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Il Mondo sta cambiando, il Padrone no

di Roberto
Musacchio

L’incipit “occhettiano” “il mondo sta cambiando”, accompagna le più vecchie, trite e stantie delle affermazioni.

Per il neo-presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, naturalmente deve cambiare il sindacato.

Come? Accettando di passare dal contratto nazionale a quello aziendale.

Obiettivo condito da una litania di luoghi comuni sull’impresa che è l’unica che produce valore e dà lavoro. Sullo Stato che deve mettere i soldi ma, naturalmente, non deve pensarsi padrone.

Mentre è lui che si pensa Padrone dello Stato.

Lui, settentrionale, industrialista, proveniente da quella Confindustria lombarda che dovrebbe chiedere scusa per quel modello di sviluppo e quell’appoggi a scelte che hanno creato il disastro che ha colpito la pianura padana e pagato da tutto il Paese.

Non è fortunata coi “suoi padroni” l’Italia, siano essi vallettiani o marchioniani.

Portano tutti la responsabilità di aver impedito a questo Paese di mettere a frutto i propri talenti.

Questo è un Paese che, nonostante tutto, “compete”, per usare una parola che li eccita.

E lo fa nonostante i problemi strutturali che ha.

Il Sud piegato a logiche duali. La ridotta base occupazionale. La competizione di prezzo. L’assenza di strategie.

Le logiche dissipative del modello di sviluppo. L’emarginazione di giovani e donne.

L’ingiustizia del sistema fiscale.

Le grandi opere sbagliate. L’ideologismo delle privatizzazioni.

Lo smantellamento del welfare.

Tutte cose che portano il marchio dei padroni, quanto e più di un sistema politico sempre più omologato e piegato.

Ora questo padrone si trova ad aver l’Italia in un momento complicato, anzi drammatico.

L’incipit del mondo che cambia non riesce a celare che di questo cambiamento non ha proprio consapevolezza, accecato dalla logica di classe.

Il modello di sviluppo della pianura padana, che ha trainato l’integrazione subalterna nel modello ordoliberista della Europa Tedesca, è esausto.

Come lo è la UE incapace di combattere efficacemente la pandemia.

Scommettere sulla permanenza di una competitività a ribasso sulle esportazioni tradizionali nell’area UE, che serve a tenere a bada il lavoro e a spingere sulle privatizzazioni, non appare molto intelligente quando la pandemia ha colpito al cuore alcuni pilastri della globalizzazione e della UE. E quando la stessa “nuova” dimensione della competizione è quella sulle grandi reti della comunicazione e sul capitalismo verde assai più che sul just in time globale. Questa è la dimensione del conflitto tra Cina e USA e probabilmente il terreno su cui la governance europea più avveduta “dal suo punto di vista” pensa di collocare una UE forse almeno in parte post Maastricht.

Se così è la dimensione del capitalismo lombardo e “nordico” non è più un traino ma una gabbia.

Le battute contro il salvataggio di Alitalia sono una scemenza.

Il ruolo del pubblico non è di servitore sfruttato ma di colui che deve ridisegnare un paese in un mondo diverso, quello della pandemia.

Naturalmente serve un pubblico affrancato da 30 anni di “capitalismo reale” iper ideologizzato e incapace di resilienza.

Quello che Bonomi rappresenta in Italia.

Un pubblico che riprenda in mano la sfida di una diversa globalizzazione mentre recupera il suo essere soggetto imprescindibile di prossimità.

Indispensabile come la pandemia ha dimostrato.

Serve per fare questo il ritorno della Politica e della Sinistra. Purtroppo è difficile.

I padroni possono permettersi il lusso di non essere intelligenti perché sono classe per sé, in modo istintuale.

La politica e la sinistra no.

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1 Commento. Nuovo commento

  • Pier Giuseppe Arcangeli
    01/06/2020 20:37

    Al di là dell’analisi precisa e decisa, tagliente, apprezzo anche il periodare paratattico adottato da Roberto Musacchio, anche se a volte esagera. Transform! non è un social, anche se si pone giustamente l’obiettivo di intercettare e di (in)formare il ‘popolo social(ista)’. Attenti ai refusi da velocità scrittoria (ce ne sono diversi anche nell’articolo d Ferrari): respirare e rileggere, grazie!
    Comunque: ‘forte’ la chiusa… E a noi – che non ci possiamo permettere di non essere intelligenti – spetta il compito primario di costruire l’intellettuale collettivo… come un secolo fa, possibilmente oggi e in Europa. Non bastano le intenzioni, tanto meno le elezioni…

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