intersezioni femministe

Femmnoir

di Nicoletta
Pirotta

Premessa

In questo numero della rubrica “Intersezioni Femministe” presentiamo brevi cenni di storia e alcuni contenuti di fondo del “black feminist”, il femminismo nero. Un femminismo che, con le proprie specifiche elaborazioni e pratiche di lotta, ha influenzato notevolmente  l’ultima ondata del movimento femminista internazionale.
Nei prossimi numeri pubblicheremo biografie e pensiero di alcune esponenti del femminismo nero, fra le quali Angela Davis, Audre Lorde, bell hooks.

Non abbiamo pretese di esaustività nei riguardi della formidabile storia del  Black Feminism.
Ci è sembrato, d’altro canto, assolutamente necessario inserire, fra i testi della rubrica che curiamo,  alcune note su un femminismo, quello nero per l’appunto, di cui avvertiamo tutta la potenza rivoluzionaria e l’ineludibilità.

Le curatrici

Sul femminismo nero: brevi cenni storici e alcuni contenuti di fondo

Brevi cenni storici

Il cosiddetto “Black Feminism” (“Femminismo nero”) è una corrente di pensiero e di lotta sorta, negli Stati Uniti, nella seconda metà degli anni ’60 del secolo scorso.
Una corrente che seppe farsi movimento e pratica di lotta per portare la voce e l’esperienza di vita delle donne nere dentro le lotte per l’emancipazione che in quegli anni esplosero non solo negli USA.
Fare sentire la propria voce e denunciare le specifiche forme di sfruttamento non è mai stato facile per le donne nere, oggetto di un’esclusione che riguardava non solo i “fratelli neri” ma altresì le donne bianche.

Va detto però che un  femminismo nero si era già palesato nel 1800.
Nel 1830 alcune associazioni quali la “Società Femminile Antischiavista di Filadelfia” e la “Società Femminile Antischiavista di New York”, si unirono le forze per l’abolizione della schiavitù. La “Convenzione nazionale sui diritti della donna tenutasi” a New York City nel 1886, venne organizzata per affrontare la questione del diritto di voto per le donne e la comunità nera.
Tuttavia, le associazioni femministe si divisero molto rapidamente su alcune questioni di fondo, in particolare sul ruolo della famiglia, e le donne afroamericane vennero escluse dal club delle donne americane bianche.
Fu in questo contesto che emerse il femminismo nero. Un femminismo che volle sottolineare la specificità della condizione della donne nera, oppressa non solo dall’essere donna ma altresì. e in pari forza, dall’essere nera e spesso di classe impoverita.
In quegli anni emersero anche le prime pubblicazioni che teorizzavano il concetto di femminismo nero, come “Lola Leroy” di Frances Harper, “Voice from South” di Anna Julia Cooper, “Contending Forces” di Pauline Elizabeth Hopkins.

Dalla fine degli anni ’60 del secolo scorso il femminismo nero torna sulla scena, segnando una presenza forte ed organizzata all’interno dei movimenti di liberazione dell’epoca.
Nel 1970  nasce la Third World Women’s Alliance (TWWA), fondata a New York e, sempre in questa città, nel 1973 vede la luce la National Black Feminist Organization (NBFO). Nel 1974, a Boston, viene fondata, grazie a Barbara Smith, Cheryl Clarke e Gloria Akasha Hull,la più radicale e conosciuta organizzazione del “Black Feminism” e cioè  il “Combahee River Collective. Al Collettivo, resosi indipendente dalla  NBFO all’interno della quale era nato, aderirono  femministe e lesbiche nere.
Il Collettivo va particolarmente ricordato per uno degli aspetti che contraddistinse la sua pratica: i suoi “ritiri”, che in parte ricordano la pratica dei gruppi di autocoscienza, cioè “spazi autonomi di sicurezza” che divennero lo strumento per definire il proprio progetto politico. Questi ritiri si svolgevano regolarmente e consentivano  momenti di socializzazione e di riscoperta della propria spiritualità. In essi le attiviste avevano, altresì’,  la possibilità di confrontarsi su temi quali  il rapporto tra il femminismo nero e il mondo accademico, l’amore tra donne lesbiche e non lesbiche, il rapporto fra bianche e nere e i conflitti di classe tra donne nere.
Verso la fine degli anni ’70 una tournée che ha riunito alcune artiste nere sotto il nome di “Various Voices of Black Women” ha ulteriormente contribuito alla crescita del movimento.

Nel corso degli anno ’80 e ’90 vedono la luce, nel mondo accademico europeo e nord americano, gli studi post-coloniali (Frantz Fanon, Jacques Deridda, Edward Said, Gayati Spivak per citare alcuni nomi) nei quali si sottolinea l’importanza di studiare il colonialismo per comprendere le relazioni di potere che ancora agiscono nei rapporti fra l’Occidente e gli altri Paesi del mondo.
All’interno di questi studi si fa strada, anche negli USA, un punto di vista femminista e decoloniale (ne abbiamo parlato in alcuni precedenti articoli pubblicati in questa rubrica. ndr) secondo il quale i processi di razzializzazione agiscono su piani differenti – giuridici, culturali, sociali, politici – e producono, abbinati al genere e alla classe, forme specifiche di esclusione.

Il femminismo nero ha fatto sentire la propria voce, più recentemente, all’interno del movimento “Black Lives Matter” denunciando il fatto che gli omicidi di donne nere cisgender e transgender, salvo rare eccezioni, non ricevono la stessa attenzione dagli attivisti del movimento.

Alcuni temi di fondo

Il tema di fondo che spiega la nascita del “femminismo nero” fin dai suoi esordi sta nella denuncia  della peculiare condizione di oppressione delle donne nere che non può essere ridotta né solo  all’appartenenza alla comunità nera né solo all’essere donna.
Nel programma delle femministe nere, la lotta contro il razzismo di cui erano quotidianamente vittime era fondamentale. Perché, prima ancora di poter pensare di combattere contro le discriminazioni sessuali, queste donne dovevano lottare per vivere.
Silvia Torneri in un suo saggio sul Black Feminism scrive : “È proprio a partire da questa condizione ambigua di subalternità estrema, dettata dal fatto di essere contemporaneamente nera, femmina e proveniente il più delle volte dai gradini più bassi della scala sociale, che la donna nera sarà spinta ad elaborare una propria soggettività autonoma che sappia combinare questi diversi ambiti di lotta, senza cadere in un approccio “monista” che la costringerebbe a sceglierne uno soltanto, arrivando ad offrire una visione rivoluzionaria più ampia di quelle esistenti, che coinvolge tutti gli ambiti dell’esistenza.”

A partire da questa specifica condizione le femministe nere hanno sottolineato  quanto fossero  inadeguate le analisi (proprie di larga parte del femminismo bianco) fondate “solo” sulle categorie analitiche del genere e della differenza sessuale e quanto invece si rendesse necessario affrontare il nodo delle  relazioni di potere fra donne, in una prospettiva che considerasse l’intersezione fra  genere, razza e classe.
Per prima cosa è necessario individuare il reale responsabile dell’oppressione contro cui indirizzare la lotta.
Per il “black feminism” non è sufficiente identificare il “dominio maschile” come archetipo di tutte le altre forme di oppressione. Se è vero che il potere maschile opprime tutte le donne non è altrettanto vero che le donne vivano tale oppressione in egual misura.
È necessario dotarsi di un’analisi sistemica che tenga  conto dell’intreccio fra le diverse oppressioni, quelle oppressioni che le donne nere si trovano a subire e a dover contrastare  quotidianamente. Individuare l’origine dello sfruttamento razziale, sessuale e lavorativo nel patriarcato suprematista bianco, come lo definisce bell hooks, e al contempo comprendere quanto essi siano intrecciati con  i rapporti di sfruttamento capitalistici, come sostiene Angela Davis per la quale “il femminismo deve portare alla consapevolezza di quel che il capitalismo è”.

A questo proposito un altro fondamentale assunto del femminismo nero sta nel sottolineare l’importanza, nella vita di una donna, del ruolo giocato dalla classe sociale di appartenenza (secondo dati del 2020, le donne nere , negli USA, rappresenterebbero il 10% dei posti di lavoro a bassa retribuzione, ovvero posti di lavoro che pagano meno di 11 dollari all’ora, ovvero circa 22.880 dollari all’anno, mentre rappresentano solo il 6,2% della forza lavoro totale).

All’idea  di una sorellanza globale fondata sull’oppressione di genere , le donne nere hanno opposto la loro esperienza, che era ed è quella di una discriminazione razziale, evidente anche sul piano economico.
Il rapporto delle donne nere con le donne bianche più che un rapporto fra “sorelle” è stato un rapporto di sudditanza o comunque di servizio (la “serva che serve”).

Prima di parlare di  sorellanza globale fra tutte le donne del mondo è necessario mettere in discussione le relazioni asimmetriche di potere fra donne che ancora non sono del tutto superate.

Nicoletta Pirotta

Riferimenti bibliografici (testi e siti)

“Il Black Feminism. Un ripensamento femminista ed intersezionale dei rapporti di potere”

Tesi di Laurea Magistrale di Erica Armani, Università Ca’ Foscari Venezia anno accademico 2013/2014, 845512-1184172.pdf;sequence=2 (unive.it)

“Identità e differenze. Introduzione agli studi delle donne e di genere”, Maria Serena Sapegno (a cura di), Capitolo 8 “Femminismo e femminismi dagli anni Ottanta al XXI secolo”, Monica Pasquino e Sonia Sabelli, 2011/ Mondadori-Università/Sapienza Università di Roma

“Storia delle storie del femminismo”, Cinzia Arruzza e Lidia Cirillo, Edizioni Alegre, 2017

Femminismo nero: che cos’è e perché è importante | Roba da Donne

Che cos’è il femminismo nero? (infoafro.com)

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