Con un’inflazione all’8,6% ad agosto (ma data in rialzo) e tassi di interesse al 2,25% (anch’essi destinati a salire al 6% nel 2023, rendendo molti mutui semplicemente non rimborsabili), mentre gli stipendi sono fermi e gli scioperi si moltiplicano, il valore della sterlina è sceso a un minimo storico, ma il problema più grande potrebbe essere l’abbandono dei titoli di Stato britannici da parte degli investitori. Per 10 giorni si è scatenato un enorme panico che ha reso evidente l’esistenza di una profonda alienazione tra il Partito Conservatore, che dovrebbe essere il bastione degli interessi economici e finanziari nella politica britannica, e i grandi operatori finanziari della City di Londra, oltre che con la maggioranza dei cittadini britannici. Una crisi che dovrebbe essere tenuta presente anche dal futuro governo italiano nel momento in cui definirà la sua linea di politica economica, anche alla luce del fatto che quasi tutti i partiti continuano a proporre spese senza indicare solide coperture o facendo capire che ricorreranno a nuovi debiti.
Falchi ideologici del neoliberismo e crisi finanziaria
Quando il primo ministro britannico Liz Truss e il suo ministro delle finanze, Kwasi Kwarteng, hanno svelato i dettagli della loro prima manovra di bilancio (definita un “mini-budget”) il 23 settembre, con un importante taglio delle tasse per i lavoratori ad alto reddito del Paese – una riduzione delle tasse, in particolare dell’aliquota minima dell’imposta sui redditi delle persone fisiche dal 20% al 19% e di quella massima dal 45% al 40% per coloro con un reddito superiore alle 150 mila sterline, equivalente ad una riduzione degli introiti fiscali statali pari a 45 miliardi di sterline (circa l’1,6% del PIL), per cui un banchiere con uno stipendio annuo di un milione di sterline avrebbe ricevuto 50 mila sterline di sgravio dell’imposta sul reddito -, è scoppiato il panico: la valuta britannica è scesa di valore (circa -10%) ai minimi storici (dal 1985), il tasso di interesse sul debito pubblico è aumentato e la Banca d’Inghilterra è stata costretta a un’azione di emergenza di acquisto di titoli di Stato.
I mercati finanziari britannici hanno perso un totale di 500 miliardi di euro nelle prime quattro settimane da quando Truss – considerata una fanatica sostenitrice dell’economia del libero mercato – è entrata in carica il 6 settembre1 e gli osservatori di tutto il mondo si sono chiesti se il suo governo fosse in grado di fare delle scelte di politica economica che garantiscano la stabilità del sistema finanziario britannico e se questo evento potesse essere l’inizio di una crisi finanziaria internazionale e anche di una nuova era nell’economia internazionale. Se fosse il possibile avvio di un cambiamento di paradigma più ampio in corso nel modo in cui funzionano i mercati finanziari internazionali. Fino a non molto tempo fa, infatti, sembrava che vi fosse un appetito illimitato per le attività finanziarie di ogni tipo. Durante la pandemia, anche grazie al sostegno delle banche centrali, i governi dei Paesi ricchi non hanno avuto problemi ad emettere montagne di debiti. Ma, ormai l’era del credito a buon mercato è finita e gli operatori finanziari globali hanno valutato che il governo britannico si stesse caricando di un debito enorme e costoso che avrebbe minato altre parti dell’economia. L’economia britannica è in gravi difficoltà; ha una delle performance più deboli dell’Europa occidentale ed è già in recessione tecnica. I salari sono ai minimi, mentre l’inflazione è alta e la stagflazione incombe. Da mesi, i lavoratori di interi settori economici – ferrovieri, dipendenti postali, infermieri, medici, etc. – si stanno mobilitando contro l’aumento del costo della vita in corso e scioperano per avere salari e condizioni di lavoro migliori.
Truss e Kwarteng appartengono all’ala del Partito Conservatore che crede nella necessità di un rilancio ideologico del partito. Propongono l’adozione di un approccio teso essenzialmente a rilanciare l’agenda neoliberista thatcheriana degli anni ’80. Truss ha dichiarato che non le importa se è popolare o meno, il suo obiettivo è guidare quella che considera una visione trasformativa della Gran Bretagna. Per nove giorni non ha sussultato a seguito della grave crisi che le sue decisioni hanno scatenato e ha continuato a sostenere di essere impegnata a portare avanti la sua visione politica che prevede:
- una nuova ondata di austerità per le politiche pubbliche con tagli reali alle spese per il welfare (compresi Servizio Sanitario Nazionale, scuola pubblica e asili, assistenza ad anziani e disabili), gli stipendi dei dipendenti pubblici e gli investimenti non militari nel pieno di una crisi del costo della vita (con l’utilizzo dei banchi alimentari già a livelli record) e durante un inverno che potrebbe essere particolarmente rigido. Tagli che dovrebbero essere sulla scala del programma di austerità originale di George Osborne degli anni 2010 – per un valore compreso tra 37 e 47 miliardi di sterline – per colmare il divario tra entrate e uscite e che si combinerebbero con altre modifiche al sistema tributario che entreranno in vigore nei prossimi anni, principalmente il congelamento di pensioni e altri sussidi pubblici2;
- dare impeto alla crescita economica attraverso i tagli alle tasse – riducendo l’aliquota minima dal 20 al 19% e quella massima dal 45 al 40% – per un valore complessivo di 45 miliardi di sterline. La prima riduzione valeva 43 miliardi, la seconda circa 2 ed era giustificata dall’obiettivo di dare un incentivo per nuovi investimenti/consumi a ricchi/imprenditori e corporations (per loro altri 19 miliardi di tagli sulle tasse), in ossequio alla teoria (totalmente screditata) della trickle-down economics and growth effect, vale a dire che i tagli alle tasse stimolerebbero una crescita così grande che essenzialmente si ripagherebbero da soli, eliminando la necessità di dolorose decisioni di spesa3. Ma, quasi tutti gli analisti economici hanno sottolineato che non ha senso tagliare le tasse, stimolando la domanda nell’economia, in presenza di un’inflazione elevata, per cui la Banca d’Inghilterra non avrebbe altra scelta che aumentare i tassi di interesse più di quanto avesse già pianificato di fare;
- un alto indebitamento – almeno 150 miliardi di sterline – per contenere gli aumenti delle bollette dei cittadini britannici (un pacchetto per congelare i prezzi dell’energia a un livello equivalente a 2.500 sterline per una famiglia media)4. Truss sostiene che l’alternativa è che le persone paghino fino a 6.000 sterline per le bollette dell’energia, con l’inflazione che sarebbe del 5% superiore a quella che sarebbe senza l’intervento governativo.
La “Trussonomics” non può essere descritta come basata su un “piccolo ruolo dello Stato“, combinando una serie di sgravi fiscali rivolti ai redditi più alti e alle grandi imprese con un’enorme quantità di denaro pubblico per proteggere i consumatori dai prezzi fuori controllo dell’energia.
L’annuncio del taglio delle tasse e dell’aumento del debito durante un’ondata inflazionistica crescente ha rischiato di far saltare il sistema finanziario britannico. Il Fondo Monetario Internazionale ha emesso severi avvertimenti sulla direzione della politica economica britannica, un ammonimento più comunemente diretto alle economie molto più deboli del Sud del mondo. D’altra parte, una grave crisi finanziaria nel Regno Unito penalizzerebbe Londra come centro finanziario globale e, colpendo una valuta di riserva globale come la sterlina, avrebbe conseguenze negative anche per la stabilità finanziaria globale.
Anche un numero consistente di deputati Tory – a cominciare dall’ex ministro Michael Gove – si è dichiarato contrario alla linea economica Truss-Kwarteng. Alcuni di loro hanno affermato che la nuova amministrazione aveva pochi giorni o settimane per capovolgere la proposta del taglio fiscale e hanno chiesto a Truss di cacciare Kwarteng o avrebbe dovuto fronteggiare un ammutinamento5). Addirittura, alcuni parlamentari conservatori stavano già trattando con i laburisti su come bloccare elementi del piano del primo ministro.
In un’ulteriore potenziale umiliazione per Truss e Kwarteng, erano stati avviati piani parlamentari trasversali (con forti pressioni fatte anche dagli operatori finanziari) per costringere il governo a pubblicare al più presto le previsioni economiche sugli effetti dei suoi piani sulle finanze pubbliche, prodotte dall’Ufficio per la Responsabilità di Bilancio (OBR). Il governo stava pianificando di mantenere segrete le previsioni per settimane, almeno fino al 23 novembre, mentre il comitato direttivo della Banca d’Inghilterra si riunirà per decidere un nuovo aumento del tasso d’interesse il 3 novembre.
Fino a lunedì 3 ottobre, la Truss ha difeso i suoi piani: “Dobbiamo intraprendere un’azione urgente per far crescere la nostra economia, far muovere la Gran Bretagna e anche affrontare l’inflazione. E, naturalmente, questo significa prendere decisioni controverse e difficili, ma sono pronta a farlo come primo ministro. È importante che il Regno Unito sia in prima linea, che agiamo su tutte le leve possibili per guidare la crescita economica. Questo è ciò con cui stiamo andando avanti. … Non possiamo continuare sull’attuale traiettoria di gestione del declino. Invece, dobbiamo prendere una nuova direzione. Guiderò su quella strada verso un futuro migliore. … Abbiamo promesso alle persone nel 2019 che le cose sarebbero state diverse. E cosa significa? Significa più opportunità, salari più alti, più investimenti e queste sono tutte le cose che sto cercando di sbloccare”. La Truss ha cercato anche di attribuire la crisi valutaria e finanziaria all’invasione dell’Ucraina da parte di Putin. Ma è rapidamente crollata nei sondaggi al 37%, al di sotto dell’approvazione di Johnson prima che fosse costretto a lasciare, mentre solo il 12% ha affermato che il “mini-budget” era “buono“. La primo ministro stava affrontando la stessa sorte di Theresa May e, quando la Camera dei Comuni sarebbe tornata a riunirsi dopo la conferenza annuale del Partito conservatore, avrebbe potuto essere rimossa dalla carica.
L’inversione di rotta
Lunedì 30 ottobre, mentre il Partito Conservatore era impegnato nel dibattito della sua conferenza annuale a Birmingham, Truss e Kwarteng hanno annunciato un’umiliante inversione di rotta: la proposta del taglio delle tasse ai ricchi è stata cancellata. Hanno fatto una clamorosa retromarcia quando l’entità della ribellione dei parlamentari conservatori ha chiarito che non sarebbe sopravvissuto ad un voto parlamentare. In un breve e imbarazzato discorso alla conferenza dei Tory, Kwarteng ha ammesso che è stata una “giornata dura” – ore dopo aver cancellato il taglio delle tasse per i lavoratori ad alto reddito. Ha detto che il suo piano economico aveva causato “un po’ di turbolenza“.
Ma, apparentemente, Truss e Kwarteng non hanno rinunciato a proporre una politica economica improntata all’austerità dato che la riduzione dell’aliquota minima comporterebbe un buco finanziario pari a 43 miliardi di sterline. Un buco che andrebbe sommato ai 19 miliardi di tagli alle tasse delle corporations6. Kwarteng ha annunciato che lavorerà ad una nuova manovra di bilancio, che dovrebbe concentrarsi sulla spesa e sulla deregolamentazione. Ma fino a ieri sera non ha voluto confermare di volerla presentare entro la fine di ottobre, accompagnata dalle nuove previsioni dell’Office of Budget Responsibility, una mossa che sarebbe volta a ripristinare la stabilità del mercato. Ha annunciato che il governo prenderà sul serio la disciplina fiscale, affermando che è “assolutamente impegnato a essere un serio custode delle finanze pubbliche“.
Kwarteng ha quindi affermato che il governo continua ad essere impegnato nella sua agenda radicale e che presto si muoverà per deregolamentare settori tra cui l’assistenza all’infanzia, l’agricoltura, l’immigrazione, la pianificazione e i servizi finanziari.
Ma, i parlamentari conservatori si preparano a resistere per evitare una stretta sul welfare. Nel corso della conferenza annuale, molti dei leader parlamentari hanno avvertito che ci saranno ulteriori ribellioni se il loro governo annuncerà riduzioni della spesa pubblica, in particolare per servizi e sussidi, che Kwarteng ha rifiutato di escludere. L’ex premier Theresa May ha messo in guardia contro il fatto che il partito Tory sia visto come “il partito cattivo“.
Probabilmente, i prossimi 10 giorni saranno cruciali per la sopravvivenza del governo Truss.
Le dinamiche della crisi finanziaria e l’onda lunga della Brexit
La crisi finanziaria britannica degli ultimi 10 giorni è stata caratterizzata dalla compresenza di una serie di condizioni che la hanno reso esplosiva.
Immediatamente dopo il suo insediamento, Truss aveva annunciato il lancio di un programma di limitazione dei prezzi per tenere basse le bollette energetiche dei cittadini britannici, senza che il costo di tale programma fosse stato attentamente valutato. Questa è stata una delle cose che ha indignato gli operatori finanziari e l’opinione pubblica in relazione alla presentazione del “mini budget” preparato da Kwarteng.
Si è stimato che il programma per congelare l’aumento delle bollette sarebbe costato oltre 185 miliardi di sterline, circa il 5% del PIL, per cui in poche settimane il governo Truss aveva deciso di “regalare” circa 230 miliardi di sterline, tra tagli fiscali e sussidi per le bollette, da prendere a prestito sul mercato a breve, facendo nuovo debito. Nuovo debito che ora costa al Regno Unito (in termini di aumento dello spread) più del Portogallo e della Spagna e quasi il doppio della Germania7.
Il fatto è che i mercati obbligazionari (dei buoni del Tesoro) di tutto il mondo sono sotto pressione in questo momento8 per l’ondata inflazionistica e la stretta monetaria (rialzo dei tassi di interesse) da parte delle banche centrali. Inoltre, nel caso britannico, c’è un ulteriore fattore tecnico che ha contribuito ad una svendita di obbligazioni simile a una valanga: la natura dei fondi pensione nel Regno Unito che detengono molti titoli di Stato. Si tratta di fondi pensione privati che operano per fare un profitto e che quindi avevano deciso di proteggersi con la finanza derivata dalla possibilità di un calo dei tassi di interesse. Pertanto, piuttosto che semplicemente fare dei grandi guadagni a seguito dell’aumento dei tassi di interesse, si sono effettivamente trovati a dover far fronte ad una serie di accordi di copertura (hedge deals) che li coprivano contro l’eventualità opposta (seguendo una strategia che viene chiamata “liability-driven investment strategy”). E questo è ciò che ha innescato la vendita di asset (buoni del tesoro britannici e altre obbligazioni).
Il deciso aumento dei tassi di interesse ha spinto il rendimento dei titoli di stato britannici a dieci anni sopra il 4% per la prima volta dalla crisi finanziaria del 2008, con un aumento da 131 punti base che non si vedeva dal 1979. Per cui, i fondi pensione hanno dovuto aumentare le coperture delle richieste di margine (margin calls) degli accordi hedge, vendendo buoni del Tesoro. Ma, più li hanno venduti, più i loro prezzi sono scesi. Per evitare il default del mercato dei buoni del Tesoro britannici e dei fondi pensione, il 28 settembre la Banca d’Inghilterra è dovuta intervenire impegnando 65 miliardi di sterline per salvare il capitalismo britannico e ridurre le richieste di margine che pesavano sul sistema dei fondi pensione. I fondi pensione sono una parte così importante del capitale finanziario moderno che, se dovessero affrontare una crisi, ciò avrebbe gravi ripercussioni a catena per altre parti dell’economia.
Paradossalmente, mentre la banca centrale è impegnata in una stretta monetaria, aumentando i tassi di interesse, per cercare di domare l’inflazione, si è trovata a dover pompare liquidità nel sistema monetario nel tentativo di stabilizzare i mercati.
La Banca d’Inghilterra ha dovuto annunciare che avrebbe acquistato titoli di Stato del Regno Unito “su qualsiasi scala sia necessaria” per “ristabilire condizioni di mercato ordinate“. Si è impegnata a comprare 5 miliardi di sterline di buoni del Tesoro al giorno per 13 giorni lavorativi. Ha iniziato a comprare e così anche altri investitori hanno acquistato titoli che fino a poche ore prima stavano trattando come rifiuti radioattivi. In poche ore di negoziazione, e i rendimenti dei titoli di Stato britannici a trent’anni, sono passati dal 5,1% al 3,9%. Anche la sterlina si è stabilizzata, dopo aver toccato un minimo storico di $1,035 lunedì 26 settembre, martedì 4 ottobre è stata scambiata a circa $1,14, ma gli analisti sostengono che questa ripresa potrebbe non riflettere la fiducia nel governo Truss.
Il panico creato è stato enorme perché era il mercato dei titoli di Stato ad essere stato colpito. E questo è un grosso problema in qualsiasi Paese, perché questo mercato è il fondamento della flessibilità delle finanze pubbliche. Ed è un mercato molto grande. Vale trilioni di dollari nel Regno Unito e negli Stati Uniti sono 24 trilioni di dollari. Si tratta di un enorme patrimonio in cui praticamente chiunque, in un modo o nell’altro, principalmente tramite il fondo della previdenza sociale o tramite un fondo pensione, ha investito. Le oscillazioni violente di questo mercato possono creare spasmi.
Nel caso britannico, e questo è ciò che è stato veramente allarmante, è che i movimenti valutari erano strettamente associati agli spasmi del mercato obbligazionario. Questo è qualcosa che davvero non dovrebbe avvenire. Queste due cose dovrebbero restare indipendenti l’una dall’altra. Quando si accoppiano, gli investitori possono essere spinti a scegliere di entrare o uscire da un Paese e quando rinunciano ai titoli di Stato, escono del tutto. Quando ciò accade, questo è un segnale molto preoccupante per un Paese che può diventare auto-rinforzante, perché quando la valuta scende, le obbligazioni diventano meno attraenti da detenere, e così via.
L’enorme panico che si è scatenato ha reso evidente che esiste una profonda alienazione tra il partito Tory, che dovrebbe essere il bastione degli interessi economici e finanziari nella politica britannica, e i grandi operatori finanziari della City di Londra. Ma, il governo Tory, come tutti i governi, non può operare senza il consenso del mercato finanziario a cui chiede i soldi per farlo (con il “mini-budget” annunciato il debito britannico aumenterebbe del 4% nel 2023).
La profonda rottura strutturale tra questi due mondi risale al referendum sulla Brexit del 2016. La Brexit ha sconvolto il rapporto del Partito Tory con i gestori del capitalismo finanziario e produttivo. La maggior parte di questi ultimi si è risentita per l’uscita dall’UE e il suo mercato unico, di cui avevano beneficiato generosamente per decenni. Erano anche inorriditi dal fatto che una questione così importante fosse stata lasciata alla decisione dei cittadini, l’esatto opposto della forma di governo post-democratica che l’UE aveva fornito. È stato un governo conservatore a indire il referendum sotto David Cameron sperando di vincere per il Remain. Allora, la corrente principale del partito Tory era per il Remain, perché la maggioranza del partito considerava che per gli interessi economici e finanziari britannici la cosa migliore fosse stare nell’UE. E intorno a Cameron ci fu una mobilitazione dell’opinione di esperti sia globali che nazionali a favore della permanenza all’interno dell’UE.
Ma, sappiamo che a vincere sono stati i Brexiteers. Da allora, l’ala Brexit del partito Tory, guidata da Boris Johnson e dai suoi alleati, è stata pressoché dominante, rifiutando di riconoscere la gravità delle conseguenze economiche della Brexit (sulla ricostruzione di queste vicende si vedano i nostri articoli qui e qui).
Dopo il fallimento parlamentare di Theresa May, Johnson ha portato i Tory alla vittoria nel 2019. Ha mostrato un totale disprezzo per gli standard della vita pubblica e dello stato di diritto. Ha dato la priorità a una “Brexit dura” che ha messo in discussione l’integrità del Regno Unito (creando la lacerante questione del confine con l’Irlanda del Nord). Ha fatto fuori gli eurofili conservatori, rimodellando il partito a sua immagine; ha conquistato seggi laburisti nel nord e nelle Midlands (il cosiddetto “red wall”), grazie alle promesse di investire “per farli salire di livello” (levelling up agenda); ha schiacciato il corbynismo; e ha ottenuto una forte maggioranza per i conservatori dopo un decennio di governo instabile. Ha anche superato le preoccupazioni dogmatiche dell’era Cameron riguardo la riduzione del deficit e l’austerità.
La Brexit è stata venduta al pubblico britannico come un modo per riprendere il controllo e ridurre l’immigrazione. Ciò che non è stato detto è che i Brexiteers, come Truss e Kwarteng, volevano usarla per ridurre le tasse e le normative per rendere la Gran Bretagna un posto più redditizio per i milionari e un posto più crudele per i normali cittadini9.
Un voto democratico in un referendum si è trasformato in un colpo di Stato di destra, culminato in un programma libertario distruttivo, un tentativo di rimpicciolire uno Stato che la destra considera troppo “grasso”, di eliminare gli ultimi resti di regolamentazione, di cercare di abbassare le tasse, per quanto vitali per sostenere i servizi pubblici. Tutto in nome della “liberazione dell’impresa” e di una forzata “fiducia in se stessi” per una forza lavoro che la destra Brexiteer considera pigra e protetta.
Mentre Truss e Kwarteng giocano a rilanciare il thatcherismo, la City di Londra ha deciso di smascherare il loro bluff, rigettando frontalmente le soluzioni economiche che intendono perseguire. La City non le ha considerate credibili e sostenibili, soprattutto alla luce della rivalutazione del dollaro e dei buoni del Tesoro degli Stati Uniti. Come ha fatto notare il laburista Ed Miliband: “i Tory credono nei mercati, ma i mercati non credono più nei Tory!”
Il fatto è che mettere a rischio la stabilità del mercato dei buoni del Tesoro non è uno scherzo, significa mettere a rischio anche la stabilità dell’intero mercato finanziario, e quindi le case pagate con i mutui dalle persone (i prestatori di mutui hanno ritirato le offerte a tasso fisso in poche ore), le pensioni e i servizi pubblici su cui tutti i cittadini fanno affidamento.
Crisi dei Tory e rilancio del Labour
Tre quarti degli elettori del Regno Unito, compreso uno sbalorditivo 71% di coloro che hanno sostenuto i conservatori alle ultime elezioni generali, hanno ritenuto che il primo ministro, Liz Truss, e il cancelliere, Kwasi Kwarteng, avessero “perso il controllo” dell’economia, secondo un sondaggio realizzato per l’Observer.
A meno che non prevalgono teste più sagge nel partito Tory e non ci sia un drastico cambio di rotta o un cambio di personale ai vertici del governo, il Regno Unito ha di fronte la prospettiva di forse due anni di oscillazione da una crisi all’altra con un inarrestabile deterioramento dell’economia, e il potenziale per una profonda divisione sociale che potrà anche portare a focolai di proteste su larga scala, che forse degenereranno in rivolte popolari.
Per ora, la Trussonomics ha mandato in fumo la reputazione di competenza economica dei conservatori e ha dato al Labour Party un vantaggio tra i 19 e i 33 punti percentuali nei sondaggi (46% a 26% e 54% a 21%), per cui una sconfitta dei Tory sarebbe certa alle prossime elezioni.
Quello che non è chiaro è se il Labour di Keir Starmer – che si presenta come la figura naturale della stabilità, un partito “patriottico” e “centrista” più che di sinistra, e ha condannato l’intero pacchetto economico governativo come “economia del casinò” – ha un piano per spezzare l’appropriazione della ricchezza da parte della City di Londra e puntare su lavoro e crescita dell’economia reale che è stata troppo bassa dalla crisi finanziaria globale del 2008.
Se non si trova un modo per affrontare questo problema, anche i governi Labour si troveranno di fronte alla scelta tra non finanziare adeguatamente i servizi pubblici o farlo al prezzo di un onere fiscale crescente e politicamente impopolare. Per ora, i laburisti hanno solo un ambizioso piano di crescita verde che prevede un massiccio passaggio alle energie rinnovabili con l’obiettivo di fornire energia più economica a lungo termine. Inoltre, offrono un piano per finanziare il congelamento dei prezzi dell’energia con una tassa sugli extra-profitti delle compagnie petrolifere e del gas.
In prospettiva, il Labour che diventa il partito della stabilità del mercato finanziario, della “responsabilità fiscale, significherà conflitto con i lavoratori e i sindacati se non riuscirà ad essere anche il partito della “giustizia sociale”. Questo perché, nelle condizioni economiche in cui si trova il Regno Unito, non importa quale partito sia al potere, la pressione per misure di austerità per ridurre il debito pubblico aumenterà.
In caso di una vittoria elettorale, il Labour può provare a costruire un modello basato su una partnership tra governo e imprese, perseguendo una strategia industriale progettata per affrontare le sfide nazionali – cambiamenti climatici, dati, assistenza, resilienza – e nel contempo attenta a costruire un società più inclusiva e giusta. Un percorso che probabilmente richiederà anche la riapertura dei mercati dell’UE a imprese, alta tecnologia, università e finanza britanniche. Questo vorrà dire aderire all’unione doganale e allinearsi alle norme e ai regolamenti dell’UE settore dopo settore, in modo da avere una prospettiva di crescita delle esportazioni – e di accompagnamento alla crescita degli investimenti – per elevare il tenore di vita del popolo del Regno Unito.
Alessandro Scassellati
- Elisabeth Truss è stata eletta con i voti di soli 81 mila membri di un Partito Conservatore sempre più estremista. Non ha vinto le elezioni generali e le sue politiche sono in contrasto con il manifesto elettorale del partito su cui si era candidato il suo predecessore, Boris Johnson, nel 2019. Non faceva alcuna menzione di tagli alle tasse multimiliardarie per i ricchi o di un vasto programma di tagli alla spesa pubblica, anzi prometteva di “alzare il livello” del Paese. Quei membri del partito hanno eletto una leader appartenente alla fazione della destra libertaria di cui si possono fidare per realizzare la Brexit che hanno sempre desiderato, trasformando la Gran Bretagna nella “Singapore-sul-Tamigi“, un paradiso del libero mercato dove il capitale internazionale può operare senza ostacoli da norme che tutelino l’interesse pubblico.[↩]
- Simon Clarke, il segretario per il “levelling up” e un alleato chiave di Truss, ha indicato che il welfare dovrebbe essere tagliato e alcuni progetti annullati per far fronte al debito. Clarke ha detto al Times che l’Occidente vive in un “paradiso degli sciocchi” di uno stato sociale insostenibile, per cui i dipartimenti governativi dovranno “rifilare il grasso“. Ma, nel caso del governo Truss, molti analisti sostengono che invece di limitarsi a “rifilare il grasso“, questo governo sembra intenzionato ad affondare completamente lo stato sociale dopo circa 15 anni di tagli continui. Negli ultimi dieci anni, lo smantellamento del welfare state britannico ha spesso assunto la forma di tagli diretti al bilancio. La spesa per le scuole per alunno è diminuita dell’8,3% in termini reali tra il 2009 e il 2019. Il finanziamento delle amministrazioni locali da parte del governo centrale è stato ridotto del 49,1% tra il 2010 e il 2018. Anche molti dipartimenti governativi hanno subito tagli ai budget per milioni; la spesa del Dipartimento per l’energia e il cambiamento climatico è stata tagliata del 23% nel 2011. In altre aree, il settore pubblico è stato svuotato in modi più insidiosi. Sebbene la spesa sanitaria totale sia stata protetta dai tagli diretti, ad esempio, la crescente domanda di servizi sanitari causata dall’aumento della povertà e dall’invecchiamento demografico non è stata compensata dagli aumenti della spesa del SSN. Entro la fine del decennio, i tempi di attesa per le cure di emergenza e i trattamenti complessi erano aumentati vertiginosamente. La dimensione della funzione pubblica è crollata del 19% tra il 2010 e il 2016. Solo tra il 2010 e il 2014, la spesa pubblica per i servizi di outsourcing nel Regno Unito è raddoppiata a 88 miliardi di sterline, trasferendo ingenti risorse pubbliche in mani private. Il Regno Unito ora affronta il rischio reale che il suo stato sociale diventi un “sistema duale“, in cui una parte considerevole dell’assistenza è fornita da società private in parallelo con un sistema sanitario pubblico. Al di fuori del governo centrale e del SSN, molte amministrazioni locali sono già al punto di rottura, con quelle più povere che lottano per fornire e mantenere servizi di base come parchi, biblioteche, raccolta dei rifiuti e centri per l’infanzia. Alla luce di tutto ciò, è possibile presumere che un’ulteriore privatizzazione sia esattamente ciò che il governo Truss spera di ottenere attraverso ulteriori tagli. Le politiche annunciate sono un caso da manuale di come si fa affondare lo stato sociale, forse del tutto.[↩]
- La trickle-down economics è spesso vista come parte di quelle che gli economisti chiamano “politiche economiche dal lato dell’offerta” che sostengono che sono i fallimenti nella produzione, non la domanda, il problema per la produzione capitalista. Questi economisti neoliberisti auspicano una forza lavoro “flessibile” e una maggiore produttività grazie a maggiori investimenti; non la gestione della domanda macro che i keynesiani sostengono sia la risposta. In particolare, la teoria del trickle-down sostiene che un carico fiscale inferiore all’estremità superiore dello spettro economico fa aumentare i redditi per coloro che risparmieranno e investiranno di più. Ma, Margaret Thatcher, che Liz Truss sostiene di idolatrare, sapeva bene che i tagli alle tasse per i ricchi si limitano a trasferire il reddito alla classe dirigente senza produrre investimenti per la crescita, solo bolle speculative che fanno salire il valore degli asset. Per fare in modo che le sue politiche neoliberiste fornissero una parvenza di crescita, ha dovuto gettare nel circolo vizioso finanziario la preesistente ricchezza pubblica: case popolari e servizi pubblici (ferrovie, gas, elettricità, acqua). In breve, le politiche di Thatcher hanno stimolato la crescita non perché la trickle-down economics funzionasse, ma perché porzioni della ricchezza comune della società furono liquidate a prezzi ridotti e gettate nel calderone finanziario della City di Londra.[↩]
- In tutta Europa, dalla pandemia in poi, si è affermata una versione del neoliberismo meno feroce, un neoliberismo con sussidi che fornisce un sollievo passeggero ad ampie fasce dei cittadini, senza che venga messa in discussione la struttura iniqua del sistema economico. Ora, in presenza di un’inflazione galoppante e di una drammatica crisi energetica, il focus della politica dei sussidi sono diventate le bollette elettriche. Su questa voce di spesa il governo italiano ha messo 66 miliardi di euro nel 2022, mentre quello tedesco si è impegnato per 200 miliardi nel 2023 e quello francese per 45 miliardi.[↩]
- Le regole del partito conservatore affermano che un nuovo leader è protetto da un voto di sfiducia per un anno. Tali regole potrebbero essere sospese, tuttavia i principali ribelli hanno sottolineato che né May né Johnson sono stati costretti a ritirarsi da un voto di non-fiducia. Alla May è stato semplicemente detto da Graham Brady, presidente del Comitato parlamentare 1922, che i parlamentari avevano perso la fiducia in lei, mentre Johnson alla fine ha rinunciato alla sua carica di premier dopo mesi di scandali e le dimissioni di massa dei ministri. La diffusa volontà di far fuori Truss da parte dei suoi stessi parlamentari è esacerbata dalla sua decisione di licenziare i sostenitori del suo rivale alla leadership del partito, Rishi Sunak, nonché di nominare dei fedeli alleati ai massimi incarichi.[↩]
- Kwarteng vuole mantenere il taglio delle tasse a coloro che hanno opzioni su azioni, tagliando 1 miliardo di sterline dalle tasse sui dividendi e togliendo il tetto agli aumenti dei bonus dei banchieri. Vuole anche mantenere il taglio di 2 miliardi sulle tasse dei dipendenti che diventano lavoratori autonomi. Ci sono poi i 2 miliardi che ha stanziato per gli acquisti esentasse per i turisti stranieri e i 19 miliardi di tagli alle tasse sulle società. Infine, Kwarteng si rifiuta di introdurre una nuova tassa sugli extra-profitti delle società del petrolio e gas.[↩]
- Da questo punto di vista, l’approccio neoliberista della Truss assomiglia più a quello di Ronald Reagan che a quello di Margaret Thatcher, con il deficit degli Stati Uniti sotto il presidente Reagan che è salito a livelli senza precedenti grazie ai tagli alle tasse per i ricchi e ai grandi aumenti delle spese militari. Si stima che i piani economici di Truss-Kwarteng richiederebbero strabilianti prestiti addizionali per 400 miliardi di sterline nei prossimi anni per finanziare il bilancio dello Stato. Naturalmente, il problema di questo approccio è che, come hanno scoperto Truss e Kwarteng, il Regno Unito non è gli Stati Uniti, dove tra l’altro la FED sta alzando i tassi di interesse in modo molto più deciso rispetto alla Banca d’Inghilterra. E’ un Paese isolato e non è il colosso americano al centro dell’intero sistema mondiale del commercio, del debito e del potere militare, la cui credibilità sui mercati è fuori discussione.[↩]
- A settembre i buoni del Tesoro di tutti i Paesi del mondo hanno subito una delle più grandi vendite degli ultimi decenni, mentre qualsiasi valuta diversa dal dollaro ha perso valore in modo deciso.[↩]
- Nel libro Britannia Unchained del 2012, che aveva Truss e Kwarteng tra gli autori, si sosteneva che la sterlina può crollare, i costi dei prestiti possono salire alle stelle, i fondi pensione possono barcollare sull’orlo del collasso, il mercato dei mutui può crollare, le pensioni possono bloccarsi, i bambini possono soffrire la fame e la disuguaglianza può ulteriormente allargarsi, basta che prevalga un’economia costruita a servizio dei bisogni dei venture capitalists che devono essere indotti a rimanere nel Regno Unito con la garanzia di una libertà nel mercato del lavoro, negli standard ambientali e sociali – e , idealmente, da una esenzione dalle tasse.[↩]