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La gabbia veneta

di Loredana
Fraleone

di Loredana Fraleone*-

Il ministro dell’istruzione, Marco Bussetti e il governatore della Regione Veneto, Luca Zaia hanno sottoscritto un’intesa, lo scorso 17 ottobre, per istituire percorsi formativi sulla storia e la cultura del Veneto, sottraendo orario alle materie curricolari previste in tutte le scuole italiane.

Non si ferma qui il “governatore” del Veneto, ma nell’ambito dell’autonomia regionale differenziata, insieme a Lombardia e Emilia Romagna, chiede un cospicuo aumento delle competenze regionali. Tra le 23 richieste vi è anche l’attribuzione su base volontaria, per ora, del personale della scuola, oltre ad altre questioni di non poco conto riguardanti l’istruzione, come la competenza sulla valutazione ad esempio.

Per attirare l’adesione degli insegnanti e di tutto il personale della scuola alla sua secessione regionale, promette cospicui aumenti salariali, contando sull’incremento graduale del gettito fiscale che deriverebbe da una serie di meccanismi legati alla fine sostanziale del fondo perequativo, che attualmente tutela in parte le regioni del sud.

E’ evidente che aumenti di duecento-quattrocento euro mensili, per una categoria con le retribuzioni tra le più basse del pubblico impiego, costituirebbe un incentivo notevole al passaggio alle dipendenze della regione, creando l’illusione di accedere per sempre, senza conseguenze, ad un privilegio rispetto al resto dei lavoratori della scuola del centro sud.

Un simile regime retributivo apre la strada a una riedizione delle “gabbie salariali”, sulle quali in passato vi è stato un lungo contenzioso sindacale dal dopoguerra fino al 1969, quando il sistema venne abolito grazie alle lotte operaie. Nel febbraio del 1969 i sindacati confederali erano arrivati ad uno sciopero generale per la loro abolizione, per la cancellazione di un meccanismo discriminatorio che colpiva in particolare i lavoratori del Sud.

Erano gli anni in cui era chiaro al mondo del lavoro che la disuguaglianza di condizione, a partire dalle retribuzioni, indeboliva a lungo andare il potere contrattuale di tutti e soprattutto il principio di solidarietà, rovinosamente abbandonato, come si è visto, con il passaggio nel regime pensionistico dal sistema retributivo a quello contributivo.

Il Sud ha fornito al Nord lavoratori e lavoratrici in tutti i settori, compreso quello della scuola e dell’università, molti di loro sono riusciti a tornare al Sud dopo anni di precariato, restituendo così una piccola parte delle risorse impiegate per la loro formazione. La Lega veneta vorrebbe ingabbiarli, impedendo mobilità e parità retributiva.

Per tutto quello che sta succedendo da alcuni anni, sembra di essere in quelle macchine del tempo di alcuni film, che ti permettono di tornare indietro di decenni.

Bisogna far capire che non siamo al cinema e soprattutto che non possiamo essere spettatori.

*Responsabile Scuola Università Ricerca PRC/SE