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Il settore automobilistico europeo – È ora di ripensare la mobilità!

di Manuela
Kropp

Tutti i settori dell’economia hanno risentito della crisi del coronavirus, e l’industria automobilistica non fa eccezione. Sono 12 milioni i lavoratori dell’Unione Europea occupati nell’automotive, direttamente o nell’indotto e il settore rappresenta il 7% del PIL della UE[1]. Il grafico seguente mostra quanto fortemente incida l’occupazione diretta nell’industria automobilistica sulla produzione totale in alcuni Stati membri dellaUE.

La necessaria ristrutturazione del settore avrà, di conseguenza, un impatto su milioni di dipendenti e dovrà fare i conti con una lobby automobilistica ben organizzata. Al culmine della crisi (25 marzo 2020), l’Associazione europea dei produttori di automobili (ACEA) ha chiesto la sospensione temporanea di norme più rigorose sulle emissioni di CO2 delle autovetture, nonostante il fatto che i trasporti rappresentano un quarto delle emissioni totali di CO2 della UE e che si tratta dell’unico settore ad aver effettivamente visto una crescita delle emissioni di CO2 negli ultimi anni[2]. È quindi ovvio che questo settore ha urgente bisogno di cambiamenti radicali. Se non verrà intrapresa alcuna azione, non avremo alcuna possibilità di rallentare il riscaldamento globale, né tanto meno di fermarlo.

Fonte: European Automobile Manufacturers Association (ACEA), su dati Eurostat

Ma non è solo l’ACEA a ostacolare un nuovo inizio nel settore automobilistico, anche molti dipendenti non sono disponibili al cambiamento. Il più grande sindacato tedesco, l’IG Metall, ad esempio, si è lamentato del fatto che il pacchetto di incentivi del governo, annunciato il 3 giugno 2020, includa solo agevolazioni per le auto elettriche e non preveda nulla per i modelli a combustione[3]. La preoccupazione dell’IG Metall per le potenziali perdite di posti di lavoro è comprensibile. In Slovacchia, un Paese che fa molto affidamento sulla produzione automobilistica, l’automazione e la mobilità elettrica mettono a rischio il 40% dei posti di lavoro nel settore automobilistico, il che potrebbe portare le aziende a esercitare una pressione ancora maggiore sui propri dipendenti e le condizioni di lavoro potrebbero peggiorare ulteriormente[4]. In Slovacchia, al 1 ° giugno 2020, non è stato concordato alcun aiuto per il settore automobilistico, nonostante Volkswagen e Jaguar abbiano chiesto aiuto al governo slovacco. L’Ungheria è un altro Paese che fino ad ora (1° giugno) non ha concesso alcun aiuto diretto all’industria automobilistica, ma ha offerto garanzie pubbliche per prestiti e sussidi per rimborsi di prestiti. Il 26 maggio 2020 la Francia ha concordato un pacchetto di salvataggio di 8 miliardi di euro per autoveicoli elettrici e a combustione (compresi i premi di permuta) e un ulteriore prestito di 5 miliardi di euro a Renault[5].

Anche escludendo la variabile Covid-19 dall’equazione, l’industria dell’auto nel mondo è in crisi ormai da molti anni e i numeri delle vendite stanno precipitando[6]. L’industria aveva urgente bisogno di una ristrutturazione prima della pandemia: c’era necessità di uno spostamento verso prodotti rispettosi del clima per il rispetto dell’ambiente e per garantire posti di lavoro. La presunta soluzione “verde” ai problemi del settore automobilistico che i politici della UE e il governo tedesco hanno sostenuto è l’auto elettrica. Nella sua proposta per un importante piano di risanamento, la Commissione europea ha proposto di investire nella ricerca sulle batterie, oltre a finanziare 1 milione di stazioni di ricarica per auto elettriche in tutta la UE[7]. Nel documento Una nuova strategia industriale per l’Europa, pubblicato il 10 marzo 2020, la Commissione europea ha annunciato l’estensione dell’ European Battery Alliance[8]. L’auto elettrica, però, non è non è così rispettosa del clima come spesso viene definita: la sua produzione, in particolare quella della batteria e del corpo dell’auto, crea un enorme “zaino ecologico”. A seconda del consumo e del mix energetico, la differenza tra auto elettriche e veicoli con motore a combustione è trascurabile[9]. In termini di miglioramento dell’impatto ambientale complessivo, per entrambi i tipi di veicoli, è preferibile costruire automobili piccole, leggere ed efficienti dal punto di vista dei consumi, utilizzare i veicoli il più a lungo possibile e trasportare il maggior numero possibile di passeggeri[10], senza dimenticare che indipendentemente dalla tipologia di veicolo, il traffico è inevitabile. Le auto elettriche non sono una soluzione al problema della mancanza di spazio che affligge le nostre città. Abbiamo invece bisogno di aumentare le alternative all’automobile, come i traporti pubblici, i treni a lunga percorreza, l’uso della bicicletta e il trasporto delle merci su rotaia. Ripensare il trasporto in questo modo creerebbe migliaia di posti di lavoro in tutt’Europa. In Germania, per esempio, ci sarebbero 100.000 nuovi posti di lavoro nella produzione di vagoni ferroviari e nella manutenzione. Ulteriori 100.000 opportunità di lavoro verrebbero create nello sviluppo e nell’espansione della produzione di sistemi di autobus elettrici, autobus di piccole dimensioni e veicoli commerciali specializzati, insieme a 100.000 nuovi posti di lavoro nella produzione di veicoli da carico e biciclette elettriche[11],

Abbiamo quindi bisogno di una riprogettazione completa del settore automobilistico, con una spinta verso una mobilità sostenibile. Perché ciò accada, dovranno essere messe in atto disposizioni di legge e lo Stato dovrà anche garantire che siano disponibili finanziamenti adeguati per far progredire lo sviluppo del trasporto pubblico e dei viaggi ferroviari a lunga distanza. Il pacchetto di salvataggio del governo tedesco, tuttavia, offre poco in termini di supporto per le ferrovie tedesche. Un Green New Deal di sinistra non deve solo garantire una rapida trasformazione sociale ed ecologica dei modelli di auto; a medio termine, infatti, dobbiamo anche lavorare per convertire l’industria automobilistica in un settore che favorisca una mobilità più rispettosa del clima, come la produzione di veicoli per il trasporto pubblico e ferroviario[12].

Per realizzare questo obiettivo i movimenti ambientalisti e i sindacati devono unirsi, anche a livello europeo, in modo che le produzioni della UE non possano essere giocate l’una contro l’altra. Le alleanze necessarie stanno già iniziando a prendere forma: per esempio, Students for Future sta sostenendo la lotta del sindacato tedesco Ver.Di per migliorare le condizioni di lavoro dei lavoratori dei trasporti pubblici. Potrebbe essere solo un piccolo passo, ma è un inizio.


[1] European Sector Skills Council, Automotive Industry.

[2] European Environment Agency, Greenhouse Gas Emissions by aggregated sector (8/6/20).

[3] T. Kreutzmann, “Die Wut auf die SPD in der Autokrise”, Tagesschau, 7/6/20.

[4] M. Arens, “Changes in the car industry threaten Slovakian workers”, World Socialist Website, 13/2/2020.

[5] Latham & Watkins, Public finance support (State aid) granted to the automotive sector.

[6] S. Krull, “Autokrieg – Krise und Zukunft einer Schlüsselindustrie”, Sozialismus, 5/2017.

[7] COM, Europe’s moment: Repair and Prepare for the Next Generation, 27/05/2020, COM(2020) 456.

[8] KOM, Eine neue Industriestrategie für Europa, Brussels, 10/03/2020, COM(2020) 102.

[9] Electric vehicles from life cycle and circular economy perspectives, European Environment Agency, Report No. 13/2018, 57.

[10] PowerShift, Merle Groneweg and Laura Weis: Weniger Autos, mehr globale Gerechtigkeit.

[11] Zeitschrift LuXemburg, Mario Candeias: ‘Der Mietendeckel der Mobilität’, Zeitschrift Luxemburg, May 2020.

[12] Die Linke, Bernd Riexinger: Mobilitätswende und sozial-ökologische Transformation der Autoindustrie, 05/05/2020.

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