Solo 10 giorni prima di essere eletto presidente del Senegal, Bassirou Diomaye Faye era in prigione. Ha un orientamento politico di sinistra e ha proposto un cambiamento radicale del sistema politico, una maggiore sovranità anti-francese e panafricana. Un nuovo corso che include nuove partnership con le società straniere. Nella sua prima dichiarazione, il presidente eletto ha voluto sottolineare che il Senegal resterà un “alleato sicuro e affidabile” per i partner che “vorranno “impegnarsi con noi in una cooperazione virtuosa, rispettosa e mutuamente proficua”. Un avvertimento discreto per la Francia e le sue multinazionali.
L’elezione di Bassirou Diomaye (“l’onorevole” nella lingua locale Serer) Faye come nuovo presidente del Senegal (insediatosi il 2 aprile) con più del 54% dei voti (il candidato della coalizione di governo Amadou Ba ha ottenuto più del 35%; circa il 71% dei 7,3 milioni di elettori registrati si è recato alle urne) conferma il cambiamento politico sostenuto da una coalizione centrata sul partito di opposizione Patrioti africani del Senegal per il lavoro, l’etica e la fratellanza (PASTEF), un partito di cui era segretario generale e che veniva definito “populista di sinistra” dagli osservatori1. Faye si è dovuto presentare come un candidato indipendente a causa dello scioglimento del PASTEF lo scorso luglio per l’accusa di aver provocato disordini. È stata la prima volta dall’indipendenza del Senegal dalla Francia nel 1960 che un candidato dell’opposizione ha vinto al primo turno delle elezioni presidenziali.
Una rottura totale con il sistema politico del presidente uscente Macky Sall (per 12 anni al potere): questa è la promessa fatta da Diomaye Faye e dal suo mentore/amico/alleato Ousmane Sonko2, che sembra aver avuto particolare risonanza tra la popolazione senegalese. Il binomio Faye-Sonko ha affascinato coloro che si sono sentiti esclusi dal boom economico del paese pre-CoVid-19, una storia di successo decennale che ha fatto guadagnare al paese elogi internazionali per essere diventato una delle economie in più rapida crescita nell’Africa francofona, ma che non è riuscita a tradursi in posti di lavoro e migliori opportunità per i giovani. Il nuovo presidente dovrà rispondere alle aspettative della popolazione in un contesto economico difficile. L’inflazione rimane elevata, la crescita ha rallentato significativamente dopo la pandemia di Covid-19 e la guerra in Ucraina. Le conseguenze economiche della crisi politica degli ultimi tre anni si sono fatte sentire in tutto il paese. Tra i principali settori economici colpiti c’è il turismo. Dall’inizio della crisi circa il 25-30% delle prenotazioni turistiche sono state cancellate.
Faye era stato messo al centro della politica senegalese poco più di una settimana prima delle elezioni, dopo essere stato rilasciato dal carcere insieme a Ousmane Sonko, che era stato squalificato dalle elezioni a causa di due condanne e aveva dato il suo appoggio a Faye in novembre. Il 14 aprile 2023, Faye era stato arrestato con l’accusa di diffusione di notizie false, oltraggio alla corte e diffamazione di un ente costituito (il sistema giudiziario), per un post sul social media Facebook. Il 1° giugno 2023 Ousmane Sonko, che era il leader dell’opposizione, era stato condannato a due anni di prigione, dopo che il tribunale lo aveva assolto dall’accusa di stupro (era accusato di aver violentato una donna che lavorava in una sala massaggi nel febbraio 2021), ma lo ha ritenuto colpevole di un altro reato: comportamento immorale nei confronti di individui di età inferiore ai 21 anni. È stato condannato anche per diffamazione del ministro del Turismo. I sostenitori di Sonko avevano reagito con violente proteste nelle strade, assalti ai supermercati e alle pompe di benzina, e almeno 16 persone sono morte negli scontri con la polizia3. Affermavano che le accuse contro Sonko erano uno stratagemma per impedirgli di candidarsi alle elezioni presidenziali del 2024. Sonko era stato arrestato il 31 luglio con molteplici accuse, tra cui provocazione dell’insurrezione, cospirazione con gruppi “terroristici“. Sempre in luglio, Sall aveva annunciato che non avrebbe partecipato alle elezioni per un terzo mandato a causa de disordini politici, ribadendo che la costituzione del Senegal glielo avrebbe consentito4. Sonko aveva chiesto a Sall di ritirarsi da queste elezioni, accusandolo di reprimere l’opposizione per eliminare la concorrenza. Faye, insieme a Sonko, era stato rilasciato solo il 14 marzo (dopo 11 mesi di carcerazione cautelare), dieci giorni prima del voto, dopo che era stata approvata una legge su un’amnistia generale voluta dal presidente Sall come misura di “pacificazione sociale” per placare le proteste scatenatesi dopo che il 3 febbraio Sall aveva deciso di rinviare le elezioni (al 15 dicembre) originariamente previste per il 25 febbraio5. Il Senegal, faro di stabilità e democrazia nell’Africa occidentale (un paese dove non si sono mai verificati colpi di Stato e conflitti armati), è stato così scosso da nuove proteste con 4 morti e decine di feriti. Solo a seguito dell’intervento deciso della Corte Costituzionale, le manovre di Sall sono state bloccate e le elezioni presidenziali si sono tenute il 24 marzo.
Faye ha potuto rivolgersi agli elettori di persona solo dopo il suo rilascio (con la campagna elettorale che era iniziata il 9 marzo), correndo sotto lo slogan “Diomaye mooy Ousmane“, che significa “Diomaye è Ousmane” nella lingua wolof. Un ex ispettore delle imposte e dei patrimoni, oltre che un avvocato, ha condotto una campagna elettorale sulla lotta alla povertà e alla corruzione. Ha accusato Macky Sall e il suo governo di corruzione6 e di non essere riuscito ad affrontare la povertà cronica.
Faye è stato eletto presidente all’età di 44 anni diventando il più giovane presidente mai eletto nella storia del Senegal7. La sua giovinezza fa ben sperare in un profondo rinnovamento per un’intera fascia della popolazione, in un Paese dove quasi due terzi dei 18 milioni di abitanti hanno meno di 25 anni e un terzo di loro è senza un lavoro. Faye ha avuto un enorme appoggio dell’elettorato giovane (soprattutto maschile) urbanizzato con grande accesso ai social media. Ha fatto il pieno di voti nelle periferie di Dakar e di molte altre concentrazioni urbane chiave, tra cui Thiès, Ziguinchor e la città santa di Touba, sede della confraternita religiosa dei Mouride, importanti bacini di voto della gioventù senegalese. Nell’area metropolitana della capitale, dove vive circa il 26% degli elettori totali, con un milione di aventi diritto, Faye ha ottenuto più di 286 mila voti contro i 118 circa del candidato governativo Ba; cioè molto più del doppio. In un Paese in cui il 40% della popolazione vive sotto la soglia di povertà, sono soprattutto i giovani a dover emigrare in Europa o in America per cercare di migliorare le proprie prospettive.
Ciò che Faye e Sonko hanno espresso come obiettivo è innanzitutto una rivendicazione della sovranità. Nel paese c’è un forte risentimento antioccidentale e, in particolare anti-francese. La Francia viene accusata di interferire pesantemente sul piano politico ed economico nelle decisioni del governo. Una ridefinizione dei rapporti tra Senegal e Francia sembra ora scontata. Non si tratta di una questione da poco, in un paese che ha rappresentato una delle vetrine dell’influenza francese in Africa occidentale e nel Sahel8. Una delle questioni più delicate riguarda il franco CFA, la moneta sostenuta dal Tesoro francese che viene utilizzata da 14 paesi dell’Africa occidentale ex francese. Faye vuole liberare il Senegal dal franco CFA ereditato dall’era coloniale, che è ancorato all’euro e costringe i 14 Paesi della regione a rinunciare alla propria sovranità monetaria e a mantenere almeno la metà delle loro riserve valutarie presso la Banque de France. Faye propone di introdurre una nuova moneta da far nascere nell’ambito dell’Ecowacs/Cedeao, la Comunità Economica degli Stati dell’Africa dell’Ovest nel 2027, l’éco (un progetto che ha subito una battuta d’arresto a seguito del ritiro di Niger, Burkina Faso e Mali dal blocco9) o, in alternativa, una divisa nazionale, dopo avere aumentato le riserve auree e appianato il bilancio.
Intanto, il presidente francese Macron ha rivolto a Faye “calde congratulazioni” e ha affermato che la Francia vuole “continuare e intensificare la partnership” tra i loro paesi. Di fronte all’elezione di Faye, la Francia vuole evitare la rottura, notando che questi rivendica una visione “sovranista”, ma non esclude anche un rapporto costruttivo con l’ex potenza coloniale. La telefonata di Macron, venerdì 29 marzo, a Faye, è durata una buona mezz’ora e ha permesso un dibattito “molto positivo“, ha sottolineato l’Eliseo10. Anche il segretario di Stato americano, Antony Blinken, ha parlato lunedì al telefono con il presidente eletto e “ha sottolineato il forte interesse degli Stati Uniti ad approfondire la partnership” tra i due paesi, ha affermato il Dipartimento di Stato. Nel suo primo discorso pubblico da presidente, Faye ha ribadito ai partner stranieri la necessità di “un’apertura del Senegal al commercio che rispetti la nostra sovranità e soddisfi le aspirazioni del nostro popolo, in un partenariato reciprocamente vantaggioso”.
Per ritrovare la tranquillità di bilancio, la squadra del nuovo presidente dovrà rinegoziare il debito senegalese, sul modello dello Zambia o del Ghana. Il Senegal è uno dei paesi più indebitati del continente. Con un debito pari a circa il 75% del PIL, il Senegal è il 12° paese più indebitato del continente e i margini finanziari di azione sono quindi limitati. Dovrà recuperare risorse fiscali rimuovendo le numerose esenzioni, ampliando la base imponibile attualmente molto ridotta e rafforzando il controllo sul pagamento delle tasse da parte delle imprese straniere.
Secondo El Hadji Saer Faye, deputato senior responsabile della pianificazione e delle risorse umane della coalizione di Diomaye Faye, ciò significa “riazzerare il contatore“. “Abbiamo sostenuto una rottura, ma positiva, per dare alla popolazione fiducia e una nuova prospettiva di vita“. Ciò include un radicale cambiamento nella politica economica rispetto a quella seguita da Sall: un’agricoltura e un settore ittico11 che permettano ai senegalesi di essere autosufficienti dal punto di vista alimentare, una minore importazione di prodotti alimentari industriali e, soprattutto, la creazione di una massiccia nuova occupazione per i giovani. Risolvere il problema della disoccupazione richiederà tempo e non sarà facile, perché è l’intera struttura dell’economia che deve essere modificata. La regione della capitale Dakar concentra ancora l’80% degli investimenti pubblici e Faye propone un progetto di decentramento economico. Si dovrebbero creare otto cluster agroindustriali regionali, ha precisato Cheikh Fatma Diop, autore dell’ex programma PASTEF, affinché le imprese possano insediarsi, in particolare piccole e medie imprese, “per sfruttare le risorse attorno alle arachidi al centro, attorno alla frutta e alla verdura nel sud, intorno ai prodotti ittici nella costa”. Misure ambiziose che richiederanno ingenti risorse da parte dello Stato, anche se meno spese andranno per le grandi infrastrutture.
Sall ha investito diversi miliardi di franchi CFA nel suo Piano di emergenza per il Senegal e ha costruito strade, ospedali, nuove università e infrastrutture di trasporto, ma questi progetti non hanno sufficientemente soddisfatto i bisogni reali della popolazione senegalese. Sall è stato anche criticato per aver dato priorità agli interessi e alle imprese straniere rispetto a quelle locali. Il paese è in crescita economica, ma questa crescita economica viene estratta verso l’esterno, perché è realizzata dalle multinazionali straniere (soprattutto francesi) e non porta grandi benefici alla gran parte della popolazione del Senegal.
Faye si è impegnato anche a rinegoziare i contratti e i partenariati firmati con aziende straniere nel settore minerario – soprattutto per quanto riguarda l’estrazione e l’export di petrolio e gas (scoperti di recente) con la francese Total Energies – per garantire che la popolazione senegalese tragga maggiori benefici dalla crescita del paese. La scoperta di oltre 1 miliardo di barili di petrolio e 900 miliardi di metri cubi di gas alimenta le speranze di ricchezza futura, una prospettiva significativa in un paese dove secondo il Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite il 39% delle persone vive in povertà. Il Fondo monetario internazionale ha rafforzato tali speranze, prevedendo una crescita economica dell’8,8% quest’anno a causa del previsto inizio della produzione di petrolio e gas – più del doppio della cifra dell’anno scorso12.
Nonostante la forte presenza degli interessi economici francesi, oggi il maggior partner economico del paese è la Cina. È possibile che Faye possa provare a rinegoziare i contratti minerari con le imprese francesi per dare ai senegalesi un maggiore controllo sulle proprie risorse e profitti, giocando la carta cinese. La Russia rimane per ora fuori dal quadro anche perché il Senegal non ha bisogno di un supporto militare.
Nel suo primo discorso di accettazione, Faye ha detto: “Eleggendomi, il popolo senegalese ha deciso di rompere con il passato. Prometto di governare con umiltà e trasparenza. Mi impegno a dedicarmi completamente alla ricostruzione delle nostre istituzioni”. Faye vorrà rassicurare e dimostrare rapidamente la propria competenza. Nel suo primo atto da presidente, Faye ha nominato primo ministro il suo mentore e alleato Ousmane Sonko. Faye ha promesso che il governo sarà composto da “uomini e donne senegalesi dell’interno e della diaspora noti per la loro competenza, la loro integrità e il loro patriottismo”, ha indicato13. Il nervosismo finanziario o la mancanza di fiducia delle imprese ostacolerebbero lo sforzo del governo di rilanciare la crescita e ridurre la disoccupazione. La questione aperta è come la proposta politica di rinnovamento avanzata da Faye si realizzerà nel concreto. Che tipo di compromessi (parlamentari e internazionali) sarà disponibile a fare o sarà costretto ad accettare? Certo Faye dovrà cercare di soddisfare almeno una parte delle grandi aspettative – creazione di nuovi posti di lavoro, lotta alla corruzione, sovranità alimentare, etc. – che si sono create fra la popolazione senegalese. Soprattutto, dovrà dimostrare ai senegalesi che vivono in una democrazia che è in grado di produrre benefici per tutta la popolazione.
La vittoria elettorale di Faye avrà certamente effetti in tutta l’Africa occidentale e in tutte nelle nazioni francofone del continente. Il disincanto nei confronti della vecchia classe politica si è fatto sentire, e i colpi di Stato militari nel Sahel e in Guinea e Gabon hanno sfruttato queste frustrazioni. Ora i senegalesi hanno dimostrato che i cittadini possono usare le urne per rimuovere un’amministrazione screditata. Lo hanno fatto in un processo pacifico (nonostante le tattiche repressive e manipolatorie utilizzate da Sall contro gli oppositori Sanko-Faye) e trasparente, protetto dalla legge e dalle istituzioni statali. Dimostrando che con le elezioni si può cambiare, questo potrebbe dare una nuova spinta al rilancio e rinnovamento della politica in tutto il continente. “Davanti a Dio e alla nazione senegalese, giuro di adempiere fedelmente alla carica di presidente della Repubblica del Senegal e di osservare scrupolosamente le disposizioni della Costituzione e delle leggi”, ha detto Faye davanti a centinaia di funzionari e diversi capi di Stato africani nel suo primo discorso pubblico da presidente. Ha promesso di difendere “l’integrità del territorio e l’indipendenza nazionale, e di non risparmiare alcuno sforzo per raggiungere l’unità africana”. “Sono consapevole che i risultati delle urne esprimono un profondo desiderio di cambiamento sistemico. Sotto la mia guida, il Senegal sarà un paese di speranza, un paese pacifico con un sistema giudiziario indipendente e una democrazia rafforzata”.
Alessandro Scassellati
- La candidatura di Bassirou Diomaye Faye è stata appoggiata da Khalifa Sall, ex sindaco di Dakar, e da un altro importante oppositore del governo, Karim Wade (figlio dell’ex presidente), del Partito democratico, dopo che il Consiglio costituzionale aveva respinto la sua candidatura.[↩]
- Faye è nato nel 1980 a Ndiaganiao, nel Senegal centro-occidentale. Il nonno di Faye combatté nell’esercito coloniale francese contro la Germania nazista durante la seconda guerra mondiale. Ma dopo ciò, portò la battaglia a casa e affrontò gli amministratori coloniali francesi per la costruzione di una scuola superiore distrettuale, una battaglia che si rivelò più difficile delle trincee di guerra perché i coloni francesi vedevano gli africani istruiti come una minaccia al loro dominio. La sua tenacia lo portò in prigione, ma alla fine la scuola fu costruita. È qui che il futuro presidente è andato a scuola. Il padre Samba Faye è stato membro del Partito socialista senegalese e suo figlio è cresciuto con ideali di sinistra. Faye ha incontrato Sonko mentre lavorava come ispettore nel dipartimento fiscale e patrimoniale del governo, dove hanno contribuito alla formazione di un sindacato e del partito nel 2014.[↩]
- Le proteste e gli episodi di disordini violenti dal 2021 hanno provocato 60 morti, centinaia di feriti e centinaia di arresti in un paese spesso considerato un pilastro della stabilità dell’Africa occidentale, dove negli ultimi decenni si sono verificati dozzine di colpi di Stato e tentativi di colpo di Stato. Le proteste di luglio non hanno riguardato solo il Senegal, ma anche i giovani della diaspora: i consolati di Milano, di New York, di Bordeaux sono stati presi d’assalto dai manifestanti anti-Sall, tanto che Dakar ha dovuto momentaneamente chiudere le sue ambasciate nel mondo per evitare ulteriori violenze. Il secondo mandato di Sall è stato segnato dalla violenza e dal declino democratico, che hanno lasciato l’amaro in bocca a molti senegalesi. Secondo Human Rights Watch, negli ultimi tre anni decine di manifestanti sono stati uccisi e 1.000 persone sono state incriminate per accuse motivate politicamente. “Ho ricordi dolorosi dei martiri della democrazia senegalese, degli amputati, dei feriti e degli ex prigionieri“, ha detto Faye nel suo primo discorso pubblico da presidente, riferendosi agli ultimi tre anni di disordini politici. “Tengo sempre presenti i grandi sacrifici fatti per non deludervi mai”.[↩]
- I limiti ai mandati sono stati un argomento molto dibattuto in Senegal negli ultimi due decenni. Quando l’ex presidente Abdoulaye Wade salì al potere nel 2000, la Costituzione non prevedeva limiti di mandato. Wade aveva modificato le regole nel 2001 per imporre un limite di due mandati. Tuttavia, per prolungare il proprio mandato, Wade aveva condotto con successo una campagna per un terzo mandato, ottenendo l’approvazione della più alta corte del Senegal.[↩]
- Il 6 marzo, 18 giorni prima delle elezioni, Sall ha approvato una legge di amnistia approvato dal parlamento per rilasciare e graziare tutti coloro che erano stati coinvolti in crimini durante le violenze politiche avvenute dal 2021 al 2024. Le organizzazioni per i diritti umani hanno criticato la legge sull’amnistia, vedendola come un pretesto per proteggere le forze di sicurezza e gli uomini assoldati coinvolti nella brutalità della polizia e nell’uccisione di manifestanti – crimini che ora non saranno più indagati e, quindi, rimarranno impuniti. Ma l’amnistia ha assicurato anche il rilascio di Sonko e Faye, liberati meno di due settimane prima delle elezioni, dando vita alla loro campagna presidenziale.[↩]
- Ha provocato un profondo risentimento la nomina da parte del presidente di suo fratello Aliou – accusato di aver fatto affari con il petrolio – a capo di un fondo di investimento statale. D’altra parte, la lotta alla corruzione potrebbe consentire di liberare ogni anno diversi miliardi di franchi CFA per poterli utilizzare per nuovi interventi pubblici.[↩]
- Faye è un musulmano convinto e conservatore e ha due mogli. La seconda, Absa, è musulmana; la prima, Marie Khone, madre dei suoi quattro figli, è cristiana. In un’intervista pre-elettorale a Le Monde – giornale scelto per far arrivare il suo messaggio ai politici di Parigi – Faye ha dichiarato che la sua fede è una questione personale, osservando che “il Senegal rimane un Paese democratico, una repubblica che ha scelto la laicità, sancita dalla Costituzione”.[↩]
- Basti pensare che il primo presidente fu Léopold Sedar Senghor, poeta uscito dall’École normale supérieure francese, e quello uscente Macky Sall è stato molto vicino a Macron (che avrebbe lavorato duramente per convincerlo a non forzare la mano e a lasciare il potere). Negli ultimi anni, la Francia è stata costretta a lasciare il Mali, il Burkina Faso e il Niger a causa di colpi di Stato militari (su le vicende dei tre paesi del Sahel, si vedano i nostri articoli qui, qui, qui, qui,qui, qui e qui). Il nuovo governo potrebbe rimettere in discussione la presenza della base militare francese a Dakar.[↩]
- Gli osservatori ritengono che le nuove autorità senegalesi potrebbero addirittura agevolare il dialogo con la Comunità affinché Mali, Niger e Burkina Faso riconsiderino la loro decisione di abbandonare l’organizzazione regionale.[↩]
- Mesi fa, la Francia ha inviato in Senegal funzionari di alto livello per incontrare privatamente Sonko e rassicurarlo che avrebbe lavorato con chiunque i senegalesi avessero scelto come presidente.[↩]
- Le centinaia di migliaia di piccoli pescatori del Senegal sperano che il nuovo presidente li aiuti a riempire le reti con uno spostamento di 20 km della zona di pesca a loro riservata e altre misure. Mentre le imbarcazioni straniere e i pescherecci da traino illegali riducono gli stock ittici, i pescatori locali vogliono che il governo di Diomaye Faye porti un cambiamento. La diminuzione degli stock ittici in Senegal, dovuta alle imbarcazioni industriali straniere che esportano il pesce lontano dal Senegal, minaccia la sopravvivenza della tradizione secolare della pesca artigianale. Negli ultimi anni, sotto il presidente Sall, la pesca legale da parte di pescherecci industriali stranieri provenienti da Cina, Europa e Turchia che avevano firmato contratti con il governo, ha decimato gli stock ittici del Senegal, lasciando i pescatori artigianali con le reti vuote. Secondo i pescatori, questa scarsità ha anche portato ad un forte aumento dei prezzi del pesce locale, influenzando in modo significativo l’apporto nutrizionale delle persone, dato che, secondo i dati del 2017, i senegalesi ottengono circa il 40% delle loro proteine animali dai prodotti ittici. Nel 2018, secondo la FAO, il valore delle esportazioni legali di pesce del Senegal ha superato i 490 milioni di dollari, rappresentando il 10% delle esportazioni del paese, dietro solo a fosfati, petrolio e oro. Secondo l’Institute for Security Studies, il Senegal perde 272 milioni di dollari all’anno anche a causa della pesca industriale illegale e non autorizzata da parte di imbarcazioni straniere. Negli ultimi anni le aziende cinesi e spagnole che producono farina di pesce in Senegal, che trasformano il pescato in mangime per pesci da allevamento, hanno raccolto dure critiche. Su questi temi si veda il nostro articolo qui.[↩]
- Il FMI ha recentemente approvato un programma di aiuti da 1,8 miliardi di dollari, basato su una crescita dell’8,8% nel 2024. Tuttavia esiste il rischio che i futuri investimenti vengano rinviati, il che potrebbe mettere a repentaglio la crescita economica prevista.[↩]
- Sembra quindi probabile la nomina di alcuni ex ministri e altre figure pubbliche di tutto rispetto: forse l’ex premier Aminata Touré – che ha sostenuto Sonko negli ultimi 18 mesi – o Thierno Alassane Sall, parlamentare noto per il suo impegno a favore del rigore finanziario e della trasparenza. Faye avrà anche bisogno di una maggioranza legislativa nell’Assemblea nazionale, che conta 165 seggi. Attualmente, l’alleanza Yewwi Askan Wi che ha appoggiato Faye ha solo 56 seggi. Anche se riuscirà a contare sulla partnership con i 24 sostenitori di Wade e a ottenere il sostegno dei due veri indipendenti, non riuscirà a raggiungere la maggioranza. Dovrà trattare l’appoggio parlamentare con una parte dei seguaci di Sall. Un’altra opzione sarebbe quella di indire elezioni legislative anticipate nel corso dell’anno. Ciò consentirebbe alla squadra di Faye-Sonko di capitalizzare la vittoria e la conseguente luna di miele politica. Data l’ampiezza del compito che li attende, queste condizioni potrebbero non durare a lungo.[↩]
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Ottimo articolo, ben documentato, con una visione equilibrata dei processi in corso in Senegal, forse l unico paese dotato di un sistema realmente democratico dell’ Africa occidentale