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I profughi ucraini e le regole europee e italiane alla luce della protezione temporanea

di Marco
Galdieri

Con l’avvento della guerra in Europa, tra le numerose emergenze che inevitabilmente ha provocato l’invasione Russa ai danni dell’Ucraina, vi è stata senza dubbio la necessità di dover far fronte alla crisi umanitaria dovuta allo sfollamento di numerosissimi cittadini ucraini e non, che fuggendo da una terra martoriata, si sono trovati a fare i conti con l’incertezza del futuro.

A fronte di tale drammatico quanto prevedibile quadro, l’Unione Europea, con la decisione n. 2022/382 ha per la prima volta attivato la direttiva 2001/55/CE la quale aveva a sua volta introdotto l’istituto giuridico della c.d. “protezione temporanea”.

Ma andiamo per ordine.

Nel 2001, la Comunità Europea, memore di quanto accaduto a seguito del conflitto nell’ex Jugoslavia ed in Kosovo, ed al fine di istituire uno strumento comune di cui dotarsi per poter far fronte a flussi migratori derivanti da situazioni di conflitto o comunque tali da determinare l’impossibilità di far rientro temporaneamente nel proprio Paese, adottava la direttiva n. 2001/55/CE, la quale ha introdotto il “permesso di soggiorno temporaneo”, titolo di soggiorno di carattere eccezionale e temporaneo, da attivare in casi di emergenza ed in grado di non andare a sovraccaricare il ”sistema asilo”.

In particolare quindi, occorre pensare che il permesso di soggiorno temporaneo ha come priorità una certa snellezza nella procedura, ed un percorso parallelo rispetto all’ordinario iter di richiesta di asilo politico. È infatti evidente che in caso di conflitto armato nessun cittadino fuggito dal proprio Paese avrebbe grosse difficoltà ad ottenere uno status di rifugiato (declinato eventualmente nella protezione sussidiaria), ma è altrettanto evidente che situazioni emergenziali di flussi rischiano di intasare e immobilizzare un sistema già saturo e complesso nei suoi meccanismi di attivazione e di verifica dei requisiti in tutti i Paesi dell’UE.

La protezione temporanea, come suggerisce il nome, si caratterizza oltre che per l’immediatezza dello strumento anche per la necessità di essere vincolata a limiti temporali ristretti e predeterminati. Ancora una volta lo scopo è evidente, si condede un titolo di soggiorno in maniera celere, saltando le ordinarie procedure al fine di sopperire ad un’emergenza umanitaria, finita la quale verrà meno anche il titolo di soggiorno, con l’auspicio che nelle more si siano stabilizzate le condizioni nel Paese di origine rendendo attuale la possibilità di un rientro (condizione in realtà spesso difficile nel breve periodo come la storia insegna), o che si attivino altre procedure di rilascio di un permesso di soggiorno ad altro titolo a seconda della legislazione dei Paesi in cui dovesse trovarsi il beneficiario di tale protezione.

È interessante notare come la direttiva 2001/55/CE non sia mai stata attivata sino ad ora, e che solo in questo frangente ci si sia mossi in tal senso, al fine di consentire una risposta unitaria di fronte la tragedia della guerra ucraina. Se da un lato la vicinanza dei confini è ovviamente motivo primario per ricorrere all’istituto della protezione temporanea, immaginando un flusso di migrazione importante e già in atto, dall’altro la risposta dell’Unione Europea ha anche una valenza politica che vuole rinsaldare l’unità di intenti e mostrare una spalla (solo una) all’Ucraina contro la Russia. Di conflitti, tragedie umanitarie e conseguenti flussi migratori a livello mondiale che hanno coinvolto anche l’Europa ce ne sono stati e ce ne sono, e sappiamo bene come l’Unione Europea abbia dato riposte meno omogenee e celeri.

Ad ogni modo, l’attivazione della direttiva è avvenuta per mezzo della decisione n. 382/2022, del 4 marzo 2022, a seguito di proposta della Commissione Europea ed adozione della direttiva del Consiglio dell’Unione.

Ricapitolando, la direttiva del 2001 ha disciplinato per la prima volta l’istituto del permesso di soggiorno temporaneo, la direttiva 382/2022 l’ha attivata e gli Stati dell’Unione Europea l’hanno recepita con procedimenti interni. Di per sé la direttiva è direttamente applicabile, e sancisce i principi minimi che gli Stati devono rispettare. Ciò vuol dire che è possibile poter adottare misure più favorevoli. Se questa è la teoria, praticamente è difficile immaginare che ci si discosti più di tanto dalle indicazione dell’Unione Europea anche per evitare squilibri normativi che andrebbero a vanificare lo sforzo di dare una risposta unitaria e omogenea.

Dal momento in cui è stata adottata la decisione, tutti gli Stati hanno iniziato a predisporre gli strumenti normativi per poter dare attuazione alle richieste, e in questo lasso di tempo, in Italia le Questure hanno iniziato a consentire la presentazione delle domande prima del DPCM di recepimento.

Le 382/2022 ha posto sin da subito una serie di perplessità puntualmente segnalate da diverse associazioni legate al mondo dell’immigrazione.

Secondo quanto stabilito dalla decisione, la protezione temporanea si applica innanzitutto ai cittadini ucraini, residenti in Ucraina prima del 24 febbraio 2022, nonché ad apolidi e cittadini terzi diversi dall’Ucraina che beneficiano di una protezione internazionale o nazionale equivalente, anch’essi residenti sul territorio al 24 febbraio 2022. Vengono ricompresi anche i familiari delle categorie sopra descritte, comprendendo familiari stretti (figli minorenni, coniuge, altri parenti stretti che coabitano), e soggetti legati da una relazione stabile, subordinando a tale condizione di fatto la condizione giuridica che lo Stato dove sarà fatta la richiesta appronti una tutela e riconosca l’unione di fatto.

La decisione lascia spazio agli Stati ospitanti di poter provvedere anche a ricomprendere in tale tutela altri soggetti, come cittadini di Paesi terzi e apolidi che non godano di protezione internazionale e nazionale, ma che non possano far rientro in Ucraina.

Le problematiche che si sono poste dinanzi a tale assetto normativo sono state fondamentalmente di due ordini.

In primo luogo, si evidenziano i limiti legati ai soggetti ricompresi dalla normativa. Si pensi ad esempio a chi, cittadino di altro Paese, viva ormai da anni con un permesso di lavoro in Ucraina, così come agli studenti ed altre categorie di soggetti regolarmente soggiornanti non ricomprese, ma che certamente si trovano comunque in una situazione analoga.

In secondo luogo, il riferimento temporale del 24 febbraio se da un lato si pone come diga temporale relativamente all’inizio delle ostilità, dall’altra discrimina una serie indefinita di soggetti che per i più vari motivi non era residente prima di tale data e ciò nonostante è impossibilitata come tanti altri a far rientro nel Paese di origine.

Finalmente l’Italia ha recepito la decisione 2022/382 con DPCM del 29 marzo 2022 recependo solo in parte le numerose istanze arrivate dal mondo delle associazioni legato al tema dell’immigrazione.

Il DPCM in buona sostanze recepisce ovviamente la decisione n. 382/2022 autorizzando il rilascio del permesso di soggiorno per protezione temporanea oltre che alle figure già individuate anche ad apolidi e cittadini di Paesi terzi che soggiornavano in Ucraina prima del 24 febbraio 2022 con un permesso di soggiorno permanente e che dimostrino di non poter ritornare nel proprio Paese di origine in condizioni di sicurezza e stabilità. Apertura, questa, un po’ timida in quanto è probabile che chi non possa rientrare nel Paese di origine sia già titolare di protezione internazionale.

L’organo competente a valutare la domanda e a rilanciare il permesso di soggiorno, a titolo gratuito, è individuato nella Questura del luogo dove il richiedente dichiara di essere domiciliato. Il permesso, secondo quanto già descritto nella direttiva, ha una durata annuale con possibilità di proroga e revoca, nei casi stabiliti e decisi dall’UE.

È curioso notare come il ritardo della firma dell’atteso DPCM, ed il prevedibile ruolo delle Questure nella presa in carico delle domande di protezione, abbia portato, a cavallo tra il 4 ed il 29 marzo, alla redazione di diverse circolari del Ministero dell’Interno che di fatto hanno tamponato il ritardo consentendo ai cittadini ucraini ed ai soggetti individuati dalla decisione di presentare comunque le domande di protezione ed ottenere un’attestazione in grado consentire la libera circolazione sul territorio.

Ancora. Vengono garantiti con il rilascio del permesso di soggiorno l’accesso al sistema sanitario nazionale e al mondo del lavoro e allo studio, nonché alle misure assistenziali che di base interagiranno con il sistema dell’accoglienza già sperimentato per i richiedenti asilo e di cui sono state implementate le risorse economiche.

Il DPCM inoltre non dimentica che da oltre due anni è in piedi una grottesca sanatoria prevista per categorie mirate di stranieri irregolari presenti sul territorio, individuate nelle sole figure di lavoratori come colf e badanti, dimenticandosi degli altri lavori che vengono svolti in nero dai tantissimi immigrati presenti sul territorio, sanatoria che, peraltro, per moltissimi richiedenti è ancora in corso d’opera dopo quasi due anni.

L’emergenza bellica ha quindi acceso i riflettori sugli ucraini che hanno presentato la domanda di sanatoria nell’estate del 2020, e che sono bloccati sul territorio italiano in attesa dell’esito, consentendo loro di poter uscire dal Paese per prestare soccorso ai familiari e poi rientrare per concludere l’iter.

Il provvedimento infine esonera momentaneamente chi ha presentato domanda di cittadinanza italiana dopo il 24 febbraio 2022 di dover allegare il certificato di pendenze penali ucraino ed il certificato di nascita tradotto e legalizzato.

Inutile dire che la normativa nazionale di recepimento ha lasciato non poche perplessità sulla concreta applicazione delle disposizioni ivi contenute.

Se infatti la teoria facilmente individua soggetti beneficiari e soggetti esclusi dal diritto a richiedere un permesso di soggiorno temporaneo, la pratica insegna che chi fugge da una guerra non richiede preventivamente un certificato storico di residenza o un estratto per riassunto di matrimonio, ma prende quel che può e fugge senza voltarsi indietro.

Come si regolerà lo Stato italiano per l’analisi di tali domande anche e soprattutto per i familiari dei beneficiari? Per ora si segnala solo una nota verbale pervenuta dall’Ambasciata ucraina a Roma, la quale prevede un’identificazione da parte dell’Ambasciata di quei cittadini che siano arrivati in Italia sprovvisti di documenti.

Inoltre, non dobbiamo dimenticare che il nostro sistema è già oberato dai normali flussi migratori e dalle domande di protezione internazionale, a cui si aggiungono le domande di protezione speciale (altro istituto di recente applicazione), che non sono già oggi gestite con la dovuta diligenza, per cui, in mancanza di ulteriore personale votato a gestire l’emergenza ucraina, tutto il sistema sentirà il peso delle nuove domande.

Proprio il primo accesso alle Questure per la presentazione delle domande di protezione rappresenta spesso un ostacolo che in alcuni casi diventa insormontabile e costringe interi nuclei familiari a dormire dalla sera prima fuori i cancelli nella speranza di poter accedere nella struttura ed essere ammessi alla presentazione della propria istanza.

Inutile dire che due anni di pandemia non hanno fatto altro che peggiorare tali condizioni in quanto molte Questure hanno contingentato ancora di più gli ingressi allungando inevitabilmente i tempi di attesa e spingendo ai margini della legalità non pochi richiedenti, sfiancati da tale situazione.

È fin troppo evidente che le domande di protezione temporanea avranno con buone probabilità una ricaduta generale negativa su tutte le altre domande di protezione internazionale o protezione speciale.

D’altronde che il nostro sistema di accoglienza abbia diverse lacune e disfunzioni emerge quasi quotidianamente agli occhi degli osservatori, e anche per questa emergenza si sono viste le consuete difficoltà organizzative.

Vi è infine da chiedersi come sarà gestito il flusso migratorio una volta esaurita la crisi, ed in quali condizioni saranno ricollocate tutte le persone che avranno beneficiato per un anno o più della protezione temporanea intessendo relazioni sociali, lavorative e culturali a fronte di una situazione in Ucraina che resterà fortemente colpita dagli eventi bellici per un tempo probabilmente più lungo della durata della protezione temporanea.

Infine, una menzione a parte merita un ulteriore provvedimento uscito in questi giorni che deve portarci a riflettere sulla lungimiranza del nostro legislatore.

Il dlgs 113 del 2018, convertito nella L. 132/2018 (c.d. Decreto Salvini), ha introdotto la lista dei c.d. “Paesi sicuri” di cui tener conto nella valutazione delle domande di protezione internazionale, prevedendo un iter veloce con buone probabilità di rigetto nei confronti dei cittadini provenienti dalle nazioni inserite in tale lista e tra le quali figurava fino a poco tempo fa anche l’Ucraina.

I recenti eventi hanno portato al decreto del Ministero degli Affari Esteri del 9 marzo 2022 che ha deciso di sospendere l’Ucraina da tale lista sino al 31 dicembre 2022.

Ora, al di là degli aspetti più squisitamente giuridici in cui si discute se sia possibile applicare l’istituto della sospensione nel caso di specie, non previsto dalla previgente disciplina, è chiaramente emerso come lo stesso concetto di Paese sicuro sia figlio di un pregiudizio ideologico piuttosto che di una visione giuridica, poiché il caso ucraino ha dimostrato ampiamente (se mai ve ne fosse stato il bisogno) che nel brevissimo periodo le condizioni di diversi Stati possono modificarsi radicalmente.

Lo scetticismo che aveva trovato tutto il pacchetto del decreto sicurezza, in parte dichiarato incostituzionale, in parte rivisitato dalle successive normative, ed in parte purtroppo lasciato intatto, ci regala un’ultima, ma non ultima riprova di come la realtà sia molto più complessa ed in continuo cambiamento. Pertanto è auspicabile che il sistema normativo italiano relativo ai flussi migratori tenga conto di tali continui cambiamenti costruendo un quadro giuridico in grado di sostenere con le giuste pratiche i mutamenti geopolitici, anziché ritrovarsi ad arginare i propri limiti con provvedimenti a carattere spiccatamente emergenziale.

Marco Galdieri, avvocato volontario di FOCUS-Casa dei Diritti Sociali

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