lo stesso non avviene negli Stati Uniti dove l’adozione del cosiddetto Obama Care2 è stata oggetto di un fortissimo scontro politico e continua ad esserlo3; la ristrutturazione dei rapporti sociali nella globalizzazione neo-liberista ha allentato ovunque le garanzie conquistate nei decenni precedenti, a partire dalla Gran Bretagna4. Il rischio di una pandemia, con caratteristiche simili a quella che ci sta colpendo, non era ignoto, lo aveva previsto in una sua simulazione l’OMS e, analogamente, il servizio sanitario statunitense; ma da questo non si è originata l’adozione di protocolli condivisi tra tutti i paesi; la conseguenza è stata l’inadeguatezza dei piani di prevenzione di gran parte dei paesi, dove i sistemi sanitari non costituivano una rete di cura e prevenzione adeguata. In un contesto globale nel quale incombono rischi di ogni tipo, a partire dal riscaldamento globale, alla proliferazione dei conflitti regionali, a quello sempre presente o determinato dalla proliferazione degli armamenti nucleari, alle crisi del sistema finanziario: il rischio pandemico, benché analizzato, è stato praticamente ignorato dagli stati; scendendo dai vertici governativi e delle strutture sanitarie arrivando alle popolazioni abbiamo assistito ad una colossale omissione, mancata condivisione di conoscenze; non si tratta certo di un episodio isolato, per quanto dalle conseguenze straordinarie, poiché la conoscenza  dell’insieme dei rischi sistemici che caratterizzano  le nostre società, che definiscono il possibile sviluppo del nostro futuro, non fa parte della nostra formazione ed educazione come cittadini consapevoli. In realtà dal connubio tra la profonda ignoranza in cui gran parte di noi vive, e l’evidente mancanza di equilibrio del contesto sociale, nasce e si diffonde una pletora di teorie complottistiche, di rappresentazioni fantasiose della realtà, dove la rabbia sociale più che giustificata deve trovare i suoi capri espiatori.

La pandemia ha prodotto la socializzazione del dibattito sui rischi personali e collettivi, sulle misure precauzionali da prendere per contenere il contagio, nei comportamenti individuali e nelle misure di prevenzione adottate dalle istituzioni. Con l’arrivo dei vaccini, a parte pregresse posizioni no-vax, si è aperto il dibattito pubblico sul bilanciamento tra rischi individuali, comunque siano ridotti, e benefici collettivi5.  In Europa la situazione è sfuggita al controllo alle agenzie di regolazione- quella europea per prima, l’EMA- e dei governi, con una successione di interventi che si contraddicevano tra loro. La valutazione contraddittoria sulle conseguenze dei vaccini è andata di pari passo con la fallimentare trattativa con le società farmaceutiche, da cui la loro distribuzione ineguale, la gara per accaparrarseli.

Il (mal)governo della pandemia, dalle sue origini sino alla gestione delle campagne vaccinali, contrasta in modo stridente con lo straordinario investimento tecnologico che ha portato alla realizzazione dei vaccini in tempi brevissimi, una realizzazione che non ha smentito la sostanziale irrazionalità del sistema di governo della società, la sostanza delle contraddizioni insite nei rapporti sociali di produzione. L’origine della pandemia,  oscura ai più nonostante il molto probabile nesso con un processo di zoonosi, la sua straordinaria diffusione globale, la totale dipendenza dalle misure prese dai governi, la stessa rapidità con cui sono stati realizzati e sperimentati i vaccini, tutto questo ha alimentato un senso di impotenza individuale e collettivo, nonostante gli appelli alla solidarietà  e la celebrazione dell’eroismo del personale sanitario, il sentirsi parte di una straordinario esperimento sociale, il che peraltro è oggettivamente vero; in queste condizioni ogni persona, collettività, comunità gruppo, soggetto sociale, istituzione o nazione  fa ricorso alle risorse di cui dispone per orientarsi, ricollocarsi e -a secondo del  proprio ruolo- sopravvivere o incrementare la propria ricchezza ed il proprio potere, si manifestano tutti caratteri e le contraddizioni delle società. Le poste in gioco nella trasformazione sociale si fanno sempre più alte in un gioco che era già molto duro. L’economia globale già soggetta ad una trasformazione radicale, è entrata in una nuova fase con una diversificazione crescente nei suoi sviluppi regionali.

Il Brasile, dove il presidente Bolsonaro continua a rifiutarsi di introdurre misure di contenimento, è diventato la culla di sempre nuove e più pericolose varianti del virus. La straordinaria capacità di mutare dei virus a RNA, a differenza di quelli dotati della doppia elica del DNA molto più stabili, si fa largo entro un mondo globalizzato, ma sempre meno capace di una azione globale. L’economia mondo non rischia solo il collasso a causa del riscaldamento globale e del collasso di interi sistemi ecologici regionali, le diseguaglianze sociali si esprimono anche nello sviluppo diseguale dal punto di vista culturale e cognitivo. Mentre metà governo ed i vertici militari prendono le distanze dal presidente brasiliano, si valuta che circa un terzo della popolazione segua le leggende presidenziali su rimedi miracolosi nei confronti del Sars-Cov-2. Alcuni dei quali peraltro hanno gravi effetti collaterali per un loro uso eccessivo. Gli Stati Uniti e la Gran Bretagna sono usciti dal tunnel in cui li aveva infilati il negazionismo di Trump e quello iniziale di Johnson.

Gli effetti del modello di sviluppo dominante sul clima e sui sistemi ecologici, corrono molto più in fretta della capacità dei sistemi sociali di reagire. Se l’attuale modo di produzione si basa sul connubio tra tecnologie digitali, che operano la sussunzione delle relazioni sociali e cognitive, tecnologie di manipolazione della vita, delle strutture della materia ad un livello di finezza sempre più spinto con le nanotecnologie, il risultato non è certo il trionfo di una ‘seconda natura’ della formazione sociale, capace di costruire un nuovo equilibrio, al contrario siamo al riacutizzarsi delle contraddizioni, siamo del tutto lontani da un governo globale, concertato della pandemia, siamo all’esplodere delle diseguaglianze  e al realizzarsi progressivo di ogni rischio sistemico.

Siamo dentro una contraddizione che va ben oltre il succedersi ciclico di crisi finanziarie e ristrutturazione capitalistica, le crisi pandemica e climatica costituiscono fattori primari che a loro volta acutizzano le crisi finanziarie, del debito sovrano, ne determinano l’andamento. I paesi creditori, le istituzioni finanziarie, la Banca Mondiale, il Fondo Monetario cercano nuove strategie per evitare il collasso di quei paesi debitori che si trovano nella morsa degli effetti della pandemia e della crisi climatica sulle loro economie6. I paesi a basso o medio reddito secondo gli ultimi dati disponibili del 2019 devono ai loro creditori 8.100 miliardi di dollari, prima che si facessero sentire gli effetti della pandemia. Allo stesso tempo metà dei paesi che la Banca Mondiale classifica a basso reddito hanno una situazione debitoria in emergenza e contemporaneamente sono gravemente colpiti da eventi catastrofici dovuti al riscaldamento globale. Il rischio da affrontare è il default di molte economie. Un caso da manuale è il Mozambico, il sesto paese più povero al mondo, in emergenza debito, colpito da cicloni e come se non bastasse con una crescente attività di formazioni jihadiste7. Una sofisticata simulazione8 predice per il 2030 un salto nel costo del debito sovrano e corporate nel caso non si rispettino gli obiettivi della conferenza di Parigi del 2015.

Il report “Debt Relief for Green and Inclusive Recovery pubblicato da Heinrich Böll Foundation, Center for Sustainable Finance at SOAS, University of London  e Boston University’s Global Development Policy Center9 propone  di tagliare il debito per i paesi più indebitati realizzando il cosiddetto’ Debt Relief for a Green and Inclusive Recovery’ , andando oltre il progetto del G20 ‘Common Framework for Debt Treatments’ che non prevede di intervenire su paesi indebitati a medio reddito.

Emerge dal quadro dei rischi globali, nel loro inestricabile intreccio, l’incapacità di governarli intrinseca alla formazione sociale; la risposta è ricercata incrementando la capacità delle tecnologie digitali di investigare, comprendere, simulare i processi reali, operando come tecnologia abilitante per ogni altra tecnologia. Questa potenza di elaborazione, alimentata da un flusso costante di dati acquisiti in modo sempre più capillare su ogni aspetto della realtà, costituisce un elemento fondante del confronto strategico a livello globale e del processo di accumulazione. Il dispositivo digitale, in senso generale, non ha confini, è inestricabilmente connesso alla realtà sociale dove prolifera incessantemente, è parte della realtà e delle sue contraddizioni, alimenta le funzioni di auto-rappresentazione ed autoriflessione, ma è anche lo spazio dove proliferano poteri in conflitto tra loro, dove si realizza l’appropriazione privata della cooperazione sociale; con un piccolo problema.

La conoscenza notoriamente di per sé non è un bene esclusivo e rivale,10 è condivisibile; facendola propria, riproducendola,  non la si sminuisce al contrario si incrementa, più aumenta la cooperazione e la condivisione più se ne produce. La scarsità nella disponibilità di vaccini, la competizione per accaparrarseli è il prodotto della privatizzazione della ricerca, con finanziamenti pubblici, protetta dai brevetti, che ne ha innanzitutto limitato la base produttiva e lo sviluppo della ricerca, tanto più necessaria quanto più si prospetta un futuro ricco di varianti del virus. La conoscenza viene ridotta ad una risorsa scarsa, non solo per quanto riguarda le innovazioni tecnologiche più avanzate, ma innanzitutto nella riduzione delle conoscenze condivise; quel terzo della popolazione brasiliana che si affida a Bolsonaro ne è la più plateale dimostrazione. Il Brasile oggi è il luogo dove corre la diversificazione del virus, al riparo dell’ignoranza condivisa di una quota di popolazione e classe di governo; nelle stesse condizioni politiche, sociali e culturali è avanzata la distruzione del più importante ecosistema del globo.

Il paradosso è che mentre abbiamo gli strumenti per il massimo di condivisione delle conoscenze; gli stessi social media lo sarebbero, ed in parte lo sono, ma il loro sviluppo ipertrofico ha dato soprattutto la stura ai sentimenti, alle paure generate da una situazione di incertezza, dalla rottura delle forme di coesione sociale, a tutti i fenomeni patologici che si possono immaginare in un contesto che si basa sulla successione rapida, e l’immediatezza della presa di parola, senza l’obbligo di alcun galateo ed onere della prova di ciò che si dice. D’altra parte più frenetica è l’esposizione delle persone sulla rete, più ampio è il ventaglio delle emozioni dei sentimenti, delle preferenze espresse maggiore è il ‘bottino’ che viene estratto dagli algoritmi; una logica estrattiva  applicata alle relazioni umane; una fonte inesauribile, relazioni la cui condivisione costituisce un processo di riproduzione allargata; come accade con la conoscenza che aumenta condividendola, solo che questa modalità di condivisione tronca il processo di produzione della conoscenza, una sorta di coazione a ripetere, entro la ‘matrice’.

Siamo in presenza del governo di società sempre più complesse fondato sull’appropriazione privata della conoscenza, il bene comune per eccellenza, di ogni manifestazione di socialità, delle modalità di espressione dell’individuo sociale il cui sviluppo onnilaterale viene ferocemente troncato. L’umanità appare nella straordinaria complessità un campo di pratiche estrattive senza limite, mentre il sistema capitalistico, nelle sue varie forme, si confronta con il limite delle risorse offerte dalle matrici ambientali e dagli ecosistemi nonostante le tecnologie sempre più sofisticate messe in atto per sfruttarli. La tendenza insita nel rapporto di capitale, nel suo movimento a superare ogni limite, non si può semplicemente realizzare nel gioco finanziario, nonostante il livello straordinario di autonomizzazione raggiunto, cerca di realizzarsi oltrepassando ogni vincolo nell’estrazione di valore dalle forme di vita, verso l’orizzonte della riproduzione artificiale della vita. La conseguenza paradossale è che l’orizzonte dell’imprevedibilità sul piano globale è sempre più prossimo, mentre si affinano le tecniche di previsione.

Le tecnologie di controllo sociale, l’implementazione di sistemi di prevenzione dei rischi sono costretti a rincorrere le condizioni che li generano, senza riuscire ad eliminarle e contribuendo invece a riprodurle; la necessità di porsi dei limiti per prevenire i rischi è negata dalla spinta, dal movimento verso il superamento di ogni limite.

  1. https://www.treccani.it/vocabolario/rischio/ https://www.treccani.it/vocabolario/pericolo/ []
  2. https://www.healthcare.gov/glossary/affordable-care-act/ []
  3. https://www.pewtrusts.org/en/research-and-analysis/blogs/stateline/2020/12/09/trump-takes-a-final-shot-at-obamacare-exchanges []
  4. https://www.saluteinternazionale.info/2011/02/la-fine-del-sistema-sanitario-inglese/ []
  5. https://gliasinirivista.org/democrazia-e-diritto-alla-salute/?fbclid=IwAR1Uy86pmuq_9WdOSzQnqTTOu_6k8x1Sy5OikpdEBs7io9ECjFNw5poR6wU []
  6. https://www.nytimes.com/2021/04/07/climate/debt-climate-change.html?action=click&module=Well&pgtype=Homepage&section=Climate%20and%20Environment []
  7. https://www.valigiablu.it/mozambico-stragi-isis-multinazionali/ []
  8. https://www.bennettinstitute.cam.ac.uk/publications/rising-temperatures-falling-ratings/ []
  9. https://drgr.org/2020/11/16/report-debt-relief-for-a-green-and-inclusive-recovery/ []
  10. https://urbrick.com/materiale/beni-comuni-nelle-scienze-economiche-e-nellaccezione-giuridica/ []
conoscenza, innovazione, limite, rischio
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