di Manuel Santoro –
Il voto del 26 maggio ci ha dato la certezza della mancanza della questione classista durante l’intera campagna elettorale. È mancata la centralità della questione della trasformazione strutturale e socialista della società, la quale implica un profondo radicamento su questioni legate alla quotidianità di milioni di donne e di uomini (economia, lavoro e previdenza, lotta alla povertà, la questione sociale ecc.). Si è parlato di patrimoniale e di ridistribuzione della ricchezza, ma ciò non basta.
È mancata la centralità del classismo, della lotta di classe, dello scontro secolare tra capitale e lavoro salariato. È mancata la centralità delle modifiche strutturali della società dalle quali emergono nuovi rapporti e scontri sovrastrutturali. Alcune problematiche sovrastrutturali, invece, hanno avuto una visibilità predominante durante tutta la campagna elettorale e ciò ci ha reso simili ad altri. La lista ha dato l’impressione di non poter imprimere una svolta politica che andasse a toccare la vita reale delle persone, soprattutto di chi in questo Paese è povero, emarginato, e vive una crudele quotidianità fatta di miseria e disperazione. È mancato il socialismo in quanto prospettiva per il superamento radicale del capitalismo. La lista, in definitiva, non è parsa differenziarsi poiché pesantemente presente su tematiche care anche ad altre formazioni politiche, quali l’ambientalismo, il femminismo, l’antirazzismo. Questioni importanti le quali, però, senza una base di trasformazione strutturale della società nei suoi processi produttivi e distributivi della ricchezza, ha reso il profilo della lista sicuramente progressista ma non socialista (nel senso classista o scientifico del termine). Un progressismo che rimane comodamente adagiato nella culla del capitalismo, quando questo stesso capitalismo andrebbe ferocemente superato senza esitazioni.
Il progressismo non può essere il nostro orizzonte politico. Non può esserlo da un punto di vista teorico e politico, strategico e tattico. Inoltre, il progressismo non ha alcuno spazio politico “autonomo” e se si vuole costruire un terzo spazio teoricamente e politicamente autonomo ci si deve spostare nel campo dell’alternativa di società. Dovremo, perciò, muoverci sicuramente e velocemente verso una prospettiva classista che non sia solo antiliberista, ma anticapitalista.
Cosa fare, quindi?
Partiamo da alcuni dati oggettivi. Primo, la politica mainstream si arroventa su questioni tutte interne al capitale, lavora sulle questioni meramente sovrastrutturali, mentre si sente nel Paese la necessità di politiche classiste e, quindi, socialiste che dovremo cercare di fare emergere. Solo una chiarezza teorica e politica, insieme ad un lento lavoro nei territori, può dare una svolta in un’ottica di profonda trasformazione della società in senso socialista, e ciò richiede un lento ma costante lavoro di educazione e di organizzazione politica. Dopo la disfatta della Comune di Parigi, Marx ed Engels compresero, dopo una serie di valutazioni sullo stato della politica internazionale, che “non v’era altro da fare che un lento lavoro di organizzazione e di educazione”[1]. Contestualizzando, potremmo affermare che, seppur lontani dalle cause e dagli effetti della Comune, ci troviamo anche noi in una sorta di anno zero, di nuovo inizio e riemerge con forza la duplice funzione di una organizzazione partitica: educare e organizzare. Educare per la formazione dell’identità culturale e politica socialista, ed organizzare i militanti per una efficace azione politica.
La questione classista è, perciò, assolutamente attuale e va affrontata e risolta. Affrontare in profondità le storture del capitalismo richiede una linea teorico-politica assolutamente differente rispetto a chi vede nel moderatismo del progressismo sovrastrutturale una via per la costruzione di una alternativa. L’orizzonte politico del socialismo scientifico va al di là di qualsiasi velleità contingente e di breve respiro. È necessario, quindi, portare avanti tre fronti di lotta, come rimarcava Engels e poi Lenin[2]. La lotta teorica, politica ed economica, per potere realmente modificare i rapporti di forza nelle nostre società moderne, e ciò può essere fatto se si ha chiarezza teorica e politica, senza alcuna svendita per un posto al sole. La pratica politica non può e non deve deviare dalla conoscenza teorica. Dobbiamo, perciò, sconfiggere l’ideologia dei padroni, l’ideologia borghese e per farlo dobbiamo ridare linfa all’ideologia socialista affinché si arrivi al socialismo il quale è il sistema della società che si basa sulla proprietà comune e sul controllo democratico dei mezzi e degli strumenti di produzione e di distribuzione della ricchezza nell’interesse dell’intera comunità[3]. Lenin, difatti, diceva che “la questione si può porre solamente così: o ideologia borghese o ideologia socialista. Non c’è via di mezzo… ecco perché ogni menomazione dell’ideologia socialista, ogni allontanamento da essa implica necessariamente un rafforzamento dell’ideologia borghese”[4].
Secondo, i nostri avversari politici non sono da ricercare solo nelle destre oppure nei populismi, nella Lega oppure nel M5S, in Berlusconi, in Meloni, ma anche nei liberismi i quali vanno dalla Bonino al Partito Democratico. Il PD, per esempio, si continua a volerlo definire come un partito di sinistra quando, invece, è un partito liberista che in questi anni ha contribuito alla distruzione dei diritti dei lavoratori e dello stato sociale.
Siamo, quindi, antitetici al PD e culturalmente, prima che politicamente, lontanissimi da esso. Diciamo molto chiaramente, perciò, ai nostri militanti, ai nostri simpatizzanti, ai nostri elettori, che mai si verificherà una nostra alleanza con il PD. Mai ci vedrete nella lista o in coalizione con i democratici, dalle elezioni comunali alle elezioni politiche ed europee. Non siamo solo antiliberisti ma lavoriamo alla trasformazione strutturale della società, la quale richiede un ripensamento profondo dei processi produttivi e distributivi della ricchezza per e nell’interesse delle comunità. Il socialismo classista è una cosa seria e non può essere svenduto alla corte di chi ritiene che il privato sia meglio del pubblico; alla corte di chi in questi anni ha contribuito a rendere l’Italia e l’Europa più povera, più diseguale, più oppressa dai poteri forti e dalle multinazionali.
L’idea ispiratrice del nostro lavoro politico è da ricercare nella pressante necessità di ripensare noi stessi e le società moderne in cui viviamo. Il nostro lavoro consiste nel tracciare un percorso che intensifichi la lotta teorica, politica ed economica contro il capitale, e ci consenta di acquisire gli strumenti organizzativi per riavviare una ricostruzione. Un modus operandi che ci permetta di intravedere all’orizzonte una società diversa, finalmente libera, alternativa nella sua complessità, nei processi economici, sociali e comportamentali, rispetto agli effetti divisivi del capitalismo.
[1] A. Cervetto, “La lotta decisiva”, Lotta Comunista, 61.
[2] V. Lenin, Che fare?
[3] Partito Socialista del Regno Unito, 1904.
[4] V. Lenin, Che fare?