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La povertà in Italia: il rapporto Poverty Watch 2021 di CILAP EAPN Italia

di Luigi
Colombini

In questi giorni è stato pubblicato il rapporto annuale sulla povertà in Italia – Poverty Watch 2021 – realizzato da CILAP EAPN Italia, una rete tra organismi non profit, che si occupa di povertà e di esclusione sociale a livello nazionale ed europeo da più di 25 anni. Diamo la possibilità ai nostri lettori di scaricare il rapporto in formato pdf. Di seguito, pubblichiamo l’introduzione del rapporto scritta dal professor Luigi Colombini.

Una premessa necessaria

La povertà ha costituito da sempre un aspetto estremamente delicato e complesso, legata come è allo stesso modo di essere della società, nel suo modo di esprimersi e di determinarsi e delle conseguenti risposte che sono state date nel corso dei secoli.

Con la progressiva organizzazione della società, e quindi con la lenta, ma costante azione che ha portato l’umanità a determinare assetti sociali e istituzionali tali da superare la precarietà e l’incertezza, con i sentimenti e con le istanze di fratellanza e di coesione sociale, pur partendo dalla famiglia e dalla organizzazione tribale, si è determinata fin dall’antichità la affermazione di principi di solidarietà e di pietà verso i più sfortunati, i più sprovveduti e i più deboli dell’umano consorzio.

Tali espressioni di solidarietà, si sono peraltro manifestate non solo nel contesto del livello primario dell’organizzazione sociale, la famiglia, come manifestazione di difesa collettiva dalle ingiurie e dalle offese recate da malattie, dalla impossibilità di provvedere a sé stessi, dalla non autonomia e bisogno determinati da lutti improvvisi e morti precoci, ma anche nella società che, superando la dimensione più ristretta della famiglia, ha affrontato in termini più incisivi le conseguenze derivanti dal bisogno e dalla necessità.

In tale contesto lo Stato, in quanto espressione organizzata di uomini su un territorio, retto da ordinamenti e da leggi, ha da sempre cercato di affrontare il bisogno ed il disagio con norme specifiche.

La norma, pertanto, si è posta quale riferimento fondamentale per la realizzazione delle attività di solidarietà.

Nel regno d’Egitto la beneficenza, legata allo svolgimento di azioni che avevano conseguenze significative nel rapporto con le forze spirituali, e con l’oltretomba, era promossa e considerata una azione assolutamente positiva e meritoria, ed era quindi presente, anche se generico, l’impegno, a svolgere azioni rivolte a superare le condizioni di miseria e di bisogno.

La Bibbia, con i suoi richiami alla legge mosaica rappresenta un riferimento fondamentale nella iniziale fase di affermazione dell’aspettativa, da parte dei bisognosi, a fruire di prestazioni assistenziali.

Infatti la stessa legge mosaica imponeva ai proprietari di terre di lasciare ogni anno una parte dei loro prodotti ai poveri.

In estrema sintesi, già al tempo dell’impero romano gli “humiliores” erano oggetto di attenzione e di prestazioni sociali volte a far loro superare i disagi e la precarietà delle loro condizioni.

Il Cristianesimo porta ad una dimensione etica dell’assistenza: da strumento di manipolazione del popolo e di corruzione, la stessa assistenza assume il valore di un comportamento morale, e quindi non solo giuridico, quale espressione dell’amore verso il prossimo e mezzo per attuare il principio della solidarietà umana. “Decimae quae pauperis sunt” rappresenta tale nuova forma di assistenza.

Nella religione musulmana si afferma nel campo dell’assistenza un analogo principio morale: i musulmani devono osservare le cinque regole fondamentali, e, fra queste la “zakat”, che rappresenta l’obbligo di ciascun musulmano di pagare la “decima” a favore dei poveri.

In Europa, nel lungo andamento degli interventi degli Stati volti ad affrontare il problema della povertà, intesa quale condizione esistenziale caratterizzata dall’indigenza e dalla mancanza dei mezzi indispensabili per la vita (alimentazione, vestiario, casa), occorre risalire alla “Old poor law del 1601”, introdotta dalla Regina Elisabetta I d’Inghilterra, che in effetti costituì il primo esempio di sostegno al reddito dei poveri, prevedendo l’istituzione di un sistema assistenziale che consentiva al 40% dei sudditi con più di 60 anni di età di fruire di un aiuto economico (Prof. Emmanuel Todd).

In Francia, con un decreto del 1793 l’assistenza ai poveri venne proclamata “debito nazionale” e venne istituito il domicilio di soccorso e l’assistenza medica gratuita.

In Italia il primo ad occuparsi dell’assistenza ai poveri fu Camillo Benso, conte di Cavour, che in un discorso alla Camera dell’allora Regno di Sardegna il 17 febbraio 1851, dopo avere studiato il sistema assistenziale inglese, preconizzò il concetto di “carità legale” amministrata e gestita dallo Stato. In particolare ebbe ad affermare “l’assoluta necessità di stabilire, in tutti i paesi che hanno raggiunto un alto grado di prosperità e di ricchezza, sovra solide e prudenti basi, il principio della carità legale, affinché sia riconosciuto quale uno stretto dovere sociale, il non lasciare nessun individuo esposto a cadere vittima delle estreme miserie”.

Il ‘900 è stato caratterizzato da una progressiva attenzione verso programmi di lotta alle disuguaglianze ed alle povertà, anche in relazione alle condizioni di drammatico disagio e crisi economica scaturite alla fine della prima guerra mondiale e dalla gravissima tragedia negli USA scaturita dal “martedì nero” del 29 ottobre 1929.

La svolta epocale: l’affermazione dei diritti

Dopo la seconda guerra mondiale, con le sue tragiche, atroci nefandezze, con l’assoluto disprezzo per la vita umana, ridotta a semplice oggetto di sterminio, si è affermato il principio che ciascun individuo è titolare e portatore di diritti, e il 10 dicembre 1948, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite approvò e proclamò la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, ed all’art. 25 proclamò che “Ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all’alimentazione, al vestiario, all’abitazione, e alle cure mediche e ai servizi sociali necessari; ed ha diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità, vedovanza, vecchiaia o in altro caso di perdita di mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volontà”.

A livello europeo, l’articolo 6 del Trattato sull’Unione europea riafferma che l’Unione europea “si fonda sui principi di libertà, democrazia, rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e dello stato di diritto, principi che sono comuni agli Stati membri.”

Con la prima carta sociale del 1961, poi aggiornata nel 1999, è stata trattata anche l’“Europa sociale”, e nella stessa carta all’art. 30 è affermato che “Ogni persona ha diritto alla protezione dalla povertà e dall’emarginazione sociale”.

Si è quindi pervenuti alla definizione dei “diritti sociali”, nel quale ambito è assolutamente necessario che ciascun cittadino europeo sia consapevole del proprio diritto di cittadinanza e di appartenenza alla comunità europea, con la conseguente imprescindibile necessità di definire i livelli essenziali per l’esercizio dei diritti civili e sociali, fra i quali rientra il diritto alla protezione dalla povertà e all’inclusione sociale.

Tale approccio sancisce il passaggio da una dimensione “concessoria” delle prerogative individuali, riconosciute in un contesto paternalistico, ad una affermazione piena e certa dello stato di diritto, così come sancito a livello internazionale, a livello europeo e a livello nazionale. Ed in tale dimensione è quanto mai opportuno ricordare il Prof. Stefano Rodotà che affermò in una preziosissima e sempre attuale pubblicazione “Il diritto di avere diritto”, e quindi come sia importante e fondamentale averne consapevolezza e costanza nel rivendicarli.

Le azioni di contrasto alla povertà e per l’inclusione sociale

Nel lungo percorso di oltre sessantacinque anni, l’“Europa sociale” ha avuto una progressiva attenzione attraverso il FSE, i POR (Piani Operativi Regionali) e i relativi regolamenti. Il cammino è stato connesso alla individuazione di specifici percorsi di inclusione e di lotta alla povertà, prevedendo il co-finanziamento e modalità di attuazione riferite all’emanazione di bandi e di avvisi, coinvolgendo in tale contesto il terzo settore, e la società civile, intesa quale portatrice di interessi diffusi e di rappresentazione dei bisogni.

Ma l’obiettivo è stato anche quello di superare il confinamento delle azioni di lotta alla povertà in una dimensione ristretta, e quindi con il Fondo per lo Sviluppo e la Coesione 2014-2020 collegato con Fondi europei e relativi regolamenti, si è puntato, secondo l’art.174 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, a promuovere uno sviluppo armonioso dell’insieme dell’Unione, per realizzare il rafforzamento della coesione economica, sociale e territoriale.

In tale contesto è venuta sempre più emergendo la constatazione che il tema della povertà non è rappresentato solo dalla semplice erogazione monetaria per superarlo, ma richiede, nella sua complessità, il concorso dei soggetti istituzionali e della società civile onde pervenire alla definizione di un intervento coordinato e articolato con l’approntamento di azioni concertate per i programmi di lotta alla povertà, ed alle sue diverse forme (economica, abitativa, sociale, educativa, nonché la deprivazione di servizi essenziali).

Il documento Cilap

Nel presente saggio sono ampiamente e con assoluta profondità affrontati i temi più cruciali delle povertà partendo dallo stato attuale delle condizioni della povertà, e dalla sua dimensione (Micaela Valentino), alla rappresentazione drammatica della situazione in Italia, alle criticità ancora in atto rispetto agli obiettivi, agli strumenti legislativi in atto (Martina Arachi e Vincenzo Maesano).

Seguono, a cura di Giulia Segna, le rappresentazioni di situazioni intercettate e opportunamente descritte, che comunque evidenziano anche la complessità delle condizioni e la assoluta necessità di definire un sistema territoriale di riferimento, che non può essere che il Servizio Sociale Professionale con la necessaria presa in carico e la elaborazione dello specifico piano assistenziale. In effetti vengono messe in evidenza le contraddizioni ancora esistenti fra l’esercizio e la consapevolezza dei diritti, e le concrete modalità ed opportunità per esercitarli.

Nel quadro della prospettiva di promuovere politiche di inclusione e di lotta alla povertà tese a riconoscere il valore e l’apporto del terzo settore, Micaela Valentino illustra le buone prassi di contrasto alla povertà in Italia portate dai “Salesiani per il Sociale”, con specifiche testimonianze che dimostrano la validità di un modello di intervento che, al di fuori di percorsi burocratici, affronta le problematiche di specifiche condizioni di povertà con assoluta capacità ed efficacia.

Alessandro Scassellati Sforzolini e Gianluca Falascina, affrontano con profondità e accurata documentazione le politiche europee e nazionali per fronteggiare la povertà, l’esclusione sociale e i danni socio-economici del Covid-19, evidenziando sia i punti di forza, sia le criticità, fino a prospettare la creazione di un sistema unico di welfare, un social compact, un patto sociale e istituzionale in grado di intervenire sui bisogni più urgenti delle persone a cominciare da un’assicurazione europea (non temporanea, come il SURE) contro la disoccupazione e un maggior sostegno all’occupazione femminile, nonché ad investire sulla persona, sulle sue capacità, sulla sua autonomia, sulla capacità di autorganizzarsi, significa produrre ricchezza economica e sociale indispensabile allo sviluppo. Di particolare rilievo gli specifici “BOX” di rappresentazione dei provvedimenti adottati in materia di lotta e contrasto alla povertà.

Conclude la Presidente del CILAP, Nicoletta Teodosi, che oltre ad illustrare l’azione svolta, ampiamente documentata, affronta i nodi cruciali delle azioni che occorre portare avanti per rendere ancora più certa e progrediente l’”Europa sociale” nelle azioni di lotta alla povertà.

In relazione al principio della sussidiarietà verticale (rapporto fra le istituzioni, partendo dal livello più prossimo per il cittadino, il Comune), viene puntualizzata la necessità di una governance istituzionale che veda gli attori fondamentali (comuni, asl, centri per l’impiego, scuole, sistema giudiziario) firmatari di patti di sviluppo locale, e a tale proposito si sottolinea l’importanza, sul piano strategico ed operativo, degli Uffici di Piano, individuando la concertazione quale strumento fondamentale per la programmazione ed attuazione dei programmi.

Nella ulteriore dimensione della sussidiarietà orizzontale (rapporto fra le Istituzioni e la società civile nelle sue espressioni organizzate – art. 117 della Costituzione, lettera m) – viene altresì prospettata e confermata la definizione di accordi di partenariato locale con enti profit e non profit che lavorino in sinergia con chi ha la responsabilità delle politiche pubbliche, nella costruzione di piani di intervento capaci di rispondere alle diverse necessità dei territori, globalmente intesi.

In tale contesto viene definito il ruolo dell’Osservatorio sociale, peraltro già presente nella legislazione regionale, a livello di Ufficio di Piano e raccordato con quello regionale e nazionale.

Nel particolare contesto della individuazione di specifiche politiche volte al contrasto ed alla lotta alla povertà, viene sottolineata la necessità, a tra anni dalla sua attivazione, del Rd.C. di una sua valutazione

Conclusioni

A fronte di un quadro internazionale, europeo, nazionale e locale, anche in relazione alla pandemia Covid, la povertà è aumentata in maniera assolutamente preoccupante, avendo come premessa la difficoltà di portare avanti adeguate politiche sociali – basate sia sull’osservanza dei diritti fondamentali della persona, sia sulla strategia complessiva di azioni volte allo svolgimento della politica delle tutele ed alla politica delle opportunità – connesse alle politiche fiscali che rappresentano la fonte finanziaria di riferimento per la realizzazione dei programmi di sviluppo e di lotta alla povertà, come illustrato con ampie statistiche dal prof. Piketty. Le politiche di contrasto e di lotta alla povertà vanno inquadrate in un organico sistema di interventi e di azioni, che partendo dal livello più prossimo del cittadino e con la opportuna strategia porti, anche alla luce della legislazione vigente, a definire programmi di inclusione sociale e di promozione sociale atti a intercettare, sostenere, accompagnare verso la piena autonomia le persone e le famiglie in difficoltà, superando il concetto di mera monetizzazione del bisogno, ma creando e sviluppando programmi volti a favorirne la crescita e la realizzazione: un antico proverbio cinese dice che se dai un pesce ad un affamato lo sfami per un giorno, ma se gli insegni a pescare lo sfami per tutta la vita.


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