Il crollo della partecipazione alle elezioni regionali di Lazio e Lombardia, più che i risultati in gran parte attesi, è al centro del dibattito pubblico post-elettorale; si discute del distacco dei cittadini dalla politica in generale, per quanto le elezioni regionali abbiano una loro specificità rispetto a quelle nazionali, si attende una analisi dei flussi per capire quale schieramento politico sia stato più colpito dall’astensionismo.
Questo dato si aggiunge allo scenario su cui tocca riflettere per capire quale sia la traiettoria che la formazione sociale italiana stia percorrendo nelle sue diverse dimensioni, se esiste un baricentro che la individua e su cui le diverse dimensioni e parti dell’insieme convergano o meno.
Quando si parla di classe politica, governi e loro strategie, inevitabilmente si mette al centro la reale autonomia dei governi nei confronti dei vincoli, delle vere e proprie prescrizioni imposte dalle istituzioni dell’Unione Europea in specifico della Commissione e dalla Banca centrale Europea; il nodo è quello del debito pubblico accumulato, la sua proporzione rispetto al PIL (il Prodotto Interno Lordo) ed il deficit annuale che va ad incrementare il debito. La crisi del 2008-2011 e le politiche di austerità conseguenti – con la drammatizzazione degli SPREAD tra i titoli di stato italiani e quelli tedeschi- costituiscono il precedente, la pietra di paragone a cui ci si riferisce per valutare gli andamenti e le strategie del presente e gli andamenti futuri.
La crisi conseguente alla pandemia da Sars-Cov- 2 ha interrotto la continuità, le logiche tradizionali della politica economica dell’Unione e della BCE, con le politiche monetarie e di credito della BCE e soprattutto con i finanziamenti -a prestito e a fondo perduto- del New Generation EU di cui l’Italia è il maggior beneficiario che si è tradotto internamente nella pianificazione di investimenti del PNRR. La crescita repentina dei costi energetici indotti dall’interruzione del flusso di gas naturale da parte della Russia, ha dato una accelerazione alla crescita dell’inflazione, che da alcuni mesi era già in fase ascendente, incidendo sulla ripresa post-pandemia. L’economia globale nelle diverse fasi della pandemia ha conosciuto delle vere e proprie convulsioni soprattutto nelle catene di rifornimento (supply chains), derivanti dai successivi stop and go. La forma ed il grado di integrazione dell’economia globale ne escono modificate, in un quadro di crisi che si succedono e si intrecciano secondo un processo che è sato definito come permacrisi. La formazione sociale, l’economia globale è caratterizzata da una composizione e stratificazione complesse che è polarizzata dal confronto Usa-Cina. La guerra conseguente all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, ha introdotto ulteriori sommovimenti.
In queste settimane nell’Unione Europea si discute della risposta da dare alla strategia del governo degli Stati Uniti di supporto alla riconversione delle proprie filiere economiche con l’ Inflation Reduction Act (IRA), i cui finanziamenti produrranno un vantaggio competitivo per le industria statunitensi e rischiano di attrarre gli investimenti delle imprese europee. La Commissione Europea ha prodotto il Green Deal Industrial Plan for the Net-Zero Age1, un documento, che ha il carattere di una comunicazione alle altre istituzioni europee, ricco di indicazioni, ma privo di qualunque proposizione in merito al finanziamento condiviso delle sue linee strategiche.
Il nodo reale si pone nella alternativa tra un fondo europeo per gli investimenti o l’autorizzazione ai finanziamenti di stato; nel secondo caso l’Italia sarebbe fortemente svantaggiata a causa de suo alto livello di indebitamento e di deficit annuale rispetto a paesi come la Germania che hanno invece ampi margini di manovra. La questione è cruciale poiché le economie dei diversi paesi si confrontano sulla capacità di innovarsi profondamente e radicalmente a partire dalla rivoluzione digitale -che attraversa in modo pervasivo tutte le filiere produttive, servizi e pubblica amministrazione- nel contesto dei vincoli sempre più stringenti imposti dalla necessità di affrontare il cambiamento climatico. Non si tratta quindi di un problema meramente quantitativo -come sempre- ma sostanzialmente qualitativo, nei termini di un processo di innovazione complessivo che riguarda ogni aspetto del sistema produttivo e sociale, rispetto al quale l’Italia si trova ad aver a disposizione meno risorse condivise ed un ritardo nel processo di innovazione del sistema complessivo nonostante l’avanzamento tecnologico di alcuni settori e filiere produttive.
Quello che segue è il contesto determinato dalle scelte della Commissione e della BCE in cui si sviluppano e si svilupperanno le dinamiche del sistema economico del nostro paese.
Nel novembre del 2022 la Commissione ha prodotto la ‘Comunicazione sugli orientamenti per una riforma del quadro di governance economica dell’UE’2 con la quale definisce i piani di rientro dai livelli attuali di deficit della spesa pubblica col quale “Nell’ambito del quadro comune, la Commissione proporrà agli Stati membri con un problema di debito pubblico sostanziale o moderato un percorso di aggiustamento pluriennale di riferimento in termini di spesa primaria netta della durata di almeno quattro anni.”3
Si tratta della riforma del Patto di stabilità e crescita e della governance economica dell’Unione europea nel suo complesso.
Mentre i governi che si succedono in Italia discutono di come riuscire a gestire i programmi del PNRR – questione non da poco che coinvolge l’intera architettura della pubblica amministrazione e delle sue procedure- la Commissione Europea si appresta a porre vincoli stringenti -concordati con il governo- alla traiettoria del sistema economico del nostro paese, tenendo conto che i ‘falchi’ nella commissione hanno tutta l’intenzione di imporre condizioni le più dure possibile ai paesi con deficit ‘sostanziale’ in primis l’Italia.
Nel frattempo la BCE4 attua una politica di innalzamento dei tassi di interesse e “le modalità di riduzione delle consistenze dei titoli detenuti dall’Eurosistema nel quadro dell’Asset Purchase Programme (APP). Come comunicato a dicembre, il ritmo di tale riduzione sarà pari in media a 15 miliardi di euro al mese dall’inizio di marzo alla fine di giugno 2023 e verrà poi determinato nel corso del tempo.”
La Banca Centrale Europea (BCE) ha posto fine a nuovi acquisti di titoli (prevalentemente di debito pubblico)5 che venivano condotti tramite i seguenti due programmi:
- l’Asset Purchase Programme (APP, all’interno del quale il Public Sector Purchase Programme, PSPP, è destinato ai titoli pubblici) che è stato sospeso dal primo luglio 2022;
- il Pandemic Emergency Purchase Programme (PEPP) che è stato sospeso dalla fine di marzo 2022.
Tramite questi due programmi, tra inizio 2020 e giugno 2022, la BCE ha effettuato acquisti netti di titoli del debito pubblico italiano per 363 miliardi: 279 miliardi tramite il PEPP e 84 miliardi tramite il PSPP.
Come siamo arrivati ad oggi, il modello di sviluppo -se così si può chiamare- italiano ha dei caratteri ben conosciuti6.
Il Global Wage Report 2022-23 presentato il primo dicembre dall’Ilo, Organizzazione internazionale del Lavoro che vede il nostro Paese maglia nera tra i 20 dell’Ocse, conti fatti i salari sono più bassi del 12% rispetto al 2008 in termini reali7.
La crisi del 2008-2011 ha aggravato la tendenza alla stagnazione dei salari reali che caratterizza il nostro paese dagli anni ’90.
Dentro i dati aggregati che indicano un impoverimento pluridecennale dei lavoratori ci sono le diseguaglianze e la loro crescita nel nostro paese8, cosa che caratterizza l’economia globale9.
Le diseguaglianze si manifestano poi a livello territoriale, regionale, metropolitano, seguendo linee di frattura storiche, processi di impoverimento di territori definiti marginali in termini di attività, servizi alle popolazioni e indici demografici, processi di riconversione produttiva.
La riduzione progressiva della natalità ed il conseguente crollo demografico assieme al parallelo invecchiamento della popolazione, sono l’indice più eloquente di una stagnazione sociale complessiva, che si riconferma negli ultimi trent’anni, mentre la formazione sociale attraversa decenni di straordinaria evoluzione tecnologica.
Non è il caso di riepilogare qui una serie di dati che periodicamente sono al centro di un dibattito pubblico, in particolare, a fronte del crollo della natalità, il basso livello di scolarizzazione dei giovani italiani, che si coniuga con una migrazione verso l’estero di decine di migliaia l’anno, secondo l’ISTAT circa 62.000 nel 2021 per la fascia di età tra i 18 e i 39 anni. Il tasso di occupazione femminile segna in modo drammatico il grado di discriminazione basata sul genere presente nel nostro paese, ne costituisce la base materiale che si riverbera poi nei comportamenti individuali e collettivi, sino alle manifestazioni più estreme.
Le cronache, al di là del dato statistico difficile da reperire, ci raccontano un paese che alle disuguaglianze crescenti, alla diffusione della povertà assoluta, ai bassi salari, alla precarietà del lavoro non è in grado di reagire con un adeguato livello di conflitto sociale.
La scomposizione sociale prodotta da decenni di uso capitalistico dell’innovazione tecnologica – soprattutto il modo specifico con cui questo processo si è realizzato nel nostro paese- richiederebbe una capacità trasversale di organizzazione e di aggregazione attorno ad obiettivi comuni alle diverse fasce sociali: la classe in sé presenta una tale complicazione, se non complessità, da rendere il percorso verso la classe per sé una missione quasi impossibile.
Nello stesso periodo le rappresentanze maggioritarie dei lavoratori hanno assecondato il progressivo peggioramento delle condizioni di lavoro e sociali in genere. È cresciuto nel frattempo il ruolo dei conflitti ambientali, soprattutto su base territoriale, sia pure in presenza di forme di coordinamento delle lotte, con la costruzione di una fitta rete di condivisione delle informazioni e delle conoscenze, senza che questo portasse alla costruzione di vertenze di ordine generale, con un corrispettivo ed adeguato livello di mobilitazione ed organizzazione. Il contesto lo richiederebbe. Oltre alla fenomenologia della contaminazione delle matrici ambientali -aria, acqua, suolo- dovuta alla mobilità, alle attività produttive, all’urbanizzazione, il cambiamento climatico produce eventi estremi sempre più violenti e frequenti che colpiscono assetti territoriali sempre più fragili. Sembra orami ripetere una giaculatoria sempre uguale rivendicando un progetto sistematico di lungo periodo, una rete di progetti guidati da linee guida strategiche, di riassetto e riconversione dell’uso dei territori, degli ambienti, con il massimo di partecipazione delle popolazioni.
A fronte di un crescente debito pubblico e deficit annuale della spesa pubblica, nessuna delle contraddizioni fondamentali presenti nella formazione sociale del nostro paese è stata superata, l’impostazione stessa degli interventi del PNRR finanziati dal New Generation EU, nonostante il quadro di riferimento che li sostiene, non costituiscono un piano strategico di intervento che affronti in modo sistematico la complessità e le fratture della formazione sociale, del suo modello di sviluppo le cui caratteristiche sembrano ormai incancrenite.
La società liquida, nella sua versione italiana, è il contesto nel quale è stata bollita la rana ossia le classi subalterne, il loro percorso di presa di coscienza della propria condizione, la loro capacità di organizzazione.
Lo scheletro dell’industria manifatturiera, con il suo cuore di medie imprese, continua a sorreggere il sistema economico, assieme alle attività legate al turismo, sia pure minacciate dal degrado ambientale e paesaggistico, dalla scarsa manutenzione dei beni e dei luoghi di valore storico e culturale. Quest’ultimo settore del resto è il protagonista delle forme di supersfruttamento della manodopera giovanile e femminile e da pluridecennali rendite di posizione come gli stabilimenti balneari. Il primo a sua volta, caratterizzato in alcuni suoi settori da un alto livello di specializzazione e di primato nelle proprie filiere globali, si colloca in una posizione intermedia, spesso di subfornitura nelle filiere produttive globali, nelle catene del valore. È patente la contraddizione tra il ruolo dello sviluppo tecnologico in tutti i settori e il basso livello di scolarizzazione dei giovani nei gradi superiori dell’istruzione e della formazione; la piaga dei bassi salari penalizza anche gran parte delle figure di più alto livello e ne motiva l’emigrazione, come per l’intera gamma dei soggetti giovani.
Se la risposta è l’esodo, nelle sue varie forme -e non il conflitto, la partecipazione critica e attiva alla vita sociale, politica e produttiva- diventa sempre più difficile pensare ad una discontinuità, un punto di rottura, una inversione di tendenza nella deriva che sta vivendo il nostro paese.
Ad ogni scadenza elettorale alla rana si chiede di partecipare, di saltare di dare segni estemporanei di vitalità, cercando di rivitalizzare fedeltà storiche e catturare momentanei orientamenti del senso comune.
Certamente la vita sociale e culturale del nostro paese, delle sue diverse comunità ha una sua complessità che pure a livello elettorale produce alcune regolarità, come la diversità del voto delle città della Lombardia, rispetto al resto del territorio regionale; tuttavia se la risultante di questa complessità è l’esodo, la parcellizzazione degli interessi, dei comportamenti, dei legami sociali, la riproduzione di orientamenti e comportamenti razzisti e sessisti, l’indifferenza al bene comune -che le forme diffuse di volontariato e associazionismo, di attività solidali in genere, non riescono a contrastare adeguatamente- quell’inversione di tendenza non si manifesterà, non si apriranno nuovi orizzonti. Ciò che stupisce è una straordinaria perdita di memoria, la difficoltà di imparare autonomamente dalle proprie esperienze. Ne è un caso emblematico il voto nei territori della bergamasca nei comuni in cui è letteralmente esplosa la pandemia che ha confermato il voto alle forze politiche che già governavano la regione e che nella figura degli assessori e dei dirigenti regionali presero la decisione di tenere aperti i prontosoccorsi e gli ospedali, facendone il motore del contagio.
Noi che portiamo avanti una critica radicale dello stato di cose presenti, che vorremmo ribaltare in un processo indubbiamente rivoluzionario, indubbiamente di lungo periodo, sembriamo sempre di più osservatori che scrutano la superfice del mare più che pesci nell’acqua, come un tempo si diceva di dover essere. Ricomporre socialmente, creare conflitto, consapevolezza e organizzazione, deve svilupparsi per li rami della composizione sociale reale, concreta. Andare per li rami può significare non immediatamente connettere stabilmente, ma anche solo costruire collegamenti precari tra essi, far circolare frammenti di un discorso critico, riconoscimento reciproco di pratiche.
Sarà difficile immergersi.
Roberto Rosso
- https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/ip_23_510 https://commission.europa.eu/document/41514677-9598-4d89-a572-abe21cb037f4_en [↩]
- https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:52022DC0583 [↩]
- Per gli Stati membri con un problema di debito pubblico sostanziale, il percorso di spesa netta di riferimento dovrebbe far sì che, entro l’orizzonte del piano -4 anni, i) la traiettoria del debito decennale a politiche invariate sia su un percorso plausibile e in continuo calo e ii) il disavanzo sia mantenuto al di sotto del valore di riferimento del 3 % del PIL a politiche invariate nello stesso periodo di 10 anni.
Per gli Stati membri con un problema di debito pubblico moderato, il percorso di spesa netta di riferimento dovrebbe far sì che i- trascorsi al massimo tre anni dall’orizzonte del piano, la traiettoria del debito decennale a politiche invariate sia su un percorso plausibile e in continuo calo e che ii- entro l’orizzonte del piano il disavanzo sia mantenuto al di sotto del valore di riferimento del 3 % del PIL a politiche invariate nello stesso periodo di 10 anni.[↩]
- https://www.ecb.europa.eu/press/pr/date/2023/html/ecb.mp230202~08a972ac76.it.html [↩]
- https://osservatoriocpi.unicatt.it/ocpi-pubblicazioni-bce-gli-acquisti-di-titoli-italiani-e-i-nuovi-interventi-annunciati https://www.bancaditalia.it/media/approfondimenti/2016/titoli-pubblici/ – aggiornato a giugno 2022 https://www.ecb.europa.eu/mopo/implement/app/html/index.en.html
https://www.ecb.europa.eu//press/accounts/2023/html/ecb.mg230119~e522ad4e37.en.html [↩]
- Da una recente analisi condotta dall’Ocse è emerso che i salari italiani sono più bassi rispetto a trent’anni fa. L’Italia è l’unico dei 27 paesi membri dell’Ue ad aver assistito ad una contrazione delle buste paghe, più precisamente del 3%, dal 1990 fino ad oggi(( Dall’analisi Ocse sull’evoluzione dei salari – che sono stati calcolati in dollari a prezzi costanti, al lordo delle trattenute fiscali e previdenziali ma includendo gli straordinari – figura che mentre nel 1990 la retribuzione media annua di un dipendente italiano era di quasi 40mila dollari, posizionando l’Italia al settimo posto in Europa, nel 2020 questa è scesa a 38mila dollari. L’Italia si posiziona ora al 13esimo posto dopo paesi come Francia, Irlanda, Svezia -che negli anni ’90 avevano salari più bassi- e Spagna, in cui invece i salari sono aumentati nell’ultimo trentennio.
https://www.orizzontipolitici.it/una-crisi-lunga-30-anni-i-salari-in-italia/
https://www.openpolis.it/quanto-guadagnano-in-media-i-cittadini-europei/
https://data.oecd.org/earnwage/average-wages.htm#indicator-chart [↩]
- https://www.ilo.org/rome/risorse-informative/articles/WCMS_863069/lang–it/index.htm [↩]
- https://www.eticasgr.com/storie/approfondimenti/poverta-e-disuguaglianze-italia-istat-2022 https://asvis.it/notizie-sull-alleanza/19-13923/litalia-e-il-goal-10-penultima-in-europa-per-disuguaglianze# [↩]
- https://www.eticasgr.com/storie/approfondimenti/indice-gini-disuguaglianza-italia-mondo https://www.ilsole24ore.com/art/a-davos-rapporto-oxfam-sollecita-tasse-straordinarie-aziende-alimentari-AEyN0EXC https://www.oxfamitalia.org/la-disuguaglianza-non-conosce-crisi/ [↩]