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Il digitale al servizio della militarizzazione delle società

di Roberto
Rosso

Quanto segue è una piccola appendice ai due precedenti articoli in cui sono state prese in considerazione le contraddizioni del percorso verso una ipotetica difesa europea distinta dalla organizzazione militare della NATO e lo sviluppo del confronto strategico-militare tra USA e Cina; l’obiettivo è quello di approfondire e puntualizzare alcuni temi trattati nei due articoli citati ed in altri che li hanno preceduti.

Le note che seguono hanno come argomento comune il processo di innovazione tecnologica dei sistemi militari, trainato dalle tecnologie digitali, in particolare da parte di USA e Cina, ed il suo inestricabile intreccio con ‘l’analogo processo in ‘campo civile’. Il finanziamento di attività di ricerca da parte del Pentagono e di una costellazione di agenzie collegate è un dato consolidato nella struttura dello sviluppo scientifico -tecnologico, ricordiamo il ruolo della agenzia DARPA. Oggi il settore della difesa continua a finanziare ed indirizzare l’attività di ricerca, ma l’interscambio, le sollecitazioni sono bidirezionali. Le tecnologie costituiscono un ecosistema in continua evoluzione, in grado di modificare pervasivamente quanto profondamente ogni forma di organizzazione sociale, economica, politica e culturale. Sempre più i più si associa al termine guerra l’attributo di ibrida; nella sua forma ibrida il confronto diretto sul campo di battaglia si associa alle forme di destabilizzazione del nemico/avversario -anche in tempo di pace, almeno formalmente- che vanno a colpire le sue capacità di comunicazione, raccolta ed elaborazione delle informazioni, i suoi processi di elaborazione e decisione strategica, sino all’influenza sugli orientamenti dell’opinione pubblica e la raccolta del consenso. Come è ovvio a questa attività di destabilizzazione del nemico/avversario corrisponde una eguale e contraria attività interna tendente consolidare invece il ‘fronte interno’ definito come tale in funzione di un confronto strategico con i paesi, le alleanze con cui si è in competizione per la conquista di una egemonia globale. La sicurezza interna si basa sempre di più, anche se è così da sempre, sul controllo delle infrastrutture che regolano la riproduzione sociale a tutti i livelli, sui processi d’innovazione, sul controllo ed orientamento della pubblica opinione ed in ultima analisi di regolazione di tutti i conflitti che caratterizzano ogni formazione sociale, sia pure in dipendenza dalla forma di governo politico ed organizzazione statuale.

Il tema della sicurezza nel suo sviluppo sfuma le distinzioni tra il politico, il civile ed il militare, abitua le popolazioni ad una sorta di condizione di belligeranza permanente. In questo contesto il controllo sociale si realizza nel rapporto tra gli apparati statuali e agenzie private che veicolano la comunicazione sociale i cosiddetti ‘social networks’ che veicolano le relazioni tra centinaia di milioni, miliardi di persone; un rapporto che oscilla tra collaborazione e conflitto su cui gli stati stanno intervenendo secondo con modalità che dipendono dai caratteri dei regimi politici dominanti. La potenza complessiva dei media sociali digitali dipende dalla capacità di influenzare e veicolare gli orientamenti ad ogni livello della massa dei loro utenti tanto quanto dal potere finanziario accumulato.

Il tema della sicurezza costituisce di per sé un continuum di temi e riferimenti, che variano a seconda delle epoche, dove la distinzione tra sicurezza interna e  esterna spesso fuma; tipico è il caso delle migrazioni legato alla percezione del contesto dal quale provengono, in termini di guerre , conflitti armati più o meno endemici, degrado economico, sociale e climatico, fattori tra loro interagenti a cui si riportano poi le problematiche di sicurezza strategica , come nel caso degli approvvigionamenti di materie prime energetiche, alimentari.

La condizione del paese in guerra ovviamente esalta il tema del nemico interno, della solidarietà nazionale e della eliminazione dei conflitti sociali in nome dell’unico interesse nazionale; del resto nei periodi di crisi, di cosiddetta emergenza l’appello all’unità della nazione, la riduzione ai minimi termini dei conflitti è la regola.

Il nesso tra sicurezza interna ed esterna, la condizione di belligeranza latente, fanno parte della condizione cui si è indotti a vivere nella società del tutto digitale; una condizione in cui le crisi regionali e globali si succedono, si riverberano sulla nostra condizione quotidiana, tra trionfo e crisi della globalizzazione, in un contesto in cui la precarietà delle condizioni di vita personali, locali si salda con quella dei processi globali consegnandoci ad un futuro di incerto. Il dispositivo digitale globale, entro cui viviamo variamente connessi, dal quale dipendiamo per costruirci una idea del mondo, che viene alimentata da una frazione infinitesima -che a noi perviene- di quella mole smisurata di dati che questo dispositivo raccoglie ed elabora. È estremamente difficoltoso, per usare un eufemismo, costruirsi una immagine condivisa dello stato delle cose, localmente e globalmente, costruirla attraverso la partecipazione e l’interazione tra una pluralità di soggetti e punti di vista, attraverso la condivisione e la verifica della conoscenza e dei saperi. Entro questa condizione è difficile superare la semplice enunciazione di principi generali per passare ad una definizione di strategie e pratiche efficaci, capaci di modificare nel profondo lo stato delle cose.

Quanto meno riusciamo ad incidere individualmente e collettivamente sulla realtà quanto più ci affidiamo alla presunta verità che lo scenario della comunicazione digitale ci offre ovvero alle diverse rappresentazioni che noi stessi siamo portati a ritagliarci a partire dalle relazioni e dei contenuti che il nostro essere connessi ci offre.

La precarietà della condizione individuale e collettiva, che si alimenta della estrema polarizzazione delle condizioni di vita  e dell’accesso alla ricchezza sociale, se è una condizione per la creazione di un dominio, che si fonda sulla riproposizione continua di una condizione emergenziale, costituisce  anche un fattore di vulnerabilità degli assetti di ogni società su cui le tecniche della guerra  ibrida possono incidere. La natura profonda del rapporto di capitale è la tendenza al superamento costante di sé stesso, alla trasformazione continua delle condizioni della propria riproduzione, in ciò pone la condizione delle proprie crisi, la svalorizzazione del proprio prodotto, la rottura di ogni equilibrio raggiunto.

In questi ultimi due anni stiamo vivendo questo processo nell’intreccio di tutte le crisi possibili ed immaginabili, dove la pandemia ha fatto strike facendo crollare tutti birilli, rendendo evidenti gli equilibri precari di ogni filiera produttiva, logistica e finanziare, le conseguenze del cambiamento climatico. L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha dato il colpo di grazia, distruggendo ogni illusione sul fatto che sia possibile un approccio graduale alla riconversione radicale dei rapporti sociali di produzione necessaria per affrontare le conseguenze del riscaldamento globale. Il disordine è grande, la confusione e massima, per restare al cambiamento climatico, si confondono gli strumenti e gli interventi necessari ad affrontare la crisi e l’inflazione delle materie prime energetiche con quelli da adottare per contrastare il riscaldamento globale; tempi e modalità del tutto differenti. Nel tentativo spasmodico di sottrarsi all’intreccio delle crisi si separano nettamente i destini tra i diversi paesi in base al diverso grado in cui si è capaci di dominare i grandi fattori di queste crisi, sul piano economico, tecnologico, energetico ed alimentare in particolare, e finanziario. Si ritorna quindi ad una evoluzione dei rapporti globali e della evoluzione delle singole società nel quale diventa dominante la necessità di garantire la sicurezza interna assieme a quella esterna, la capacità di competere su tutti i piani, in tutte le forme possibili.

Il dispositivo digitale globale, così definito in base ad una ontologia che individua i grandi oggetti che strutturano la realtà in cui viviamo, perde la sua ragion d’essere in quanto produttore di una nuova razionalità nei rapporti sociali ad ogni livello; certo si continua ad alimentare una ideologia per cui questo è ancora vero e possibile, Nella realtà esso è sempre di più lo strumento di quella condizione di belligeranza  in cui siamo costretti a vivere, di quella competizione che si traduce in una condizione di guerra potenziale sempre pronta a diventare attuale. Questo carattere di fondo dell’evoluzione del sistema delle tecnologie governato dal digitale deve essere analizzato e affrontato adeguatamente si si vuole costruire le condizioni per una pace universale che in tutta evidenza sono ben lontane dall’essere realizzare.

Significativa in proposito è la descrizione che viene fatta della strategia cinese, che ovviamente non costituisce una eccezione, sul sito War on Rocks1. SI parla di ‘intelligendezed warfare’di cui si ha menzione da parte del governo cinese nel 2019 che ha come focus l’intervento sui processi cognitivi ed il cui campo di applicazione dovrebbe essere Taiwan. Lo strumento dovrebbe essere quello dell’intelligenza Artificiale per poter interferire con le capacità di elaborazione, coordinamento e decisione degli apparati dirigenti2; eventuali dispositivi d’arma da  utilizzare dovrebbero essere dotati di una capacità di intervento autonoma, individuale o di sistema oltre che di dispositivi comandati a distanza alla cui presenza ci stiamo abituando sempre di più. Il corrispondente modello strategico statunitense è quello del  ‘Unified Network Warfare’ di cui abbiamo parlato nel precedente articolo, tuttavia la dottrina militare cinese che sta emergendo è particolarmente caratterizzata dal salto verso l’accresciuta ‘intelligenza autonoma dei propri sistemi d’arma’ ovvero ‘sistemi di sistemi’  verso l’intervento sulle capacità cognitive in senso lato degli apparati militari e civili del nemico/avversario, visto come nemico o avversario a seconda del livello dello scontro3.

L’uso della Intelligenza Artificiale dovrebbe mettere in grado di indurre in confusione i centri decisionali nemici attraverso una più rapida capacità decisionale, basata su un maggior livello di informazione, e traverso disinformazione e disorientamento; pratiche ovviamente proprie di un periodo di confronto bellico diretto quanto di periodo di confronto indiretto.

In tutta evidenza non si definisce alcuna soluzione di continuità sostanziale tra le strategie di confronto e competizione di tipo civile e di tipo militare. Nel documento ‘Annual Report to Congress: Military and Security Developments Involving the People’s Republic of China’ del OFFICE OF THE SECRETARY OF DEFENSE si illustra la Military-Civil Fusion (MCF; 军民融合) Development Strategy

Che ha l’obiettivo di fondere le strategie di sviluppo econoco, sociale e di sicuerezza in senso lato per costruire uno sistema strategico nazionale4.

L’analisi di parte statunitense della strategia cinese corrisponde ad uno sviluppo analogo in casa propria anche se non coincidente nella propria strategia, ciò che è assolutamente sovrapponibile in termini generali è la totale integrazione dei termini della competizione sul piano civile con quello militare, dove il secondo è il luogo dove si definiscono le strategie complessive; o meglio i concetti dell’uno e dell’altro ambito si si integrano tra loro. Nulla di nuovo se si pensa al concetto storico di imperialismo, del tutto nuovo se si pensa alla natura della formazione sociale in cui ciò si realizza sulla base dell’integrazione permessa dal dispositivo digitale globale.

Negli Stati Uniti l’ondata di soluzioni innovative che il sistema produttivo e di ricerca nel suo complessò realizza preme sugli equilibri e le forme di governo degli apparati strategici e militari5. Nel 2015 fu istituita negli USA la Defense Innovation Unit6 con l’obiettivo di stimolare la nascita di nuove imprese impegnate nell’innovare il campo delle tecnologie militari a partire dalla eliminazione dei confini tra ricerca a scopi militari e ricerca a scopi civili, passaggio necessario reso possibile dall’ubiquità di impiego delle nuove tecnologie7 D’altra parte il riferimento per questa politica è l’analogo sforzo da parte cinese che in questo caso è stato preso ad esempio essendo in stato più avanzato8.

Queste poche note aggiunte ai due precedenti articoli indicano la digitalizzazione dell’economia, della riproduzione sociale in ogni suo aspetto, non costituisca uno strumento di pacificazione , di riduzione delle contraddizione dei rapporti sociali complessivi, ma sia al contrario lo strumento di una loro militarizzazione nel senso più ampio dl termine , strumento non di una maggiore razionalità ed equità delle società in cui viviamo semmai del loro contrario.

 

 

  1. https://warontherocks.com/2022/04/new-tech-new-concepts-chinas-plans-for-ai-and-cognitive-warfare/ []
  2. “integrated warfare waged in land, sea, air, space, electromagnetic, cyber, and cognitive arenas using intelligent weaponry and equipment and their associated operation methods, underpinned by the IoT [internet of things] information system.”[]
  3. https://www.defenseone.com/ideas/2021/09/how-chinese-strategists-think-ai-will-power-military-leap-ahead/185409/  []
  4. Beijing’s MCF strategy includes objectives to develop and acquire advanced dual-use technology for military purposes and deepen reform of the national defense science and technology industries, and serves a broader purpose to strengthen all of the PRC’s instruments of national power.
    The PRC’s MCF development strategy encompasses six interrelated efforts: (1) fusing China’s defense industrial base and its civilian technology and industrial base; (2) integrating and leveraging science and technology innovations across military and civilian sectors; (3) cultivating talent and blending military and civilian expertise and knowledge; (4) building military requirements into civilian infrastructure and leveraging civilian construction for military purposes; (5) leveraging civilian service and logistics capabilities for military purposes; and, (6) expanding and deepening China’s national defense mobilization system to include all relevant aspects of its society and economy for use in competition and war.[]
  5. https://warontherocks.com/2022/04/as-silicon-valley-tries-to-enlist-the-pentagon-strangles-innovation/ []
  6. https://www.diu.mil/ []
  7. America’s national security is inexorably intertwined with commercial technology, such as drones, AI, machine learning, autonomy, biotech, cyber, quantum, high-performance computing, and commercial access to space. Most of these companies were founded or funded by the Defense Department’s orphan-child — the Defense Innovation Unit. Established in Silicon Valley in 2015 by then-Secretary of Defense Ash Carter, the organization has offices in Austin, Boston, Chicago, and Washington, D.C. This is the one defense organization with the staffing and mandate to go head-to-head with any startup or scaleup. The Defense Innovation Unit is America’s most promising effort to bridge the divide between pressing national security requirements and the commercial technology needed to address them with speed and urgency. []
  8. China views combining its military-civilian sectors as a national effort to develop a “world-class” military and become a world leader in science and technology. A key part of Beijing’s strategy includes developing and acquiring advanced dual-use technology.[]
Cina USA, digitale, guerra
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