L’ufficio studi della Camera dei deputati avverte che il nuovo Comitato per la Transizione Ecologica rischia di sovrapporsi alle competenze del Comitato interministeriale per la programmazione economica e per lo sviluppo sostenibile, in funzione appena dal primo gennaio 2021. Questo potrebbe essere un problema per la rapida programmazione e attuazione degli investimenti pubblici, a cui sarà destinato circa il 70% delle risorse previste dal Piano Nazionale per la Ripresa e la Resilienza (PNRR). Inoltre, le norme del decreto richiedono provvedimenti attuativi: si tratta in sei casi di DPCM e in tre casi di modifiche di statuti e approvazione di un piano per la transizione ecologica.
Il riordino delle funzioni intende “assicurare un più decisivo impulso e un più forte coordinamento fra le amministrazioni competenti in relazione alle politiche nazionali per la transizione ecologica e per la transizione digitale”, che sono i pilastri principali di Next Generation EU, cui vanno assicurati rispettivamente il 37% e il 20% dei finanziamenti totali, pari a circa 209 miliardi di euro.
Una recentissima ricerca pubblicata dall’Agenzia per la Coesione territoriale dimostra che tra i fattori che incidono di più sul processo di attuazione degli investimenti pubblici è segnalata come prioritaria dai Responsabili Unici di Procedimento la disponibilità di personale, e soprattutto la sua qualificazione, competenza e formazione (90% delle risposte): tra le competenze, sono quelle giuridiche che mancano di più (58% dei casi) assieme a quelle tecnica e amministrativa (rispettivamente, il 45% e il 42%).
Tra il 2016 e il 2019 la normativa sugli investimenti pubblici è stata più volte riformata, con il varo del nuovo Codice dei Contratti (D.Lgs. 50/2016), il correttivo al Codice (D.Lgs. 56/2017) e il c.d. intervento “sblocca cantieri” (DL 32/2019 e Legge 55/2019) a cui si è aggiunto più recentemente il Decreto Semplificazioni (DL 76/2020), che promuove una accelerazione nel volume dei procedimenti e nella realizzazione dei singoli interventi. Questo avvicendarsi di provvedimenti non ha certo favorito la certezza del quadro normativo per la realizzazione degli investimenti pubblici.
È importante ricordare che parallelamente alla programmazione del PNRR la politica di Coesione UE per il ciclo 2021–2027 apporterà all’Italia oltre 43 miliardi e un importo analogo sarà prestato dal Fondo Sviluppo e Coesione. Il Governo e l’Amministrazione in generale saranno capaci di realizzare questa mole di investimenti nei tempi e nei modi richiesti?
Abbiamo chiesto un parere chiesto a Fabrizio Barca, oggi coordinatore del Forum Disuguaglianze e Diversità, già Ministro per la Coesione territoriale nel Governo Monti, ci ha detto “Significa in alcuni casi triplicare la capacità di spesa e soprattutto deve significare farlo non deprimendo la qualità, anzi innalzandola. È molto difficile. Il paese può farcela solo se: si passa dalla logica della spesa a quella dei risultati attesi in termini di miglioramenti verificabili della qualità di vita e lavoro; questo salto è usato per spronare le PA, dai Ministeri giù fino ai Comuni, rigenerandole con decine di migliaia di assunzioni fatte con bandi celeri (3-6 mesi) e moderni; la società civile è resa partecipe, nel fissare questi obiettivi (bastano due settimane) e nell’attuazione.”
Gli abbiamo anche chiesto se, visto che la governance del PNRR è installata nel Ministero dell’Economia e delle Finanze, mentre il coordinamento dell’attuazione della politica di coesione è demandato all’Agenzia per la Coesione territoriale, non si rischi un accavallamento di funzioni che potrebbe ridurre l’efficacia delle realizzazioni e della necessaria complementarità degli interventi:
“Devono cooperare mane e sera. Il disegno del Piano non era partito così. Ora mi auguro si stia recuperando. Le Amministrazioni centrali sono state indebolite negli anni: vanno subito rafforzate con inserimenti selezionati e forte missione pubblica; e vanno fatte lavorare assieme le risorse che ci sono, spesso non valorizzate. La gravità del momento è il giusto e credibile sprone per farlo“.
Il Decreto legge 22 del 1 marzo scorso dispone il riordino dei Ministeri, che aumentano da 14 a 15, e l’istituzione di due Comitati presso la Presidenza del Consiglio dei ministri: il Comitato interministeriale per la transizione digitale (CITD), per assicurare il coordinamento e il monitoraggio dell’attuazione delle iniziative di innovazione tecnologica e transizione digitale delle pubbliche amministrazioni, e il Comitato interministeriale per la transizione ecologica (CITE), che dovrà assicurare il coordinamento delle politiche nazionali per la transizione ecologica e la relativa programmazione.
Nel dossier degli esperti si richiede di chiarire, in sede di conversione del decreto in Parlamento, alcune competenze dei ministeri, alcune attribuzioni dei Comitati e “i profili di coordinamento tra il CITE e il CIPESS, ora con funzioni in materia di sostenibilità, attese le competenze previste in materia di programmazione”, per scongiurare il rischio che si duplichino funzioni piuttosto che semplificare e coordinare.
Con il “decreto clima” il Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) era infatti diventato CIPESS, col fine di “rafforzare il coordinamento delle politiche pubbliche in vista del perseguimento degli obiettivi in materia di sviluppo sostenibile indicati dalla risoluzione A/70/L.I adottata dall’Assemblea generale dell’ONU il 25 settembre 2015.”. Il nuovo regolamento del CIPESS è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 17 febbraio 2021.
Del CIPE prima e del CIPESS poi fanno parte gli stessi Ministri previsti dagli articoli 4 e 8 del DL 22/2021 e anche quello per gli affari esteri, quello per le partecipazioni statali (quando c’era), per il turismo e lo spettacolo nonché per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno e nelle zone depresse del Centro-Nord, che oggi è Ministro per il Sud e la Coesione territoriale, ma non partecipa né al CITE né al CITD.
Proprio la Ministra per il Sud Mara Carfagna ha organizzato per il 23 e 24 marzo una iniziativa di ascolto e di confronto che si chiama “Sud progetti per ripartire”, in vista della elaborazione definitiva del PNNR e della definizione dell’Accordo di partenariato. Lo stesso presidente Draghi, nel suo saluto iniziale, ha posto l’accento sulla capacità di spesa e sui tempi di attuazione, evidenziando che la spesa del Fondo per lo Sviluppo e la Coesione per il ciclo 2014 – 2020 è pari a solo il 6,7%. Riuscirà il suo governo a ribaltare la situazione ?
Paola Boffo