Quando a Versailles le potenze che avevano vinto la prima guerra mondiale decisero di umiliare la Germania non si resero forse conto che stavano ponendo le basi per l’ascesa del nazismo e la ripresa della guerra dopo soli pochi anni.
Alla Germania venne addossata l’intera responsabilità del conflitto, furono imposte condizioni territoriali umilianti e riparazioni di guerra di entità tale che la Germania avrebbe finito di pagare solo cento anni dopo. È su questo substrato che si è sviluppato il nazionalismo grande tedesco, ha attecchito il totalitarismo hitleriano e la popolazione è stata portata a volere la guerra.
Saranno necessari altri 60 milioni di morti nel secondo conflitto globale perché si comprendesse, con il progetto europeo e con la nascita delle Nazioni Unite, che solo con la costruzione consapevole di un futuro condiviso, legando il destino di una popolazione a quello di tutte le altre e non con la ricerca della supremazia sarebbe stato possibile osare il progetto di espellere la guerra dalla storia.
La prospettiva di un futuro comune ha fatto sì che le Potenze europee, che si erano fatte la guerra per quattro secoli senza praticamente interruzione, conoscessero la pace, pur con tutti i limiti e le eccezioni. Questa constatazione non riduce naturalmente di nulla la responsabilità del nazismo, ma aiuta a capire perché è stato possibile.
La storia non si ripete mai nello stesso modo, ma l’esperienza di successi del passato dovrebbe essere quantomeno considerata nell’immaginare le politiche del presente. Così non è stato alla fine della cosiddetta guerra fredda, salvo che per un breve periodo iniziale nel quale sono stati raggiunti, non a caso, significativi traguardi di disarmo.
A dispetto del fatto che in realtà una guerra vera e propria non c’era stata, dopo il crollo delle economie e delle istituzioni dello spazio ex sovietico, si è voluto recitare la parte dei vincitori e invece di esprimere solidarietà si è preferito unirsi al saccheggio, interrogandosi più su come si sarebbe potuto approfittare della situazione. Invece che includere si è preferito dividere. Anche facendo una guerra, alla Serbia.
La Russia non è “oriente”. È stata stabilmente parte del concerto europeo per secoli. Mosca, la terza Roma è stata centro di una parte rilevante della religiosità europea, determinante nella caduta di Napoleone e di Hitler. La letteratura, le arti figurative, la musica prodotte in Russia sono interne alla cultura europea. Pietroburgo è stata costruita da architetti italiani, persino Vladivostok, lontana 6.000 chilometri ha un aspetto di una città dell’Europa centrale. Il russo è parte del secondo gruppo linguistico europeo, quello slavo. In Russia esiste un servizio sanitario universale pubblico e gratuito, cosa che accomuna anche il modello sociale a quello europeo.
Insomma, la Russia è storicamente, culturalmente, linguisticamente una parte integrante della storia europea, ma è l’unica tra le Potenze europee che si sono fatte la guerra ininterrottamente dall’inizio dell’era moderna ad essere ancora fuori dal consesso europeo.
Se i leader europei volessero fare tesoro della storia e non rispondere pavlovianamente alla guerra con la guerra, incapaci di pensare alle vicende del mondo altro che come sangue e violenza; se volessero evitare che risorgano, come stanno risorgendo, tutti i più beceri “valori” di violenza dell’universo machista, ma volessero fare qualcosa di utile per abbreviare la guerra in corso e prevenirne delle nuove, dovrebbero ora mettere a disposizione, da subito, la prospettiva dell’integrazione organica della Russia nello spazio europeo e il suo ingresso nell’Unione come contributo alla ricerca di una soluzione politica.
Un progetto di futuro condiviso basato sulla sicurezza comune come garanzia per tutti. Se così facesse l’Europa potrebbe riprendere l’ambizione, da anni abbandonata, di proporre il modello sociale europeo come utile per lo sviluppo di una pace basata sulla giustizia e contribuire a rilanciare il progetto delle Nazioni Unite ponendosi come elemento di mitigazione del rischio che il conflitto geopolitico tra grandi potenze possa riportare nel mondo la guerra globale.
Si decide ora se l’Europa del futuro sarà una potenza di pace o una corsa al riarmo.
Fabio Alberti
3 Commenti. Nuovo commento
Mi sembra un buon inizio, ma come la mettiamo con il tentativo di molti Paesi europei di fare confusione tra Europa e NATO? E con chi vede addirittura l’esercito europeo come soluzione ai possibili conflitti futuri?
Io ho 85anni,e non accetto che i miei rappresentanti politici (di destra o di sinistra);mi vengano ad inculcare tremende cazzate.
La Russia è Europa,senza di lei non potrà mai esserci unione.
sono perfettamente d’accordo. La Russia è stata sempre parte integrante della storia europea e marginalizzarla è stato un grande errore. La Russia nell’Unione sarebbe garanzia di stabilità economica e sociale oltre che una garanzia di pace. Costruirsi un nemico vicino di casa non è mai una buona politica e metterlo all’angolo ancor meno. Purtroppo questo semplice pensiero collide del tutto con gli interessi USA/GB che considerano da sempre l’Europa il loro orto di casa