di Tomaso Chiti – Parlare di ‘settimana calda’, quando si affronta la questione dei cambiamenti climatici può sembrare scontato. Tuttavia, nei giorni scorsi la campagna di mobilitazione lanciata a partire dal 7 ottobre dal movimento ‘Extintion Rebellion’ ha davvero surriscaldato la discussione ambientalista, con azioni di disobbedienza civile e blocchi stradali improvvisi.
Con il centro nevralgico a Londra, dove migliaia di manifestanti hanno occupato Oxford Circus con una barca rosa chiamata ‘Berta Caceres’ in memoria dell’attivista ecologista delle Honduras; questa realtà è nata nel 2018 dal movimento ‘Rising Up!’, per rendere più radicali ed impattanti le proteste ecologiste.
All’origine della fondazione è la reazione di un gruppo di attivisti alla pubblicazione del rapporto sul clima da parte del panel intergovernativo delle Nazioni Unite (IPCC) ad ottobre dello scorso anno, dove è stata lanciata l’emergenza climatica per scongiurare l’aumento della temperatura di 1,5C° a livello globale nei prossimi dieci anni, onde evitare ricadute permanenti in termini soprattutto di siccità ed innalzamento dei mari.
Il movimento internazionale, che nel suo manifesto dichiara di riconoscersi “nell’attivismo non-violento, nella pace, nella scienza e nella condivisione”, partecipa costantemente ai raduni oceanici organizzati in occasione dei ‘Fridays For Future’, affiancando quindi le migliaia di giovani studenti mobilitati da Greta Thunberg, con rivendicazioni circostanziate e pratiche decisamente più disobbedienti.
Secondo Extintion Rebellion, il cui logo (XR) è stato realizzato da un noto writer a rappresentare la clessidra del tempo che scorre inesorabile per il salvataggio del pianeta; la “verità” sui cambiamenti climatici impone la ‘dichiarazione dello stato di emergenza ecologica e climatica’, prendendo misure immediate per l’azzeramento di emissioni e fermando così la distruzione di ecosistemi e biodiversità’.
Al centro delle rivendicazioni rivolte a governi ed istituzioni internazionali, oltre alla drastica riduzione di emissioni entro il 2025, anche l’istituzione di assemblee di persone che possano monitorare in modo orizzontale la situazione delle CO2. In questo senso, alla coscienza ambientalista si affianca un approccio più orizzontale di assemblearismo, sul modello del controllo popolare diffuso. Questa istanza fondativa fa pensare ad un più ampio spettro di analisi e confronto, che investe cioè il modello di accumulazione e speculazione tipico dei sistemi capitalisti.
In occasione dell’ultimo sciopero per il clima è stato da più parti ripreso un intervento del sindacalista ed attivista ambientale brasiliano, Chico Mendes, che bolla ‘l’ambientalismo senza lotta di classe’ come semplice ‘giardinaggio’. Di fatto il dibattito più acceso riguarda infatti il rischio di ulteriore speculazione che il sistema economico possa mettere in atto cavalcando proprio la nuova sensibilità ecologica, rilanciando veri o presunti prodotti ‘green’ o ‘bio’ puntando molto sulla maggiore consapevolezza di consumatori critici.
Da qui la ribellione all’estinzione, focalizzata ad una cultura rigenerativa e resiliente basata sull’autonomia decentralizzata, con l’obiettivo di sovvertire le politiche ambientali.
Una ribellione che si è scatenata nelle ultime settimane in città europee come Amsterdam, Berlino, Vienna, Madrid, Roma, arrivando oltre fino a New York, Città del Messico e Sidney, con azioni eclatanti e di forte impatto, come blocchi stradali, incatenamenti collettivi, scioperi della fame e altre manifestazioni ancora.
Alcuni critici del movimento hanno tacciato Extintion Rebellion di fanatismo, oltre a paventare il rischio che simili pratiche possano in realtà essere controproducenti, finendo per allontanare potenziali sostenitori e per inimicarsi l’opinione pubblica.
Se sul piano dimostrativo, certe azioni di disobbedienza civile rendono eclatante la gravità della questione, sul piano strategico per adesso l’affiancamento agli scioperi per il clima prosegue con una certa sintonia di vedute, in un’ottica però decisamente più critica e militante.
In fondo è la critica al sistema, da distruggere piuttosto che il pianeta, secondo gli slogan di XR, intendendo la voracità speculativa ed estrattivista del capitalismo tradizionale, vero responsabile del rischio di estinzione imminente.
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