Pubblichiamo, con lo stesso titolo, l’articolo di Alessandra Mecozzi su comune.info.
Centinaia di donne e uomini sono andati o sono in Ucraina, o ai suoi confini. Le azioni delle carovane che portano aiuti e riportano profughi/e, gridando la pace e praticando la solidarietà, pur se prive di spazio mediatico e visibilità pubblica, sono le sole che tengono accesa una fiammella di speranza e di futuro ed esercitano il rifiuto costituzionale della guerra.
Invitano ad agire e a pensare, per ridare un senso alle parole solidarietà e pace, contro la martellante campagna di propaganda su un teatro di guerra, dove si affrontano i cattivi russi da una parte e i buoni ucraini dall’altra, con l’ Europa “che esalta la sua unità” mentre invia armi ai buoni e stabilisce sanzioni sui cattivi, alimentando odio anche tra le popolazioni.
L’Europa istituzionale si è rivelata inerte, afasica, quanto a ruolo di mediazione, intelligenza politica, creazione di possibili alternative a bombe e massacri, di cui diventa così corresponsabile, paradossalmente proprio quando la guerra è più vicina.
Dopo oltre un mese, sembra che nessuno voglia fermarsi e fermare la guerra: non Putin nel suo confuso e aggressivo disegno di espansione e divisione, non Zelenski nel suo delirio “eroico” alimentato dall’Europa: tutti i potenti, piccoli o grandi, incitano alla guerra da cui sembrano irresistibilmente attratti, portando l’umanità nel caos, sull’orlo dell’abisso nucleare.
La parola pace è diventata obsoleta, logora, e chi la sostiene, anche gridandola in piazza come è avvenuto il 5 marzo a Roma, e nelle manifestazioni che proseguono in tante città, viene oscurato quando non sbeffeggiato.
Persino una personalità come papa Francesco che osa dire coraggiosamente una ovvietà, “la guerra è una follia” o che il riarmo, l’investimento in armi, da tempo in corso “sono criminali”, viene prontamente derubricato.
In realtà è l’unico che parla di politica con parole diverse, pensando all’unico orizzonte possibile per il mondo, se vuole sopravvivere: governare diversamente, investire diversamente, occuparsi della cura del vivente a cominciare dalla sua sostanza umana.
Il papa, come le migliaia che manifestano in modi vari per la pace, sono gli unici che alimentano un pensiero critico che sembra scomparso, dentro ad una informazione che spesso scivola nella propaganda, in un panorama culturale appiattito. Armi e armi e ancora armi. I governi europei fanno a gara per soddisfare il 2% del PIL come chiesto dagli USA nella NATO.
Non ci sono dubbi, non ci sono interrogativi: eppure veniamo da anni di guerre e relative conseguenze, protagonisti gli Stati Uniti e l’Occidente in cui abbiamo assistito a disastri umani sociali e politici: dall’Afghanistan all’Iraq, dalla Libia, e le continue stragi in mare per chi cerca di fuggire a violenze e torture, allo Yemen alla Siria, ai /lle curdi/e massacrati alla Turchia, incredibilmente accolta come “mediatore” tra Russia e Ucraina, ad Israele che persevera nel quotidiano stillicidio di uccisioni di giovani su una terra ancora occupata, dopo oltre 70 anni: la Palestina. Un caso in cui chi chiede sanzioni, a difesa del diritto internazionale, è catalogato come antisemita!
L’Europa, mentre proclama i suoi “valori”, evita di interrogarsi su che cosa significhi giustizia internazionale, su come possa essere agita, su come sia possibile stabilire un diverso ordine delle cose, contro le arroganti ambizioni di creare un ordine mondiale nuovo a suon di bombe!

È l’arroganza dell’industria e del commercio delle armi che domina un panorama sanguinante e sembra essere diventato il riferimento solido della “politica”.
Nei talk show si discetta di armi/guerra, annessi e connessi, i rari pensieri critici vengono immediatamente attaccati, non si ascoltano mai possibili alternative, non solo alla guerra in corso, ma ad un sistema mondiale che ne è la causa, dove le istituzioni europee e internazionali non hanno più un ruolo degno.
Allora sì, imbracciamo le armi della solidarietà, della pace, della giustizia, contro gli egocentrismi patriarcali, l’ingiustizia globale, il razzismo mondiale. Come altro definire la faccia di un mondo in cui ben poco si è agito e si agisce per far valere il diritto alla sopravvivenza di tante popolazioni in Medio oriente, anzi tacciandoli di terrorismo ogni volta che provano ad alzare la testa oppure lasciando che affoghino nel Mediterraneo o congelati ai confini europei quelli che cercano di sfuggire a guerre e miseria?? Tra lacrime (di coccodrillo) e accuse infamanti, in quella parte del mondo non c’è più neanche la macabra contabilità dei morti.
Siamo nel pieno, è doloroso constatarlo, di una politica di “due pesi e due misure”, il contrario della giustizia globale e della legalità internazionale. Assistiamo all’uso strumentale della guerra Russia/Ucraina per dislocazioni di potere, economico e politico. E questa è la grande minaccia per tutta l’umanità.