di Franco Ferrari –
Le relazioni tra Stati Uniti e la Cina restano piuttosto complicate e la pandemia causata dal nuovo coronavirus, con le sue pesanti conseguenze economiche, non poteva restare estranea alle tensioni esistenti tra i due paesi.
Anche i questo caso tra Xi Jinping e Trump sono emerse due diverse visioni del mondo. La Cina, consapevole del suo peso economico crescente, punta a muoversi con prudenza e a sottolineare l’esigenza di una gestione condivisa dei grandi problemi globali. Il suo modello di sviluppo economico richiede una continua interazione, soprattutto perché è entrata in uno stadio che non la confina più al ruolo di grande fabbrica che fornisce manodopera a basso costo al capitalismo globale.
Gli Stati Uniti, in particolare sotto la guida di Trump, fortemente influenzato dalle correnti ideologiche dell’estrema destra, si trovano in una condizione più difficile. Quella di chi è uscito come dominus pressoché incontrastato del mondo dopo il crollo dell’Unione Sovietica ed ora si trova a vedere contestato il suo predominio sul terreno decisivo, quello dell’innovazione tecnologica e produttiva.
Nella vicenda della nuova pandemia, la Cina si è trovata a svolgere due ruoli. In un primo momento quella del colpevole di avere dato il via ad un nuovo problema globale a causa delle abitudini alimentari dei suoi cittadini e della scarsa trasparenza della sua struttura di potere. Da parte dei governanti degli Stati Uniti non sono mancate, all’inizio della vicenda, dichiarazioni dalle quali traspariva la speranza di un nuovo colpo alla Cina tale da indebolire un concorrente considerato sempre più pericoloso sullo scenario mondiale.
Con una relativa rapidità il governo cinese è riuscito ad assumere decisioni drastiche e a mettere sotto controllo l’epidemia. E’ diventato quindi un possibile modello nella gestione di problemi sanitari ed economici derivanti dalla diffusione del virus. Si è dimostrato disponibile a collaborare con gli altri paesi inviando medici ed esperti e dando a questo collaborazione un evidente significato politico.
L’iniziativa cinese e il cambio di immagine che l’evoluzione della vicenda ha determinato nelle opinioni pubbliche occidentali, a fronte anche di una scarsa solidarietà tra paesi che invece dovrebbero essere amici e alleati, ha suscitato la preoccupazione dei difensori del blocco atlantico. Il loro timore è che attorno a questa vicenda, tra una Cina che pone l’accento sulla cooperazione e gli Stati Uniti guidati dal principio “prima l’America”, si aprissero delle crepe negli assetti politici internazionali.
E’ in questo contesto che vanno collocate la notizie recenti che accusano la Cina di aver mentito sui dati relativi al numero dei contagiati e dei decessi causati dal nuovo coronavirus e di avere quindi ingannato il mondo sull’effettiva gravità dell’epidemia. Ne è emersa una competizione informativa tra la gran parte dei media occidentali e quelli cinesi.
La contestazione dei dati cinesi è avvenuta a partire da articoli e foto tratti dal giornale cinese Caixin. Due giornalisti hanno informato della consegna delle urne cinerarie dei defunti della città di Wuhan ai parenti. La cremazione e non la sepoltura è la procedura ordinaria in Cina. Il giornale riportava alcune foto nelle quali si vedono il gran numero di urne e le lunghe file dei parenti. Da alcune interviste effettuate si comprende chiaramente che le urne riguardavano sia deceduti a causa del virus che per altre ragioni, infatti le operazioni funebre erano state bloccate a Wuhan da diverso tempo a causa dell’epidemia.
L’articolo è stato ripreso e rilanciato da alcuni media ostili nei confronti del governo cinese, in particolare da Radio Free Asia, un’emittente finanziata dal governo americano che mescola informazioni vere, pettegolezzi inverificabili e notizie inventate di sana pianta. Si tratta di uno strumento derivato dall’esperienza della guerra fredda, quando questa attività veniva svolta principalmente da Radio Free Europe con sede a Monaco, in Germania e ha come consorella l’anticubana Radio Martì.
Radio Free Asia ha dedotto dalle foto e dall’articolo che i morti dovevano essere molti di più. Ma si tratta di conclusioni del tutto inverificabili riportate da una fonte per nulla neutrale. Ciò nonostante la gran parte degli organi di informazione italiani (da Il Fatto Quotidiano al sito di Casa Pound, passando per il Corriere e la corrispondente Rai a Pechino) l’hanno riportata come dato certo, attribuendola per altro a Caixin e non a Radio Free Asia.
Caixin è un giornale cinese non governativo, il che gli consente anche qualche maggiore libertà informativa rispetto a voci più ufficiali. Il sito web riporta articoli in cinese e in inglese, ma per lo più accessibili solo a pagamento. Almeno un articolo del giornale riportante la consegna delle urne era visibile su internet e dal testo non si riportava affatto il dubbio sul numero dei morti per corona virus.
Avendo contattato direttamente via mail uno dei due autori dell’articolo, mi è stato risposto che non c’era alcun elemento che potesse far ritenere che i dati forniti dal governo non fossero corretti soprattutto da quando la gestione della vicenda era stata assunta dal governo centrale. Le urne visibili nelle foto erano presumibilmente necessarie per la gestione dell’attività funeraria di alcuni mesi.
L’impressione è che nessuno di coloro che nei giornali italiani hanno riportato la notizia, o la presunta notizia, si sia premurato di leggere gli articoli di Caixin né di provare ad effettuare una qualsiasi semplice verifica indipendente. Si è limitato a prendere per oro colato quanto scritto da Radio Free Asia senza per altro citarla.
Qualche giorno dopo è toccato al sito americano Bloomberg ritornare sulla stessa tesi (la falsificazione dei dati sul numero dei decessi da parte cinese) stavolta rilanciando un rapporto “segreto” dei servizi di intelligence degli Stati Uniti. Quindi una fonte per sua natura anonima, le cui finalità ovviamente includono anche quelle relative alla disinformazione, basata su dati inverificabili. Di passaggio in passaggio, un’ipotesi non verificata emessa da soggetti quantomeno di dubbia attendibilità, diventa una certezza, al punto da essere recepita come tale, ad esempio, in un editoriale del Corriere della Sera.
Sarebbe doveroso quanto meno un certo scetticismo rispetto a queste fonti governative USA dato che siamo in presenza, da un lato, di quella competizione tra Cina e USA di cui dicevamo sopra, dall’altro della necessità dell’amministrazione americana di attribuire ad altri la responsabilità per i propri ritardi nel fronteggiare l’estensione dell’epidemia negli Stati Uniti.
Non mancano per altro negli stessi Stati Uniti analisti che hanno seguito dall’inizio la vicenda del nuovo coronavirus. E’ il caso della Fondazione Jamestown, uno dei tanti think tank statunitensi, che pubblica regolarmente il China Brief, un bollettino bisettimanale, al quale collaborano numerosi sinologi statunitensi.
Il China Brief pubblicava un primo articolo già il 17 gennaio[i] e un secondo più ampio alla fine dello stesso mese[ii]. L’autore del secondo testo, Ryan Oliver, è un analista di un organismo di intelligence statunitense in servizio (e in quel momento impegnato nelle manovre Nato in Europa). L’articolo contiene molti link alle fonti cinesi e rileva come, a differenza di occasioni precedenti, quando le notizie avevano impiegato alcuni mesi per cominciare ad essere riprese ufficialmente, il governo cinese abbia reagito con maggiore velocità e trasparenza.
Da parte sua, la Cina ha risposto sempre puntualmente alle accuse americane. L’edizione odierna del China Daily, quotidiano in lingua inglese, pubblica una ricostruzione di sei pagine nelle quali vengono riportate giorno per giorno tutte le iniziative assunte dai vari organi sanitari e politici in relazione all’epidemia. La timeline è stata elaborata dall’agenzia ufficiale Xhinua ed è disponibile online[iii]. Particolare attenzione viene dedicata a tutte le iniziative assunte nel fornire le informazioni disponibili ai governi stranieri sia direttamente che attraverso l’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Si può apprendere in questo modo che la Cina ha iniziato ad informare gli Stati Uniti della nuova forma di polmonite virale il 3 gennaio e che il giorno successivo il responsabile del Centro per il Controllo e la Diffusione per le Malattie (CDC) cinese ha parlato al telefono con il suo equivalente negli Stati Uniti. Il 5 gennaio, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha emanato il suo primo report sull’emergere di un nuovo tipo di polmonite di origine sconosciuta. Il 12 gennaio viene messa a disposizione la sequenza del genoma del nuovo coronavirus.
Anche nella ricostruzione cinese restano alcuni elementi di minore chiarezza, in parte riconosciuti dalle stesse autorità cinesi. Come ha ricostruito il corrispondente da Pechino del quotidiano francese Le Monde, c’è stata quasi certamente una mancanza di trasparenza nella fase iniziale dell’epidemia, quando per altro non erano ancora chiare le caratteristiche e la pericolosità del nuovo virus. Si tratta di alcune settimane di dicembre nelle quali si sono iniziate a registrare dei ricoveri per una polmonite che presentava caratteristiche inedite.
In queste settimane alcuni medici cinesi si accorgono della possibile circolazione di un nuovo virus e diffondono la notizia sulle reti sociali. Tra questi l’ormai noto, e purtroppo deceduto, Li Wenliang. Il dottor Li ai primi di gennaio viene convocato in una stazione di polizia e redarguito per aver diffuso notizie sui social. La vicenda, soprattutto dopo la sua scomparsa proprio per aver contratto la malattia causata dal corona virus, ha sollevato numerose proteste sui social cinesi, al punto che il governo ha dovuto dar vita ad una commissione di indagine. Questa commissione ha ritenuto che la “reprimenda” a cui era stato sottoposto il dottor Li fosse ingiustificata e ha annunciato punizioni per i poliziotti che avevano attuato l’ingiusta persecuzione nei confronti del medico.
Risultano fondati subbi su un ritardo sia da parte delle autorità sanitarie del Wuhan nel riconoscere la trasmissibilità uomo-uomo del virus e non solo da animale-uomo e la mancata cancellazione da parte delle autorità amministrative delle festività di fine anno che, muovendo decine di migliaia di persone, hanno favorito la diffusione dell’epidemia anche al di fuori della provincia di Hubei. Le iniziative assunte dal governo cinese, prima prendendo direttamente il controllo politico di Wuhan e poi facendo approvare una legge che persegue quelle autorità locali che tengono nascoste informazioni sull’eventuale emergere di un’epidemia, confermano che almeno in questa fase non tutto ha funzionato con la velocità necessaria.
Per quanto riguarda i dati sul numero dei contagi è noto dalle informazioni ufficiali che la Cina conteggiava i casi sulla base di valutazioni cliniche (quindi sui sintomi effettivi) e non sulla base dei tamponi, quindi il dato ha sempre escluso gli asintomatici. E per ciò che riguarda il numero dei decessi è presumibile, alla luce dell’esperienza italiana, che vi siano stati decessi di persone non ricoverate per coronavirus, ma ugualmente contagiate e non ricomprese nel conteggio ufficiale. Sembra difficile però attribuire il ritardo con cui quasi tutti i governi occidentali hanno assunto misure di contenimento ad una mancata informazione da parte cinese o dell’OMS.
E’ possibile invece rilevare, per quanto riguarda la realtà cinese, come il Governo, pur esercitando il controllo dei media tradizionali, debba fare i conti sempre di più con una diffusa rete di comunicazione sociale. La stessa vicenda del dottor Li è stata ampiamente conosciuta attraverso le reti sociali e ha suscitato lo sdegno di milioni di persone, alle quali il governo ha dovuto dare risposta trasformando ufficialmente il medico scomparso in un “martire” e rivendicandone anche l’appartenenza al Partito Comunista.
Come sempre succede in questi casi, l’epidemia sta mettendo
in maggiore evidenza processi politici, economici e sociali in corso nei vari
paesi. Sul piano globale ha accentuato le differenze nel modo come le varie
potenze globali stanno affrontando le sfide che si presentano.
[i] https://jamestown.org/program/the-state-response-to-a-mystery-viral-outbreak-in-central-china/
[ii] https://jamestown.org/program/the-ccp-response-to-the-wuhan-coronavirus-a-preliminary-assessment/
[iii] http://www.xinhuanet.com/english/2020-04/06/c_138951662.htm