A un anno dalle prossime elezioni europee il quadro delle forze di sinistra radicale operanti nei paesi dell’ex blocco socialista che si trovano all’interno dell’UE presenta una situazione di grande debolezza. Attualmente nel gruppo “The Left” del Parlamento di Bruxelles e Strasburgo vi è una sola eletta proveniente da uno di questi paesi: si tratta di Katerina Konecna del Partito Comunista Boemo-Moravo.
Nei Parlamenti nazionali si possono considerare di sinistra radicale tre partiti che dispongono di almeno un eletto: Lewica Razem (Sinistra insieme) in Polonia, Levica (Sinistra) in Slovenia e Radnicka Fronta (Fronte dei lavoratori) in Croazia. La Sinistra slovena guidata da Luka Mesec fa parte dell’attuale coalizione di governo di centro-sinistra.
Al Partito della Sinistra Europea aderiscono attualmente: il Fronte dei Lavoratori croato, la Sinistra della Repubblica ceca, il Partito Socialista Romeno, il Partito della Sinistra Unita Estone, la Sinistra Bulgara, la Sinistra Europea d’Ungheria, la Sinistra slovena. Inoltre il PC Boemo Moravo e il PC Slovacco mantengono il ruolo di partiti osservatori e il Partito della Sinistra Radicale Tancsis ungherese una relazione di partenariato.
Esistono poi una serie di piccoli partiti comunisti che partecipano alla rete internazionale Solidnet, animata principalmente dal Partito Comunista Greco, ma che mantengono un’influenza e un seguito molto limitati. In diversi Paesi sono anche fatti oggetto di diverse forme di persecuzione e di limitazione dell’attività oltre a ripetuti tentativi di dichiararli fuorilegge.
Il Partito Comunista Boemo Moravo
Il PCBM è stato il principale partito comunista che dopo la caduta del regime a partito unico ha rifiutato di mutare nome e di scegliere la strada dell’adesione alla socialdemocrazia come hanno invece fatto la gran parte degli ex partiti al potere.
Al suo interno si sono espresse tendenze diverse tra quelle più favorevoli a formulare un nuovo progetto ideologico neocomunista e altre orientate al mantenimento del tradizionale impianto marxista-leninista. Ha potuto contare per oltre 20 anni su un discreto successo elettorale che gli ha consentito di oscillare tra il 10 e il 15% dei voti con punte fino quasi al 20%. Debole a Praga, i suoi punti di forza erano soprattutto nelle regioni che più avevano subito il processo di deindustrializzazione e di impoverimento. Nelle ultime due elezioni ha subito un vero e proprio tracollo dei consensi che lo hanno portato dal 14,9% del 2013 al 3,6% del 2021. In termini assoluti è sceso da 741.000 voti a 193.000 voti. Non avendo raggiunto la soglia minima del 5% è rimasto escluso dal parlamento. In occasione delle recenti elezioni presidenziali non è riuscito a raccogliere le firme sufficienti per presentare una propria candidatura.
La pesante sconfitta ha aperto una crisi interna che ha portato alle dimissioni del leader Vojtech Filip e alla sua sostituzione con l’europarlamentare Katerina Konecna. Determinante nel crollo elettorale è stato lo spostamento di una parte significativa dell’elettorato verso il partito populista di Andrej Babis che, soprattutto nel secondo periodo del suo governo, ha realizzato alcune politiche di sostegno ai pensionati e ai settori sociali in maggiore difficoltà, tradizionale base elettorale dei comunisti. Nei confronti del governo del miliardario Babjs, il Partito Comunista aveva scelto una tattica di sostegno esterno, interrotta alla fine del 2021, a qualche mese dalle elezioni. Queste oscillazioni evidentemente non sono state apprezzate dagli elettori che hanno visto nel partito ANO di Babjs un possibile argine del ritorno della destra ultraliberista e filo-occidentale che oggi governa la Repubblica Ceca.
Il PCBM ha tenuto il suo congresso nel maggio 2022 a Brno alla presenza di 300 delegati in rappresentanza di circa 28.000 iscritti. Secondo quanto riferisce un comunicato del Partito, “i comunisti cechi hanno presentato una serie di proposte concrete per superare da una prospettiva marxista l’attuale crisi del sistema capitalista e il suo impatto sulla maggioranza della popolazione ceca. Nello stesso tempo il Congresso ha unanimemente rigettato gli sforzi per una presenza militare degli USA sul suolo della Repubblica Ceca ed è stato confermato l’appello per la fine del patto aggressivo della NATO”.
Il Congresso ha presentato una serie di richieste di natura sociale e per raggiungere questi obbiettivi ha “offerto la propria cooperazione con tutte le forze politiche che si identificano con esse. Ma le origini della attuale crisi sono di natura sistemica. Per questo, per la loro soluzione è necessario guardare oltre il corrente sistema capitalista che è basato sullo sfruttamento, l’oppressione e le guerre. Di fronte ai problemi attuali, l’alternativa del socialismo non ha perso nulla della sua attualità come soluzione dei problemi globali.”
Per quanto riguarda la posizione riguardo la guerra in Ucraina, il PCBM “continua a sottolineare la sua richiesta, non da oggi, per una soluzione pacifica e insiste sulla necessità di mettere fine a tutte le operazioni militari che sono in contrasto con le leggi internazionali.”
Il Partito ritiene anche che la Federazione Russa non sia l’unica colpevole dell’attuale situazione perché esistono responsabilità da parte degli Stati Uniti, dell’Unione Europea e della NATO. Il loro sostegno al regime di Kiev ha prodotto otto anni di crimini nei confronti dei cittadini del Donbas. “L’attuale scontro – sostiene il PC Boemo Moravo – non può essere separato dalle sue radici storiche, che risalgono a trenta anni addietro quando l’Unione Sovietica ha cessato di esistere, risultando nell’espansione della NATO nell’Europa centrale ed orientale e nel ‘colpo di Stato’ di Maidan del 2014. La ragione sistemica di questo fenomeno è la promozione di interessi economici e politici delle superpotenze e delle loro rivalità per la ridistribuzione delle sfere di influenza, che è direttamente interconnessa con gli interventi militari, la minaccia dell’uso della forza, l’imposizione di embarghi e di interferenze negli affari interni degli stati sovrani.”
Lewica Razem (Polonia)
Questo partito si è formato nel 2015 a partire da gruppi e singoli, impegnati soprattutto in movimenti locali, insoddisfatti dalla politica della sinistra socialdemocratica maggioritaria. Dopo aver tentato la presentazione isolata alle elezioni ha deciso di unirsi in uno schieramento più ampio con altre formazioni più moderate, tra cui gli stessi socialdemocratici.
Piotr Janiszewski ha così delineato la struttura del partito: “dalle elezioni del 2019, Sinistra Insieme ha una modesta rappresentanza di sei membri nella Sejm polacca. Ha circa 2.500 iscritti in tutto il paese con sezioni significative principalmente nelle grandi città. La struttura interna del partito è basata sul principio dell’eguaglianza della leadership collettiva: le attività quotidiane del partito sono coordinate da un esecutivo che non ha presidenti o segretari. Le stesse regole si applicano alle strutture locali. Lo statuto del partito limita strettamente la durata della assunzione di cariche nazionali o locali da parte di un iscritto a due o quattro mandati rispettivamente. Come regola, tutti i dipendenti del partito guadagnano l’equivalente del salario medio polacco. Ai membri del Parlamento è permesso di mantenere un ammontare pari a tre volte il salario minimo: il rimanente deve essere donato per finalità sociali. Fino al 2019, RAZEM era fortemente impegnato in Diem25 (Movimento Democrazia in Europa 2025). Mantiene relazioni con partiti della sinistra alternativa europea, inclusi Podemos e Die Linke e con l’Alleanza della Sinistra Verde Nordica” (in Bouma, A., Hildebrandt, C., Koltsida D., Radical in Diversity. Europe’s Left 2010-2020).
Queste relazioni internazionali sono state intaccate dalla posizione assunta da Lewica Razem a seguito della guerra in Ucraina. Il 1° marzo 2022, il partito ha rotto i rapporti con l’Internazionale Progressista e Diem25, guidati da Varoufakis, con questa motivazione: “In assenza di una dichiarazione senza equivoci di riconoscimento della sovranità ucraina e di una condanna assoluta dell’imperialismo russo da parte dell’Internazionale progressista e del Movimento per la democrazia in Europa 2025, Lewica Razem mette fine alla sua cooperazione con queste organizzazioni”.
In una recente intervista, Sofia Malisz, del segretariato degli affari internazionali del partito, rilanciata globalmente dalla rivista della Quarta Internazionale (tendenza Besancenot), ha così espresso la visione complessiva di questo partito: “noi siamo chiari sul fatto che l’influenza del militarismo occidentale non è la benvenuta in Polonia. Ma noi riconosciamo che siamo in una situazione complessa. Contrariamente alla sinistra che opera nel cuore dell’impero, la sinistra della nostra parte d’Europa non si può permettere di adottare una posizione puramente ideologica, senza tener conto delle realtà della sicurezza dei popoli della nostra regione.
Da un lato, data l’assenza di una vera architettura di sicurezza europea, la NATO rappresenta attualmente la sola garanzia di protezione per i cittadini polacchi. La grande maggioranza dei polacchi auspica questa protezione, perché conosce la minaccia rappresentata dall’imperialismo russo. Per questo penso che non si possa onestamente parlare di espansionismo della NATO nella nostra regione. Al contrario, noi abbiamo dei paesi che hanno disperatamente chiesto di raggiungere la NATO negli anni ’90, allorché gli Stati Uniti non erano inizialmente favorevoli alla nostra adesione. Per gli abitanti della nostra regione l’espansionismo russo è una minaccia esistenziale. E, invadendo l’Ucraina, la Russia si estende verso la nostra regione e attraverso di essa.”
Nel marzo del 2022, Lewica Razem ha partecipato a Varsavia ad un incontro con il movimento di sinistra ucraino Sozialnyi Rukh, l’unico che promuovendo internazionalmente il sostegno alla guerra può ancora agire legalmente, insieme ad altre formazioni di sinistra: l’Alleanza di sinistra finlandese, l’Alleanza di Sinistra lituana, l’Alleanza per l’avvenire e Noi siamo la sinistra della Repubblica ceca, il Partito della democrazia e della solidarietà della Romania. Non era presente ma ha fatto conoscere il suo sostegno il partito della sinistra radicale danese Enhedslisten.
Levica (Slovenia)
Questo partito è sorto nel 2017 sulla base di una preesistente coalizione elettorale. E sulla spinta di una serie di movimenti sociali di opposizione alle politiche liberiste.
In proposito, nel volume collettivo già citato, scrive Krunoslav Stojakovic: “come membro del Partito della Sinistra Europea, Levica rappresenta molte posizioni simili a quelle sostenute da altri membri della SE come la tedesca Die Linke. Queste includono, tra l’altro, la democratizzazione delle relazioni economiche; la preservazione e l’espansione dei beni comuni pubblici; il cambiamento socio-ecologico; sistema di educazione e sanità gratuiti; un impegno per l’antifascismo; la critica della NATO e dell’UE. Allo stesso tempo Levica è in generale più aperto e radicale nelle sue formulazioni degli obbiettivi socialisti rispetto a Die Linke. Questo può essere dovuto al fatto che Levica emerge primariamente di un contesto di attivismo radicale di sinistra e i suoi attivisti hanno attraversato un analogo processo di politicizzazione. Successivamente si trova ancora una significativa critica al parlamentarismo all’interno del partito e, soprattutto, al suo esterno. Uno dei maggiori punti di critica è che una focalizzazione ristretta sul successo parlamentare non genera un sufficiente supporto attivo a livello di base.”
In una intervista del novembre 1922, Luka Mesec, leader della sinistra slovena nonché Ministro del Lavoro del Welfare State, ha affermato che “Levica ha iniziato come un partito con tendenze marxiste, ma in misura crescente io sono più interessato in politiche post-keynesiane. Noi non siamo solo un partito ‘sociale’, siamo anche un partito ambientalista e un partito che ha difeso con forza la democrazia contro il precedente governo. Noi abbiamo contribuito molto alla caduta di quel governo e questo è il modo col quale abbiamo guadagnato la legittimazione a far parte dell’attuale governo.”
Per Mesec la questione di fondo è come una “nuova variante di socialismo” possa diventare la forza predominante nella politica nazionale. “Per questo – ha affermato – vale la pena entrare in un governo, perché ogni tentativo è un test che rivela sia errori che successi”.
Levica ha preso recentemente posizione contro la previsione di aumento delle spese militare e dell’acquisto di nuovi sistemi d’arma da parte della Slovenia. “Fondi di bilancio – ha dichiarato il partito – andranno nelle mani del complesso militare-industriale dei principali membri della NATO, e i cittadini ne saranno privati, perché saranno sottratti agli investimenti nelle infrastrutture e alla solidarietà sociale”.
Franco Ferrari