di Roberto Musacchio –
Poco spazio per l’eurogruppo sui mass media. Peccato perché poi è lì che si decide ciò che ci succederà e in particolare se dopo il virus ci “beccheremo” altri disastri sociali.
Chi parla alla “gente d’Europa” colpita dal virus?
Negli USA parla Trump, cambiando idea a giornate. Il vero discorso pubblico è quello che sta tra Sanders e Biden con due modelli di società ben diversi. Lì sta la politica.
In Europa sembra scomparsa.
Parla Merkel, Mutti, e trasuda la tentazione di “prima la Germania”.
Parla Macron e vorrebbe essere De Gaulle, con super poteri, ma è un piccolo leaderino francese azzoppato anche dalle elezioni municipali.
Qualcosa dicono dalla Spagna che almeno fa qualcosa di sinistra.
In Italia Conte vuole mostrarsi “cresciuto” ma siamo al minimo sindacale per un Paese rinchiuso in casa.
E quelli che la UE la rappresentano? Lagarde fa un disastro e Van der Layen prova a mettere giusto una toppa.
Poi c’è l’eurogruppo che proprio non è che parli a cuori e mente.
Esprime “simpatia e solidarietà” bontà loro. Poi cuce l’esistente in uno straccio di pannicello caldo. Per altro confermando patto di stabilità (basta la flessibilità) e “regole” su aiuti di Stato.
I fuorionda ci dicono che avrebbe fretta di passare al Mes. Così potrebbe continuare a fare quello che ha fatto per tutti questi anni. Imporre austerity e privatizzazioni. Favorire i più ricchi tra i Paesi e nei Paesi.
Peccato che non vi siano gli audio: potremmo sentire cosa hanno detto Gentiloni e Gualtieri, rappresentanti di persone chiuse in casa che avrebbero proprio il diritto ad avere un’ altra Europa.
Rappresentanti di un Paese che dopo aver combattuto il coronavirus potrebbe essere strangolato dal Mes e dal ritorno dell’armamentario “liberal austero”.
Prodi, che di questo armamentario porta grande responsabilità da cui non si assolve per averlo poi definito un po’ stupido, ha parlato di eurobond indispensabili. Ne avranno parlato i “nostri” due? Gli audio non ci sono ma potrebbero dircelo.
Dimenticavo Letta, più “moderato” di Prodi. Ha parlato di Mes “incondizionato” come se ci potesse essere un Fmi senza il Washington consense (ha studiato, si capisce).
Veramente questo “potere” è nato per “servire” un sistema sbagliato. È ora di cambiare entrambi, sistema e potere.
I Cinquestelle che sono (o erano) per le riunioni in streaming chiedano a Gualtieri il riassunto dettagliato del formale e dell’informale.
Ma, allora, cosa si deve fare?
Nel mentre non si hanno certezze su quanto durerà la pandemia, le previsioni economiche sono catastrofiche.
Siccome ci sono specie che sono scomparse nella Storia del Pianeta perché incapaci di reagire ad eventi estremi o imprevisti c’è da chiedersi se l'”homo capitalisticus” non sia tra queste.
C’è una evidente schizofrenia tra la “potenza” economica, tecnica e scientifica che la specie ha realizzato e i modi di impiegarla.
Marx parlava di contraddizione tra sviluppo dei mezzi di produzione e rapporti di produzione. Che non avesse una idea “evoluzionistica” è chiarissimo da come profetizzasse o la liberazione grazie alla lotta di classe o la comune catastrofe.
Girano molto le ipotesi di Bill Gates che parlava di un virus che ci distruggerà. Con tutto il rispetto, e con la consapevolezza che la vita individuale e dell’Universo non è eterna, mi tengo Marx.
Se hai un Sistema che si fonda su profitto, produzione e consumo, con in più l’astrattezza della finanza e il dominio dei big data, e questo sistema crea l’homo capitalisticus, affrontare la complessità e l'”imprevisto” è impossibile.
Sei rigido e frammentato insieme. Sei “trincerato”, cioè non modificabile e sottoposto a tutte le retroazioni negative, cioè le onde di ritorno dei macigni che continui a gettare nello stagno, che è poi la nostra Terra.
Uso il linguaggio “ambientalista” perché è quello che da 40 anni poteva e doveva aiutarci.
Altro che “cspitalismo verde” o anche “green deal”. Abbiamo bisogno di una ecologia profonda, che usi la potenza come complessità e non come arma.
Il virus ci ricorda che la “natura” prescinde da noi. La scienza è fondamentale per questo. Come l’economia. Ma per saper capire, cambiare, riposizionarsi.
Se sei rigido muori. E il capitalismo lo è.
Di cosa abbiamo bisogno lo sapremmo. Di un governo mondiale democratico. Ne parlava Enrico Berlinguer addirittura nel 1975. La globalizzazione liberista è l’opposto.
Di una Europa democratica e sociale. Ne parlava Altiero Spinelli dal dopoguerra. La UE è l’opposto.
Di una economia che sia gestione attenta e solidale della casa comune. Ne hanno parlato comunisti e ambientalisti. Il capitalismo finanziario globalizzato è l’opposto.
Poi, certo, serve bloccare il patto di stabilità, fare gli eurobond ecc.
Ma la sfida vera torna ad essere la rivoluzione perché il re è nudo.
1 Commento. Nuovo commento
caro Roberto sono convinto anche io delle tue conclusioni, ma chi farà questa rivoluzione? Perché gli unici a volere dei cambiamenti prima di questa catastrofe, anche senza avere le idee molto chiare, erano le donne e gli immigrati che in europa rappresentavano un movimento (le donne) o una scintilla di ribellione. servirebbe un movimento organizzato dei “vecchi”, molti di loro combattenti in gioventù, che non possono lasciarsi andare all’idea di morire senza cure e senza combattere per averle. Che ritrovi il dialogo con i giovanissimi e che rompa lo schema del “padroni a casa propria”, una delle cause del dilagare dell’epidemia. Perché sovranismi e razzismo l’hanno causata e diffusa, in particolare nella UE. Sarebbe ora di redigere un manifesto nello stile di quello di Altiero Spinelli, ora che la nostra vita da reclusi ci costringe a riflettere e riorganizzare le fila partendo da tre parole: Dignità, Rispetto, Solidarietà. Mai come in questo momento siamo deboli e divisi, ma mai come in questo momento abbiamo davanti enormi spazi ed attenzione al cambiamento reale per abbattere quello che una volta si definiva “il nemico di classe” e riscrivere la teoria della rivoluzione. Siamo, mutatis mutandis, nella situazione dei leninisti durante la guerra, quando tentarono di cambiare la storia e dare una speranza. potremmo farlo senza ripetere quei funesti errori di cui vediamo gli effetti, unendo i diritti del lavoro a quelli individuali, sociali ed ambientali.