Non ho mai conosciuto di persona Giuseppe Prestipino e ho seguito in modo discontinuo i suoi scritti.
Oggi che se n’è andato, alla tristezza comune a tutti quelli che sentono la sua mancanza, io aggiungo un profondo, lancinante rimpianto. Il rimpianto per le cose importanti che avresti voluto fare e che, perché c’è sempre qualcosa di più urgente, non hai mai fatto, salvo, poi, pentirtene quando è troppo tardi.
Da moltissimi anni mi ero ripromesso di incontrare personalmente Giuseppe Prestipino per parlare del suo secondo periodo di permanenza a Tripoli, dal 1948 al 1951. Non soltanto per approfondire la vicenda storica del movimento comunista degli italiani sviluppatosi in Libia dal 1947 al 1951, quando la British Military Administration ne sciolse le Organizzazioni ed espulse i principali dirigenti, tra cui lo stesso Prestipino, ma anche Valentino Parlato, Enrico Cibelli, Mario Mazzarino, Carlo Cicerchia e molti altri. Quella vicenda è stata ampiamente descritta da Del Boca e da alcuni degli stessi protagonisti, a cominciare da Prestipino. Ciò che mi interessava era poter incrociare i ricordi personali. I miei, quelli di un ragazzino di 9-10 anni che quando usciva scuola assisteva alle manifestazioni (“dimostrazioni” le chiamavamo allora) che ogni settimana si snodavano per le vie principali di Tripoli, senza capirne il significato (ma di cui ricordo ancora gli slogan). E i ricordi di chi quelle manifestazioni le organizzava.
Mi dispiace, caro Prestipino! Spero che potremo farlo in un’altra vita.
Andrea Amato