articoli

La pandemia americana da oppioidi

di Alessandro
Scassellati

Negli Stati Uniti non c’è solo la pandemia da CoVid-19 (che ha causato oltre 610 mila morti), ma anche la pandemia da oppioidi1, non meno letale (quasi 800 mila morti di overdose negli ultimi 20 anni) e distruttiva sul piano economico e sociale. Sebbene la pandemia di coronavirus abbia fatto uscire la crisi degli oppioidi dai titoli di giornali e TV, quest’ultima non si è placata. L’abuso di oppioidi e le overdose hanno continuato a costituire un’epidemia parallela, l’una aggravata furiosamente dall’altra crisi sanitaria in corso.

Negli ultimi quattro decenni, la grande industria farmaceutica americana ha fatto enormi profitti medicalizzando lo stress sociale della classe media in declino e soprattutto della classe lavoratrice bianca travolta dai processi di deindustrializzazione, perdita di posti di lavoro di massa e il collasso delle comunità locali, in particolare nelle aree rurali bianche come la West Virginia, New England e la rust belt del Midwest. Queste comunità territoriali – come New Canaan, la cittadina dal nome biblico in cui è ambientato il romanzo Ohio di Stephen Markley (Einaudi, Torino, 2020) – sono state prese di mira dalle aziende farmaceutiche che alla povertà, alla dislocazione sociale e alla disillusione politica hanno fornito una risposta a base di pillole di oppioidi sintetici.

Una strategia avallata dalle grandi compagnie di assicurazioni che finanziano il settore sanitario, perché le pillole di oppioidi sintetici hanno rappresentato la soluzione a più basso costo a tanti problemi di assistenza sanitaria, considerando anche che dal 2010 al 2019 sono stati chiusi 113 ospedali rurali (e altri 700 rischiano di chiudere e in molti casi non erogano più alcuni servizi), lasciando più di 30 milioni di americani a un’ora o più di distanza dalle cure critiche.

La dipendenza della classe lavoratrice bianca delle aree rurali e industriali in declino dai farmaci psicoattivi, classificati come “terapeutici” e “medicinali” e soggetti ad una regolazione pubblica leggera, è avvenuta mentre dall’amministrazione Reagan in avanti veniva combattuta “una guerra alle droghe” illegali che venivano utilizzate dalla popolazione non bianca e dai poveri, nel corso della quale neri e latinos residenti nelle grandi aree urbane sono stati le principali vittime sia per le morti da overdose sia per la repressione della polizia, l’incarcerazione di massa degli uomini di colore e la narrazione sociale sui “ghetti infestati dalla droga“.

David Herzberg, nel libro White market drugs: Big Pharma and the hidden history of addiction in America (University of Chicago Press, Chicago, 2020), ha ricostruito la storia controversa delle droghe psicoattive in America, esaminando insieme le droghe lecite e illecite, sostenendo che la commercializzazione dei medicinali si basa sulla stigmatizzazione e sulla criminalizzazione di coloro che consumano droghe al di fuori del sistema medico mainstream; lo sviluppo dei giganteschi mercati farmaceutici americani deve essere compreso insieme alla crescita del mercato delle droghe illecite. La sua scelta della frase “mercato bianco” per descrivere i prodotti psicoattivi farmaceutici riflette il pregiudizio razziale che è stato inserito in questo sistema fin dall’inizio. Le droghe spesso passano da una categoria all’altra. La cocaina è stata commercializzata per la prima volta agli americani come farmaco. L’eroina della Bayer (diacetilmorfina), così chiamata per i suoi poteri eroici, fu introdotta nel 1898. Oggi, cannabis, MDMA, psilocibina e ketamina sono in procinto di passare dal mercato illecito a quello “bianco”. Sono gli stessi prodotti psicoattivi di sempre; sono gli Stati Uniti che sono cambiati. Una bottiglia di Adderall (anfetamina) prescritta ad uno studente alle prese con tesine o ad un banchiere esausto da lunghe ore di lavoro possono avere una nuova esistenza nel corso di una festa notturna. Una droga diventa illecita soprattutto quando viene usata per il divertimento.

L’abuso di antidepressivi, antidolorifici, analgesici oppioidi – tutte droghe dal consumo solitario e che servono a cercare sollievo dalle sofferenze della vita – come l’oxycontin prodotto dal 1996 da Purdue Pharma2, il percocet, il vicodin, il dilaudid, il fentanyl (e i suoi succedanei come il carfentanyl usato come antidolorifico per elefanti e altri grandi mammiferi) o lo xanax, ma anche ketamina, metanfetamina, morfina ed eroina afghana3 e “black tar heroin” messicana4, con 52 mila morti di overdose nel 2015, oltre 64 mila nel 2016, oltre 70 mila nel 2017, oltre 68 mila nel 2018, quasi 71 mila nel 2019 e oltre 93 mila nel 2020, rappresenta una vera emergenza sanitaria pubblica.

Tra il 1999 e il 2020 quasi 800 mila persone sono morte di overdose da oppiodi e ancora oggi circa 130 persone muoiono ogni giorno. A livello nazionale, tra il 2016 e il 2020, i decessi correlati al fentanyl sono aumentati di oltre il 600%5.

La situazione si è deteriorata nel corso della pandemia da CoVid-19. Un recente rapporto dei Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC) ha rilevato che più di 93 mila persone sono morte per overdose di droghe, un tasso superiore del 28,8% rispetto all’anno precedente. Il rapporto del CDC suggerisce che c’erano decine di migliaia di persone che erano già suscettibili all’abuso di sostanze che si sono trovate improvvisamente socialmente isolate e disconnesse dalle normali attività e che sono morte di overdose.

Un’emergenza che era sta riconosciuta, seppure con difficoltà, da Trump e dal governo prima del CoVid-19, anche se la risposta federale è rimasta a lungo fiacca e inadeguata – concentrata sulla repressione piuttosto che sui programmi di prevenzione e di aiuto alle persone -, che ha contribuito a ridurre la speranza di vita della popolazione americana dal 2015 al 2019, rappresentando la prima causa di morte per gli americani sotto i 50 anni.

Solo nell’aprile del 2019 il National Institutes of Health, in collaborazione con la Substance Abuse and Mental Health Services Administration (che fornisce supporto per servizi locali di prevenzione, trattamento e recupero) ha deciso di spendere 350 milioni di dollari in quattro Stati (Kentucky, Ohio, New York, Massachusetts) per studiare – con il supporto di University of Kentucky, Boston Medical Center, Columbia University e Ohio State University – modi per affrontare al meglio la crisi nazionale degli oppioidi a livello locale, con l’obiettivo di ridurre del 40% in tre anni i decessi per overdose correlati agli oppioidi in almeno 15 comunità selezionate in quegli Stati.

Su richiesta di Trump, la Cina ha deciso di aumentare i controlli su produzione, vendita e traffico illegale del fentanyl e dei suoi derivati, designandole come sostanze controllate dal 1° maggio 2019. La pandemia di coronavirus CoVid-19 ha scatenato una nuova ondata dell’epidemia di dipendenza e di overdose da oppiacei (“morti della disperazione”) in almeno 30 Stati.

Deregolazione e disperazione sociale

A partire dalla metà degli anni ’80 il governo federale ha sostituito i sussidi sociali per i poveri con indennità di invalidità che coprivano anche le spese per gli oppioidi sintetici che i medici prescrivevano per il dolore. Soprattutto, il consumo di oppioidi è aumentato esponenzialmente a partire dagli anni ’90 allorquando un movimento trasversale ha fatto pressioni affinché il dolore venisse trattato, non più trascurato, e la regolazione pubblica relativa al loro utilizzo venisse alleggerita. Farmaci venduti nei drugstore CVS, Rite Aid e Walgreens o da Walmart, seppure negli ultimi due decenni si sia sviluppato anche il “mercato nero” degli spacciatori e quello online. Così, un flacone di pillole pagato 3 dollari grazie al Medicaid, poteva fruttarne 10 mila in strada. Una differenza che ha invogliato molti americani delle classi medie e lavoratrici a diventare, oltre che consumatori, anche spacciatori di droga.

Diversi studi hanno rilevato che il 70-75% di coloro che sono stati assuefatti agli oppioidi negli Stati Uniti ha iniziato con antidolorifici prescritti da un medico amico, un familiare o un rivenditore. Il consumo di eroina e di medicinali oppioidi è così esploso dal 2008 in tutte le categorie sociali, ma l’aumento principale si è registrato presso le famiglie della lower middle class, con redditi compresi tra 20 mila e 50 mila dollari l’anno, delle aree suburbane, periurbane e rurali. Milioni di persone che durante la Grande Recessione stavano disperatamente cercando delle soluzioni per il loro senso di impotenza, la loro solitudine, la loro frustrazione, il loro estraniamento spesso anche dalle loro stesse famiglie, dalle altre persone, dal mondo, dal lavoro, da sé stessi.

Gli oppioidi sono solo uno dei modi in cui milioni di americani hanno cercato e cercano di far fronte ad un mondo disumano dove tutto è piatto, dove la comunicazione è virtuale e dove quegli elementi fondamentali della felicità umana – fede, famiglia, comunità – sembrano eludere così tanti. Un’altra spia di questo malessere diffuso è rappresentata dal fatto che circa 14 milioni di americani vivono con i sussidi per i disabili (una sorta di pensione di invalidità) e sono concentrati soprattutto negli Stati poveri del Sud e in quelli, dal Michigan all’Ohio, più colpiti dai fenomeni di deindustrializzazione, per cui il disoccupato cronico tende ad essere dichiarato invalido al lavoro. I bassi tassi di disoccupazione prima del 2020 (3,7%) erano ingannevoli, perché milioni di americani semplicemente sono stati dichiarati disabili o avevano smesso di cercare lavoro.

Le strategie di marketing di Big Pharma

Il consumo di oppioidi è stato promosso in modo aggressivo dalle reti vendita di Big Pharma, soprattutto nelle regioni più vulnerabili del Paese, lì dove si concentravano disoccupazione dei blue collar, incidenti sul lavoro e povertà.

Studi medici e cliniche compiacenti per anni hanno prescritto potenti analgesici che creano dipendenza – senza che questo venisse apertamente dichiarato – non solo ai malati terminali di tumore o a coloro che subiscono importanti interventi chirurgici, ma anche a tutte le persone alle prese con il peso fisico e mentale del dolore debilitante da artrite, schiene doloranti, ginocchia distrutte e corpi logorati da lavori fisicamente impegnativi. Una strategia che le grandi compagnie farmaceutiche stanno ancora utilizzando anche altrove nel mondo, come ad esempio in India.

La relazione tra le grandi aziende farmaceutiche e i medici è fortemente corrotta negli USA. I dati ufficiali mostrano che 627 mila medici hanno ricevuto complessivamente più di 2,1 miliardi dollari nel 2018 in quelli che vengono chiamati “pagamenti generali“, ossia pagamenti indipendenti dalle attività di ricerca. Il totale pagato ai medici e agli ospedali dalle aziende farmaceutiche è stato di oltre 9 miliardi.

Anche il rapporto tra Big Pharma e la politica è ugualmente corrotto. Tra il 2006 e il 2015, le aziende farmaceutiche e le loro organizzazioni di rappresentanza hanno speso oltre 880 milioni di dollari in attività di lobby. Hanno contribuito alle campagne elettorali di oltre 7 mila candidati a cariche a livello statale.

Quasi 9 su 10 dei 75 miliardi di pillole di oppiacei sintetici che hanno inondato l’America negli ultimi due decenni sono state fabbricate dalle filiali di tre multinazionali farmaceutiche (Mallinckrodt, Endo e Actavis, successivamente ribattezzata Allergan).

Un tribunale federale di Boston ha condannato John Kapoor, fondatore miliardario di Insys Therapeutics, e alcuni dei suoi top managers per aver frodato le compagnie di assicurazione e corrotto dei medici affinché prescrivessero un pericoloso antidolorifico – il Subsys, uno spray a base di fentanyl approvato dalla FDA nel 2012 solo per malati terminali di cancro – a pazienti con dolore cronico non in pericolo di vita. In un accordo con il Dipartimento di Giustizia per accuse di frode, Insys ha accettato di pagare 225 milioni di dollari e successivamente ha fatto richiesta del Chapter 11 (protezione dai creditori).

Produttori di farmaci come Purdue Pharma, Johnson & Johnson e Teva Pharmaceutical Industries, distributori e farmacie stanno affrontando migliaia di cause civili da parte di Stati, contee, città e privati cittadini che li accusano di aver messo “i profitti prima delle persone” ridimensionando falsamente il rischio di dipendenza, e cercano di recuperare le decine di miliardi di dollari di costi dell’epidemia per le finanze pubbliche, dall’aumento del crimine alle cure delle dipendenze e all’assistenza ai bambini orfani.

Purdue Pharma e membri della famiglia Sackler hanno offerto 10-12 miliardi di dollari per risolvere le cause legali intentate da 24 Stati e oltre 2 mila città e contee americane. Successivamente, l’azienda ha invocato il Chapter 11 (fallimento controllato) per poter portare a termine la propria ristrutturazione, fronteggiare le battaglie legali ed eventualmente pagare gli 8 miliardi di dollari in indennizzi concordati.

Il distributore di farmaci McKesson ha accettato di pagare 37 milioni di dollari al West Virginia per risolvere una causa relativa all’inondazione dello Stato con milioni di pillole di oppioidi sintetici senza attenersi ad adeguati controlli.

La Johnson & Johnson (in realtà la sua controllata Janssen) è stata condannata in primo grado a pagare 572 milioni di dollari (lo Stato aveva chiesto 17 miliardi) per aver alimentato con una campagna commerciale “falsa e pericolosa” la crisi degli oppiacei in Oklahoma (nello Stato sono morte oltre 6 mila persone dal 2000). Una sentenza che avuto un’influenza sui casi legali di altre compagnie farmaceutiche. Purdue Pharma e Teva Pharmaceuticals (il più grande produttore mondiale di farmaci generici) avevano risolto il caso con un accordo, pagando rispettivamente 270 milioni e 85 milioni.

Cinque produttori e distributori di medicinali – McKesson, Amerisource Bergen, Cardinal Health, Johnson & Johnson e Teva – hanno offerto 22 miliardi di dollari in contanti, nonché farmaci e servizi per un valore di altri 28 miliardi, nel tentativo di negoziare un accordo per chiudere migliaia di contenziosi legali con i governi statali e locali, ospedali ed altre entità senza dover andare in giudizio. Alla fine di luglio 2021, 14 Stati hanno raggiunto un accordo con le compagnie farmaceutiche – Johnson & Johnson e tre dei maggiori distributori (Amerisource Bergen, Cardinal Health, e McKesson) – da 26 miliardi di dollari per risolvere migliaia di cause.

Come osserva il New York Times, i distributori sono stati accusati di “chiudere un occhio per due decenni mentre le farmacie di tutto il paese ordinavano milioni di pillole per le loro comunità“, comprese le città in cui venivano prescritti più flaconi di pillole rispetto ai residenti che vivevano lì. Johnson & Johnson è stata accusata di sopravvalutare i benefici dell’uso di oppioidi da prescrizione e di banalizzare il rischio di dipendenza. In questo accordo, il consiglio generale dell’azienda ha affermato di avere “profonda simpatia per tutti coloro che sono stati colpiti“. I tre distributori hanno rilasciato una dichiarazione dicendo che mentre sperano che l’accordo offra “un sollievo significativo“, “contestano fortemente le accuse fatte in queste cause“.

Anche la McKinsey ha accettato di pagare 573 milioni di dollari per il suo ruolo nella crisi degli oppioidi. La società di consulenza ha raggiunto l’accordo con 47 Stati, essendo stata accusata per la sua consulenza ai produttori di farmaci, tra cui Purdue Pharma, il produttore dell’oxycontin, di aver fornito consigli su come “mettere il turbo” alle vendite (febbraio 2021).

La storia del consumo di droghe farmaceutiche legali e illegali negli Stati Uniti

La storia del consumo di droghe farmaceutiche negli USA inizia alla fine del XIX secolo, in un periodo di rapida industrializzazione e crescente consumismo. Tra la cornucopia di nuove merci c’erano prodotti derivati dalle piante di papavero e coca prodotte in Oriente e America Latina.

I progressi scientifici nell’estrazione di elementi psicoattivi e l’invenzione della siringa ipodermica offrivano una potenza che sarebbe stata impensabile qualche decennio prima. In mezzo alla sofferenza diffusa dovuta alle persistenti ferite della guerra civile e alle malattie quotidiane e con pochissimi farmaci o trattamenti medici efficaci disponibili, gli americani hanno abbracciato i nuovi farmaci. Il consumo di oppiacei è triplicato tra il 1870 e la metà degli anni 1890 e il consumo di cocaina è aumentato di dieci volte tra il 1883 e il 1893.

Gli oppioidi erano usati per trattare non solo il dolore, ma anche disturbi respiratori, diarrea, sifilide, insonnia, ansia, superlavoro, masturbazione, fotofobia, ninfomania e singhiozzo violento. La cocaina nasce come anestetico, ma presto viene prescritta per varie “malattie nervose” e per il raffreddore da fieno. Le società tradizionali usavano da tempo il papavero e la coca per curare una serie di malattie, ma non l’avevano mai usata in formulazioni così forti o tramite iniezione o insufflazione. Presto emerse un modello di uso inquietante e compulsivo di morfina, cocaina e droghe correlate, che alla fine fu chiamato “dipendenza“. I mercati operavano ancora secondo il principio del caveat emptor (“stia in guardia il compratore!”), senza una significativa regolamentazione statale.

La morfina e la cocaina legali erano disponibili alla clientela dei medici privati, che era generalmente bianca, nativa, protestante, di mezza età e della classe media. Ma tutti i tipi di persone volevano i nuovi farmaci e quelli che non rientravano nella classe della clientela dei medici privati li acquisivano attraverso canali informali. Alcuni lavoratori cinesi, che erano per lo più segregati in aree urbane malfamate, frequentavano le “fumerie d’oppio”, dove le droghe venivano usate non dietro prescrizione medica, ma secondo un modello sociale analogo al consumo di alcol nei bar6. Le donne bianche fumatrici di oppio e le loro potenziali relazioni sessuali con uomini cinesi divennero il punto focale delle crociate razziste e xenofobe7. Un tropo del panico morale che si sarebbe ripresentato nelle campagne antidroga nei decenni successivi. Nel frattempo, i riformatori hanno sostenuto la protezione dei consumatori del “mercato bianco” attraverso una maggiore regolamentazione della morfina e della cocaina.

La campagna per il controllo degli oppiacei e della cocaina è stata un primo esempio di una distinzione artificiale ed esplicitamente razzista tra consumatori bianchi “rispettabili“, che sono stati descritti come innocenti bisognosi di protezione, e consumatori stigmatizzati, in gran parte non bianchi, che sono diventati l’obiettivo di punizioni, tattiche proibizioniste che persistono ancora oggi. Nel 1877, il New York Times scrisse che gli “habitué” della morfina erano rari tra “le classi lavoratrici“, “le razze negre e indiane” o i “vagabondi“. In effetti, i consumatori di morfina erano “le persone più elevate, più meritevoli e più istruite del paese, quelle il cui status sociale e intellettuale conferisce loro una certa preminenza rispetto alle masse“. La morfina era pericolosa ma chic, usata dagli intellettuali colti per alleviare il dolore di un’esistenza altamente raffinata. Le fumerie d’oppio furono bandite all’epoca del Chinese Exclusion Act. Il fumo di oppio cinese era un vizio; il consumo di oppio bianco era una malattia. La distinzione morale tracciata tra consumatori di morfina e fumatori di oppio sarebbe stata ripresa un secolo dopo nella distinzione legale razzista tra polvere di cocaina e crack.

Dal punto di vista dei consumatori bianchi e “rispettabili“, gli sforzi per regolamentare gli oppiacei hanno avuto abbastanza successo. Leggi più severe sulle licenze mediche, l’introduzione di un sistema del requisito della ricetta medica per oppiacei e cocaina, il controllo dei farmaci “brevettati” e le restrizioni sulla pubblicità hanno contribuito a ridurre drasticamente il tasso di prescrizione e consumo di morfina. Il lato del proibizionismo, al contrario, fu un disastro. L’oppio era voluminoso e puzzolente, rendendo difficile il contrabbando dopo che gli Stati Uniti hanno vietato l’importazione di fumare oppio nel 1909. Il mercato informale si è spostato su un prodotto più leggero, inodore e più potente: l’eroina, che veniva spesso iniettata anziché fumata, massimizzando il potenziale di dipendenza e il rischio di overdose. Il duplice processo di riforma della regolamentazione nel settore medico e l’accresciuta criminalizzazione nel mercato informale hanno rafforzato la distinzione tra pazienti “buoni” che erano diventati accidentalmente dipendenti e tossicodipendenti “cattivi“, che avevano ceduto al vizio. I “mercati bianchi” sono diventati sia più sicuri che meno visibili pubblicamente, mentre i mercati informali sono diventati più pericolosi e più visibili.

In risposta al pesante controllo da parte dello Stato sugli oppioidi, l’industria farmaceutica si è rivolta ad altri farmaci psicoattivi: barbiturici, benzodiazepine e anfetamine. Il primo barbiturico commerciale fu il Veronal di Bayer, introdotto nel 1903. Le aziende farmaceutiche si affrettarono a brevettare i propri marchi di barbiturici e a promuovere diagnosi che richiedessero prescrizioni di barbiturici: queste includevano insonnia, nervosismo e irrequietezza, isteria, bronchite, ipertensione, dismenorrea, irritabilità sessuale e polluzioni notturne. Queste campagne hanno avuto luogo in un momento in cui l’aumento della creatività nel marketing, i progressi tecnologici e i cambiamenti nella produzione e nei trasporti ha portato una serie senza precedenti di nuovi prodotti. Divenne relativamente facile morire per overdose di barbiturici e presto i tassi di mortalità – per incidente, suicidio o omicidio – iniziarono a salire.

Gli sforzi per imporre controlli più severi sui barbiturici non andarono da nessuna parte negli anni ’20, quando il governo era fortemente favorevole agli affari, ma presero piede negli anni ’30, un periodo di ampliamento della regolamentazione e dell’intervento governativo. Questo è stato anche il decennio in cui la cannabis è stata classificata come un narcotico che crea dipendenza, in una campagna che associava questa droga a follia, violenza e minoranze razziali. Ma, i tentativi di regolamentazione hanno incontrato resistenza da parte di aziende farmaceutiche, farmacisti e medici preoccupati per i profitti persi, onerosi vincoli burocratici e una diminuzione della loro autorità. Una coalizione di oppositori della riforma ha adottato la strategia collaudata nel tempo di incolpare la dipendenza da barbiturici e l’overdose ai criminali che vendevano al “mercato nero” o contraffacevano le pillole. La risposta, sostenevano, doveva essere la repressione dei criminali, non delle aziende farmaceutiche e dei medici.

Negli anni ’50, gli americani bianchi sono stati inondati di barbiturici legali anche se le forze dell’ordine reprimevano l’uso di droghe illecite nelle aree urbane con popolazioni non bianche, introducendo pene minime obbligatorie per le infrazioni di droga. Billie Holiday morì nel 1959, ammanettata in un letto d’ospedale, dopo vent’anni di vessazioni da parte del Federal Bureau of Narcotics (oltre che della FBI). Marilyn Monroe andò in overdose da soli barbiturici prescritti dal medico nella sua casa di Brentwood nel 1962; il suo ex-amante, il presidente John F. Kennedy, convocò una commissione consultiva sull’abuso di stupefacenti e droghe che approvò il controllo federale su barbiturici e stimolanti. Negli anni ’50, il tasso di decessi da farmaci sedativi era quattro volte superiore a quello causato dagli oppioidi. Anche durante un periodo di aumento del consumo di eroina negli anni ’60 e ’70, più americani sono morti per overdose di sedativi legali che per oppiacei illegali.

Ai barbiturici si unirono nel “mercato bianco” le anfetamine – carburante per la seconda guerra mondiale, il boom economico del dopoguerra, i Beats e la Factory di Andy Warhol – e tranquillanti meno potenti come le benzodiazepine. I piccoli “aiutanti” delle mamme permettevano alle casalinghe di passare l’aspirapolvere a velocità record, le pillole per tirarsi su aiutavano gli uomini d’affari a lavorare per lunghe ore e i tranquillanti aiutavano i venditori a superare la loro ansia sociale. I fratelli psichiatri Arthur, Raymond e Mortimer Sackler hanno aiutato a commercializzare le benzodiazepine, che sono state presentate come un’alternativa più sicura ai barbiturici, attraverso pubblicità, campagne “educative” e l’espansione delle diagnosi per le quali era indicato il trattamento con benzodiazepine.

Negli anni ’60, durante un aumento dell’uso di droghe controculturali, la difesa dei consumatori, i diritti civili e i movimenti femministi hanno sfidato il divario artificiale tra farmaci e droghe. I loro sforzi di riforma si sono concentrati sull’avidità delle aziende farmaceutiche e sulla discriminazione razziale e di genere nelle cure mediche e nelle politiche sui farmaci. Hanno spinto per regolamentazioni più severe degli attori commerciali, che hanno portato a un netto calo nell’uso di stimolanti e sedativi. Tuttavia, gli sforzi di riforma erano radicati nella distinzione tra venditori e consumatori che avevano senso pratico solo nei “mercati bianchi”, dove i venditori erano aziende, medici e farmacisti facilmente identificabili. Nei mercati informali la linea era molto più difficile da tracciare perché le persone con dipendenza spesso vendevano anche droghe per sostenere le loro abitudini. Il giro di vite sulle prescrizioni ha provocato l’ascesa del mercato grigio dei “medici da ricetta” e dei “mulini delle pillole“.

Questo periodo relativamente progressivo nella politica sulla droga fu di breve durata. L’era Reagan ha allentato la regolamentazione sull’industria farmaceutica e ha introdotto punizioni molto più severe per l’uso illecito di droghe. Nel frattempo, una nuova ondata di stimolanti e sedativi è stata rinominata per una nuova era di consumo di droga. Con l’allentamento delle restrizioni della Food and Drug Administration (FDA), la pubblicità farmaceutica diretta al consumatore è salita alle stelle. La spesa per gli annunci farmaceutici è passata da 12 milioni di dollari nel 1989 a 2,24 miliardi di dollari nel 1999.

Queste tendenze sono state accelerate dalla guida diagnostica del 1980 dell’American Psychiatric Association, la DSM-III, che definiva le malattie non in base all’eziologia, ma sulla base di una checklist dei sintomi. Tale segnalazione era altamente soggettiva, ma supportava il sistema sempre più complesso di rimborsi assicurativi e la sperimentazione di nuovi farmaci attraverso studi e test che sono stati spesso finanziati da aziende farmaceutiche, che hanno manipolato regolarmente i risultati inseriti nelle pubblicazioni per aumentare le prove di efficacia e nascondere gli effetti collaterali negativi.

Ignorando le cause dietro i disturbi psichiatrici, il DSM-III ha trasformato le risposte umane naturali a circostanze difficili: dolore, disperazione, noia, preoccupazione, distrazione, rabbia, in ragioni per un intervento medico. Il manuale del 1980 elencava 265 sintomatologie; quando il DSM-IV è stato rilasciato nel 1994, ce n’erano quasi 400. Gli antidepressivi sono diventati nuovi prodotti di successo. Un vecchio stimolante degli anni ’50, il metilfenidato, è stato rispolverato, ribattezzato Ritalin e commercializzato per il disturbo da deficit di attenzione, che era stato codificato per la prima volta nel DSM-III. L’anfetamina è tornata alla grande come Adderall, che presto è divenuta onnipresente nelle scuole superiori e nei college. L’America stava tornando all’età dell’oro dei farmaci miracolosi a malapena regolamentati e fortemente pubblicizzati. Suggerendo solo all’acquirente di fare attenzione.

Il ritorno al passato più sorprendente è stato il successo di Big Pharma nel lanciare un boom senza precedenti nel consumo di oppioidi. L’uso degli oppioidi per trattare il dolore acuto non era una novità; il cambiamento è stato nel loro uso per trattare il dolore cronico. Gli oppioidi sono stati riabilitati con l’aiuto di un piccolo gruppo di medici che sostenevano un accesso esteso a questi farmaci, non solo nei casi acuti o alla fine della vita (cure palliative), ma per le condizioni croniche. Questi “riformatori radicali” erano pieni di buone intenzioni e hanno presentato una teoria che distingue la “addiction” dalla dipendenza. Se gli oppioidi fossero stati usati per il dolore come prescritto, sostenevano, ne sarebbe potuta derivare dipendenza fisica, ma questo era distinto dagli effetti distruttivi e in rapida escalation della “dipendenza psicologica“.

In un documento fondamentale, Kathleen Foley e Russell Portenoy hanno sostenuto che la dipendenza dovrebbe essere intesa non come dipendenza fisica, ma come “un insieme di comportamenti aberranti contrassegnati da brama di droga, sforzi per garantirne l’approvvigionamento, interferenza con la salute fisica o funzione psicosociale e recidiva dopo la disintossicazione“. Altri riformatori sostenevano che quando i pazienti con dolore desideravano dosi maggiori di oppioidi, si trattava solo di “pseudo dipendenza“, il risultato di un dosaggio inadeguato da parte dei loro medici. Queste nuove definizioni hanno aiutato a legittimare l’uso di oppioidi per periodi più lunghi e in una gamma più ampia di casi.

Sono serviti anche a rafforzare lo stigma di qualsiasi consumo di droga nel mercato informale, affermando il fatto ovvio che la dipendenza dal “mercato bianco” è molto più sicura e più facile della dipendenza da droghe ottenute illegalmente. I pazienti che ricevono farmaci da un medico hanno meno probabilità di provare voglie e i “comportamenti aberranti” che ne derivano, perché la loro offerta di farmaci è stabile.

Purdue Pharma ha abbracciato questa svolta nella gestione del dolore con il lancio della sua nuova formulazione di ossicodone a lento rilascio, oxycontin, progettata per il dolore cronico. Hanno dato ampio sostegno al piccolo gruppo di riformatori radicali del dolore, finanziando società mediche, riviste, cattedre e studi. In linea con il modello più ampio di collusione tra aziende e istituzioni governative durante questo periodo, il funzionario medico della FDA che ha supervisionato l’applicazione di successo di oxycontin è diventato direttore esecutivo degli affari medici di Purdue. Purdue ha promosso l’uso di oxycontin non solo per il dolore associato a una malattia terminale, ma per mal di schiena, artrosi, dolore neuropatico, dolore postoperatorio, reumatologia, odontoiatria e sport/riabilitazione. Poiché le compagnie assicurative diventavano meno propense a coprire trattamenti cognitivo-comportamentali o terapia fisica per il dolore cronico, le pillole offrivano un’alternativa interessante sia per i pazienti sia per i medici.

Per proteggere il potenziale di vendita di questo potente oppioide, era imperativo che fosse percepito come una medicina rispettabile del “mercato bianco”. Purdue ha quindi concentrato i suoi sforzi di marketing sui consumatori bianchi e sulle aree bianche come il nord del New England, il Kentucky, l’Ohio e il West Virginia. I medici che prescrivevano volumi insolitamente grandi di oppioidi erano stati un tempo oggetto di indagine. Ora, i rappresentanti di vendita di Purdue sono stati incaricati di puntare su questa stessa categoria di medici. Nel frattempo, altre aziende stavano sviluppando oppiacei concorrenti; la filiale di Johnson & Johnson Janssen ha lanciato i suoi prodotti come cerotti e lecca-lecca di fentanyl.

Divenne subito evidente che l’uso di oppioidi farmaceutici si stava trasformando in una crisi della salute pubblica. Non imparando nulla dal passato, le autorità hanno imposto una repressione nel modo più controproducente possibile. Hanno preso di mira la droga per il divertimento, hanno tagliato fuori gli “abusatori” di pillole legali e hanno perseguito e punito in modo aggressivo i fornitori del mercato informale – anche persone che avevano semplicemente somministrato una singola dose a un amico – senza fare praticamente nulla per tenere a freno le aziende farmaceutiche o per migliorare l’accesso al trattamento farmacologico, la prevenzione del sovradosaggio o il trattamento alternativo del dolore. Le persone che erano diventate dipendenti dall’oxycontin sono state spinte nel mercato informale, ad acquistare pillole al “mercato nero” o, ancora più pericolose, pillole contraffatte o eroina, la cui potenza non poteva mai essere garantita e che erano sempre più contaminate dal fentanyl e dal carfentanyl molto più potenti. Il risultato è stato un aumento senza precedenti dei tassi di overdose.

L’amministrazione Biden ha ora tra le mani una crisi del fentanyl in piena regola. Sembra ambivalente su come affrontarla, parlando il linguaggio sia della riduzione del danno sia delle soluzioni carcerarie. La maggior parte degli esperti di politica sulla droga e di giustizia penale preferisce il primo. Ma, al di là di un maggiore accesso al trattamento e alla gestione della dipendenza, il massiccio picco di morti per overdose durante la pandemia suggerisce un altro elemento critico di una politica efficace sulla droga. Il fatto che le overdose fatali di droga siano salite alle stelle durante la crisi del coronavirus, quando la disoccupazione e l’isolamento sociale hanno raggiunto livelli sbalorditivi, suggerisce che le persone abusano di sostanze quando si sentono senza timone e abbattute con poche opportunità realistiche di miglioramento della loro condizione personale (“cosa fare della loro vita“).

Qualunque altra cosa contenga la politica sulla droga di Biden, non sarà sufficiente per porre fine all’epidemia di droga finché non si inizierà ad investire in migliori opzioni di vita – una garanzia dei posti di lavoro, la fine dell’occupazione precaria, università e scuole professionali senza tasse di iscrizione e persino programmi di arte pubblica e leghe ricreative – per le persone che sentono di averne poche e si lavorerà per dare un senso di direzione e uno scopo alle persone che non ne hanno.

  1. Un oppioide è un qualsiasi composto chimico psicoattivo che produce effetti farmacologici simili a quelli della morfina o di altre sostanze morfino-simili. Tra le sostanze oppioidi distinguiamo gli alcaloidi naturali, i prodotti semisintetici e totalmente sintetici, e i peptidi oppioidi endogeni.[]
  2. Purdue Pharma è controllata dalla famiglia Sackler che ha un patrimonio stimato da Forbes in 13 miliardi di dollari ed è nota per la sua attività filantropica nei confronti dei principali musei (come Louvre, Met e Guggenheim) e teatri artistici di tutto il mondo e di alcune università di élite come Yale, Imperial College London, Sussex, Oxford, Rockefeller, Cornell, Columbia e McGill. Dopo anni di contenziosi provocati dall’aumento dei tassi di overdose, nel novembre 2020 Purdue Pharma si è dichiarata colpevole di cospirazione per aver aiutato e favorito i medici che dispensavano oxycontin senza uno scopo medico legittimo. La società è stata condannata a pagare 8,3 miliardi di dollari in sanzioni e danni. Questa somma è meno impressionante di quanto appaia: il fallimento di Purdue nel 2019 significa che è improbabile che il denaro venga raccolto. Sebbene siano stati etichettati come i “cattivi” agli occhi del pubblico, i Sackler sono sfuggiti alle accuse penali e per ora hanno dovuto pagare inizialmente solo 225 milioni di dollari dei loro soldi di famiglia, poi, nel luglio 2021 i procuratori generali di 15 Stati hanno raggiunto un concordato con la famiglia: abbandono della loro opposizione alla proposta di riorganizzazione di Purdue nel tribunale fallimentare in cambio di un accordo di 4,5 miliardi di dollari a carico dei Sackler.[]
  3. L’oppio coltivato in Afghanistan alimenta l’85% della fornitura mondiale di eroina e rappresenta una delle maggiori entrate sia dei “signori della guerra” delle zone più occidentali e settentrionali dell’Afghanistan che si sono opposti e si oppongono ai talebani, sia degli stessi talebani. Viene trafficato attraverso le frontiere porose con Pakistan e Iran. Nel corso di 20 anni di guerra, gli Stati Uniti hanno speso più di 10 miliardi di dollari per gli interventi anti-droga nel Paese, principalmente per creare gruppi per l’eradicazione, dando denaro ai contadini afghani per coltivare grano invece di papaveri e premiare i politici delle aree in cui la produzione di oppio è diminuita. Tuttavia, piuttosto che ridurre la produzione di papaveri, questa campagna sembra aver semplicemente spostato la produzione di oppio in aree controllate dai talebani (soprattutto nelle province meridionali, come l’Helmand), arricchendo lo stesso gruppo che l’America ha cercato disperatamente di sconfiggere. A partire dal 2015 vengono coltivati anche papaveri OGM (con semi sviluppati in Cina) che accorciano il ciclo di crescita della pianta, da uno a due mesi, anziché da cinque a sei mesi, mantenendo inalterata la produzione di resina. Ciò significa la possibilità di avere tre raccolti all’anno, anziché uno. Gli USA, il cui intervento militare è costato oltre mille miliardi di dollari e che nel 2011 sono arrivati ad avere 102 mila uomini “sul terreno”, con Trump prima e Biden poi hanno deciso di abbandonare il Paese al suo destino, dopo 20 anni, oltre 100 mila civili morti, oltre 2.300 militari americani uccisi (circa 450 quelli britannici) e oltre 20 mila feriti.[]
  4. L’America è il principale mercato di consumo della produzione di oppioidi controllati dai narcotrafficanti messicani. Un business che vale tra l’8 e il 13% del PIL del Messico, e che è esploso con la progressiva liberalizzazione della marijuana in in circa 34 Stati americani che ha spinto i cartelli dei narcos (quello egemone di Sinaloa, soprattutto) a riconvertire ad oppio le loro coltivazioni a sud del Rio Grande (oltre 30 mila ettari, anche se, secondo UNODC, l’85% dell’eroina e della morfina prodotte nel mondo è estratto dall’oppio afghano), soprattutto negli Stati meridionali di Guerrero, Jalisco e Nayarit, e a mettere in piedi dei laboratori clandestini per produrre eroina, con l’aggiunta di fentanyl (un potente oppiaceo sintetizzato chimicamente che agisce sui recettori del corpo con effetti anestetici e analgesici), anche se secondo le autorità americane questo viene prodotto soprattutto in Cina (vedi Westhoff B., Fentanyl, Inc. How rogue chemists are creating the deadliest wave of the opioid epidemic, Atlantic Monthly Press, New York, NY, 2019), e altre droghe sintetiche per il mercato americano. Nel 2017 sono state introdotte normative internazionali più severe e la Cina ha fatto partire una campagna repressiva nel 2019. La spedizione del fentanyl è diventata molto più rischiosa, ma la Cina rimane il principale produttore dei precursori chimici (come il 4-AP), anche se almeno in parte la produzione è stata delocalizzata in India e Vietnam. L’economia del traffico illegale del fentanyl è semplice: le sostanze chimiche necessarie per produrne un chilo non costano più di 5 mila dollari in Cina, in India o in Messico e non c’è bisogno di aspettare il raccolto del papavero, ma a 55-60 mila dollari al chilo consegnato negli Stati Uniti, il fentanyl ha all’incirca lo stesso prezzo dell’eroina, ma è 50 volte più potente e produce molte più dosi una volta tagliato e confezionato per la strada (almeno 1,5 milioni di dollari). Il prezzo di mercato dell’oppio è crollato mentre i tossicodipendenti negli Stati Uniti sono passati dal consumo di eroina al fentanyl e questo ha costretto i contadini poveri del Messico ad abbandonare la coltivazione del papavero da oppio non più remunerativa come un tempo.[]
  5. Si veda McGreal C., Big Pharma’s response to the opioid epidemic: pay but deny, The New York Review of Books, https://www.nybooks.com/daily/2019/11/11/big-pharmas-response-to-the-opioid-epidemic-pay-but-deny/; American overdose. The opioid tragedy in three acts, PublicAffairs, New York, NY, 2018.[]
  6. Il consumo di oppio cinese era drammaticamente aumentato dopo che la Gran Bretagna, con le Guerre dell’Oppio (1839-42 e 1856-60), aveva costretto la Cina a importare oppio dalle colonie indiane, ma gli americani consideravano il fumo di oppio un vizio “orientale“.[]
  7. Negli Stati Uniti, c’è stata la continua violenza e ostilità contro i coolies cinesi (per lo più lavoratori di lingua cantonese provenienti dalla provincia del Guangdong), che erano stati portati in California tra il 1852 e il 1875 per costruire la parte occidentale della rete ferroviaria transcontinentale e arrivarono a costituire il 25% della forza lavoro, che portò all’approvazione del Chinese Exclusion Act nel 1882 (che ha contribuito a promuovere il clima politico che ha portato al massacro dei ferrovieri cinesi a Rock Springs, Wyoming, nel 1885), che vietava l’immigrazione dalla Cina e consentiva la deportazione dei cinesi presenti sul territorio americano (abrogato dal Magnuson Act il 17 dicembre 1943 dopo che la Cina divenne un alleato degli Stati Uniti nella Seconda Guerra Mondiale).[]
Big Pharma, droghe legali
Articolo precedente
La classe dirigente in Italia non esiste da trent’anni. Parola d’intellettuale
Articolo successivo
I giovani dopo Genova: ignorati e sorvegliati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Compila questo campo
Compila questo campo
Inserisci un indirizzo email valido.