Il successo elettorale del Partito Comunista della Federazione Russa (Kprf) ha permesso non solo di conservare il posto di seconda forza politica per numero di consensi alle urne e di seggi alla Duma, ma di ottenere una crescita importante in termini di elettori. Se Russia Unita, il partito di governo, resta lontana numericamente, l’affermazione dei comunisti non era data per scontata fino a qualche mese fa, con analisti e commentatori che davano il partito in discesa e dietro alle altre formazioni parlamentari. Alcune di queste analisi basavano la propria ipotesi sul rilancio di Russia Giusta, partito aderente all’Internazionale socialista in cui erano confluite altre due organizzazioni di orientamento nazionalista, Per la Verità (Za Pravdu) guidata dallo scrittore Zakhar Prilepin e Patrioti della Russia. Tale mossa avrebbe dovuto insidiare la presa sull’elettorato di un certo tipo di retorica nazional-patriottica usato dal Kprf negli ultimi anni, retorica che spesso ha fatto il paio con un sostegno acritico alle posizioni ultraconservatrici della Chiesa ortodossa russa, elemento da sempre alquanto peculiare per un partito il cui programma politico rivendica l’eredità sovietica.
Ma i dati usciti dalle urne dicono altro, e parlano di una nuova, possibile, stagione per il Kprf. La scelta di presentare in alcuni collegi candidature di esponenti indipendenti, provenienti dalle esperienze politiche e sindacali della sinistra anticapitalista, ha permesso, soprattutto a Mosca, di riscuotere consensi e di costruire radicamento. È il caso delle candidature di Mikhail Lobanov, docente di matematica dell’Università statale di Mosca e sindacalista impegnato nelle lotte per il lavoro nell’istruzione pubblica, e di Anastasia Udaltsova, una vita da militante comunista, moglie di Sergey Udaltsov, leader del Fronte di Sinistra (Levyi front) con un recente passato da detenuto politico. Un successo che però non ha visto l’elezione dei due attivisti, a causa del voto elettronico: se nella mattinata del 20 settembre ormai era certo il cospicuo vantaggio dei candidati del Kprf nella capitale, con distacchi significativi (per fare un esempio, Lobanov aveva ben diecimila voti di vantaggio sul candidato di Russia Unita, il giornalista Evgeny Popov), e i comunisti erano in procinto di aggiudicarsi 8 collegi su 15 a Mosca, il voto elettronico ha rovesciato la situazione in un vantaggio molto contestato a favore degli esponenti del partito di governo. Il voto elettronico alla Duma, novità introdotta per Mosca e altre cinque regioni russe, ha “sorprendentemente” favorito i candidati sostenuti dalle amministrazioni locali, ed è al centro delle polemiche per la sua scarsa trasparenza: non vi è possibilità di controllo da parte dei rappresentanti di lista, e la pubblicazione dei risultati nel caso di Mosca è stata rinviata di giorni, alimentando non pochi sospetti. Subito i candidati comunisti hanno denunciato le irregolarità delle operazioni di voto, convocando due presidi di protesta nel centro di Mosca, lunedì 20 e sabato 25 settembre, rivendicando il proprio successo alle urne. Manifestazioni che hanno visto la risposta dura delle autorità, con decine di arresti (in vista dell’appuntamento del 25 vi sono stati sessanta fermi prima del presidio) e di denunce, e con azioni di polizia volte a intimidire i comunisti. Il 28 settembre, la polizia ha bloccato l’edificio dove un gruppo di giuristi lavorava alla presentazione della denuncia sulle irregolarità del voto elettronico e al tempo stesso ha presidiato gli accessi all’ufficio del vicepresidente della Duma Ivan Melnikov, dirigente comunista. Atti senza precedenti, che fanno capire la posta in gioco.
Ma il leader storico del Kprf, Gennady Zyuganov, continua a mantenere una linea diversa rispetto a quanto avviene in questi giorni. In concomitanza con il presidio del 25, il leader comunista è stato ricevuto da Putin, e nel corso dell’incontro non si è parlato dei risultati elettorali, nonostante le proteste di gran parte del partito. Zyuganov ha posto l’accento, durante l’incontro con il presidente, sulle questioni di politica estera, scelta quantomeno particolare visto che si trattava di un appuntamento post-elettorale. Questa differenza di visioni sulla politica interna russa non è nuova nel Kprf, e nel corso degli ultimi anni ha avuto ulteriori sviluppi, con un gruppo di deputati, la cui massima espressione è rappresentata da Valery Rakshin, da tempo su posizioni di conflitto duro con il Cremlino. Queste posizioni sono forti nel comitato moscovita del partito, ed è notizia di oggi 29 settembre il boicottaggio della frazione comunista alla Duma della città di Mosca in segno di protesta contro gli arresti dei militanti e dei candidati del Kprf.
Saranno mesi decisivi per il partito, perché all’apertura verso nuove energie non corrisponde una simmetrica disponibilità da parte del vertice storico, probabilmente timoroso di andare verso uno scontro frontale con il sistema di potere delineatosi negli ultimi vent’anni. Il problema però di come poter consolidare la crescita di consensi del partito resta, come anche il desiderio da parte di una larga fascia della popolazione di riforme sociali in difesa della classe lavoratrice. I comunisti russi si trovano di fronte a una scelta non semplice, ma che potrebbe renderli espressione di un cambiamento che ancora non ha una voce ben definita nel paese.
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[…] Sulla natura e il ruolo nel sistema politico del Partito Comunista della Federazione Russa esiste un lungo dibattito tra commentatori e analisti. “Opposizione o stampella di Putin?”, sintetizzava l’interrogativo Jacopo Custodi qualche tempo fa. Il Partito, soprattutto per l’indirizzo ad esso impresso dal suo leader Gennady Zyuganov, che da un lato afferma la volontà di costruire una società socialista (seppure in tempi lunghi), dall’altro aderisce ad una visione conservatrice dei problemi sociali che lo avvicina alla Chiesa ortodossa, particolarmente reazionaria. Sul piano politico questo orientamento, definibile come “social-patriottico”, lo ha portato all’opposizione della politica interna di Putin (ad esempio la recente riforma delle pensioni) mentre ne ha in gran parte condiviso la politica estera. In diverse occasioni è stato vittima sia dei brogli elettorali che della repressione messa in atto dal potere politico, senza però mai rompere nettamente con il Presidente russo (su questo “dilemma” si veda l’articolo di Giovanni Savino). […]