I partiti della “guerra civile”: dall’antagonismo alla coalizione di governo
Sono passati 128 giorni dalla tornata elettorale dell’8 febbraio 2020 e, sullo sfondo del “lockdown” a seguito della pandemia globale, l’Irlanda sembra avviata nei prossimi giorni a sciogliere il nodo del governo.
Il nuovo schema di governo, se approvato dagli iscritti delle tre forze coinvolte (Fianna Fail, Fine Gael e Verdi), presenta implicazioni di un certo rilievo.
Sarebbe la prima volta nella storia del paese che i due c.d. partiti della “guerra civile”, Fianna Fail e Fine Gael, mettendo da parte le “differenze”, danno luogo a un governo di coalizione. Un cambiamento atteso da cento anni. Questo è anche un indicatore della natura trasformativa che la crisi dell’euro e le politiche di austerità hanno avuto sul panorama politico irlandese. Un simile risultato sarebbe stato inimmaginabile solo 10 anni fa.
In realtà l’ipotesi della coalizione di governo tra questi due partiti era già emersa dopo le elezioni del 2016, ma Fianna Fail (uscita sconfitta) non aveva voluto abbandonare la politica della “guerra civile” nel timore di lasciare la guida dell’opposizione nelle mani del partito di sinistra Sinn Fein. Fianna Fail ha poi però stipulato un accordo di confidence and supply con il governo guidato da Fine Gael, ed entrambi i partiti hanno pagato il prezzo di questa operazione nelle alle recenti elezioni di febbraio 2020, dove Sinn Fein è stato l’indiscusso quanto inaspettato vincitore con 24,5% dei voti, affermandosi come il primo partito contro Fianna Fail e Fine Gael, che hanno ottenuto, rispettivamente, il 22,2% e il 20,9%.
Tuttavia a queste ultime elezioni di febbraio il partito della sinistra irlandese non ha schierato abbastanza candidati per capitalizzare del tutto gli errori di Fianna Fail e Fine Gael. Con il senno di poi, Sinn Fein avrebbe dovuto mettere in campo un maggiore numero di candidati, e tuttavia la forza di sinistra potrebbe ancora avere un’opportunità, visto che non si possono escludere nuove elezioni.
Il clima post elezioni di febbraio 2020 è stato segnato da una tensione al cambiamento, anche se non era affatto chiaro quale forma questo avrebbe potuto assumere. Ancora oggi regna l’incertezza ed una forma chiara fatica ad emergere. Le forze di centrodestra hanno dominato storicamente il panorama politico irlandese, e questo dato resta ancora oggi valido. Fianna Fail, a partire dalla prima vittoria elettorale del 1932, ha mantenuto per decenni una decisa egemonia politica, interrotta da Fine Gael solo per brevi periodi. Una inversione di ruoli si è avuta dopo la crisi economica del 2008: ritenuto giustamente responsabile delle politiche di austerità e neoliberiste, Fianna Fail ha subito un rovescio storico nel 2011 (anche per la riluttanza ad affrontare la bolla immobiliare), lasciando il campo all’antagonista storico Fine Gael; questo, per la prima volta nella sua storia, ha così nel 2016 bissato il successo del 2011.
I gemelli terribili
Da decenni ormai è quasi impossibile distinguere Fianna Fail e Fine Gael quanto alle loro posizioni in tema di politica economica e sociale. Sono tali le somiglianze tra le due forze che – si dice tra i commentatori – è impossibile inserire una carta di sigarette tra di loro. Hanno governato l’Irlanda per tutto il secolo scorso, ma mai insieme. Durante l’ultima campagna elettorale, Sinn Fein è stato invitato a partecipare ai dibattiti televisivi una sola volta e soltanto quale esito di una significativa pressione pubblica. In quell’occasione la leader di Sinn Fein SF Mary Lou McDonald ha potuto finalmente mettere in luce ciò che accomuna i due partiti principali del centro destra e le loro politiche neoliberiste. Altro elemento che accomuna i due c.d. partiti della “guerra civile” è il loro disprezzo per la sinistra del Sinn Fein (e per i loro elettori e elettrici).
Se guardiamo all’Irlanda nel suo insieme emerge una doppia morale. Mentre nell’Irlanda del Nord la partecipazione del Sinn Fein al governo è accettata, nella Repubblica irlandese tale prospettiva, nonostante il partito della sinistra abbia avuto nelle ultime elezioni un maggior successo elettorale (o forse proprio per questo), è per entrambi i partiti che storicamente l’hanno governata ritenuta come inaccettabile. In questa ottica Fine Gael e Fianna Fail non hanno quindi avuto altra scelta che arrivare ad una tregua e riconciliare le loro storiche differenze. Ma, non avendo ottenuto alle ultime elezioni i seggi sufficienti per formare un governo di coalizione, i due partiti hanno bussato alla porta dei Verdi. Questi, forti dei 12 seggi conquistati alle elezioni di febbraio 2020, hanno fatto valere il loro potere contrattuale.
Un programma per il governo: impronte digitali “verdi”?
Dopo trattative prolungatesi per sei settimane, Fine Gael, Fianna Fail e i Verdi hanno concluso un accordo di governo, che è più che altro una lista dei desideri viste le enormi incertezze all’orizzonte.
I media mainstream hanno dipinto l’accordo di governo come sbilanciato a favore dei Verdi. E’ assai dubbio che questo sia vero. Vi sono certo una serie proposte che portano i segni distintivi di un partito ecologista, come ad esempio l’impegno a ridurre le emissioni di gas a effetto serra del 7% in media nell’anno. Altre proposte “verdi” riguardano il rapporto di 2 a 1 delle spese tra nuove infrastrutture di trasporto pubblico e nuove strade, nonché migliori infrastrutture per ciclisti e pedoni. L’accordo prevede anche il divieto di estrazione del gas offshore e un cambiamento nel sistema disumano per i richiedenti asilo, la cui inadeguatezza è stata evidenziata dalla pandemia globale. C’è inoltre un impegno per aumentare lo stock di abitazioni di edilizia popolare.
Un nuovo Green Deal?
Nessuno a questo punto è in grado di sapere quanto delle proposte sopramenzionate potrà tradursi sul piano operativo; tutto dipenderà dai rapporti di forza all’interno del futuro governo. Soprattutto non c’è chiarezza su come saranno finanziate le politiche ecologiste. Sappiamo già che non saranno introdotte modifiche al sistema fiscale, inclusa l’imposta sulle società al 12,5%. Ciò porta alcuni commentatori a definire l’accordo dei partiti “gemelli” di centro-destra con i Verdi un esercizio di “greenwashing”.
Ora si attende il pronunciamento della base del partito ecologista, che dovrà approvare il programma di governo a maggioranza dei due terzi. All’interno del partito è già venuta allo scoperto l’area dissidente, della quale fa parte anche il neo-eletto parlamentare Neasa Hourigan, componente della delegazione negoziale dei verdi. Al centro del dissenso di Hourigan ci sono i temi di giustizia sociale, in particolare quelli legali alla crisi immobiliare. Aree di dissenso emergono anche all’interno delle due forze di centro-destra: in Fianna Fail è il nipote del fondatore del partito a capeggiare il dissenso, mentre in Fine Gael è l’ala giovanile che si oppone all’accordo di governo.
Se anche l’accordo dovesse alla fine essere approvato dagli iscritti dei tre partiti, resta un quesito di fondo: quale sarà la caratteristica principale delle scelte economiche? Che possa essere quella di una politica verde ecologista è questione tutta da verificare. Stando così le cose in Irlanda l’incertezza continua a regnare sovrana.
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È un ottimo articolo