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Fame di un mondo nuovo

di Tommaso
Chiti

Tre anni da quel 9 luglio 2021, quando il pretesto di alcuni giorni di ferie servì agli amministratori di GKN Driveline di Firenze – controllata dal fondo speculativo Melrose – per licenziare in tronco e senza preavviso 422 fra operai e lavoratrici dei servizi in appalto dello stabilimento di Campi Bisenzio con una semplice mail.
La tenace resistenza del Collettivo di Fabbrica, l’attività sindacale delle RSU, i ricorsi al tribunale del lavoro firmati FIOM e i contatti in rete con le tante realtà associative del territorio, non solo hanno sventato la delocalizzazione dell’impianto produttivo, ma hanno ribaltato il paradigma dei rapporti di forza all’interno del conflitto per il riscatto del lavoro dignitoso.

Venerdì evento in piazza a Firenze

E per l’occasione del terzo anniversario, venerdì 12 luglio dalle ore 19.30 in piazza Poggi a Firenze verrà scritto un nuovo capitolo della vertenza. L’appuntamento si apre con un dialogo sul lavoro fra Valerio Mastrandrea, Francesca Coin, Christian Raimo e referenti del Collettivo di Fabbrica. A seguire il concerto in piazza sempre ad ingresso libero, che vedrà la partecipazione di Mauràs, Romanticismo Periferico, Banda Bassotti, Dutch Nazari, CIMINI, Eugenio Cesaro e Sick Tamburo.
Una rivendicazione collettiva a più voci e stili di linguaggio, quella che il Collettivo prova a tracciare anche sui propri canali, “di un’assemblea permanente, di convergenza, cortei, progettualità industriale e di riconversione ecologica, mutualismo. Di dignità sociale.” Con la consapevolezza di essere “già storia” e con l’urgenza di continuare “ad essere futuro”. Per questo gli oltre centoquaranta dipendenti ancora impegnati nella vertenza rilanciano l’appello alla mobilitazione, per concludere l’evento di venerdì con un nuovo corteo. Perché sempre a detta del Collettivo di Fabbrica “è urgente dare una spallata dopo l’altra al muro di gomma fatto di immobilismo, calunnie, assenteismo di un sistema politico ed economico. Perché la ex Gkn è il migliore o il peggiore dei precedenti possibili. E perché ancora oggi, se vinciamo qua, creiamo un esempio contagioso a favore di tutte/i”.

Sullo stato della vertenza

Nella conferenza stampa di presentazione dell’evento poi il Collettivo fa un riepilogo della più lunga vertenza sindacale nella storia della Repubblica italiana snocciolando alcuni numeri: “1096 giorni di assemblea permanente. Almeno 12 ore di sciopero generale. Due articoli 28 per condotta antisindacale. 6 manifestazioni su Firenze, 3 su Campi, Bologna, Napoli, due festival della Letteratura Working Class, almeno 150.000 persone coinvolte, 17.000 firme raccolte per l’intervento pubblico, una legge anti-delocalizzazoni, una legge regionale per l’intervento pubblico, la convergenza al posto della frantumazione e del settorialismo, almeno 4 giornate campali per la reindustrializzazione, 4 concertoni, oltre 10.000 km di Insorgiamo Tour, almeno 2 libri, 1 spettacolo teatrale, 1 documentario, 2 progetti industriali, una Società Operaia di Mutuo Soccorso, 1 Cassa di Mutuo Soccorso, 800.000 euro di azionariato popolare, 8 prototipi di CargoBike realizzati, la birra della Convergenza e la Working Class Beer, risa pianti, 13 mesi senza stipendio, 2 procedure di licenziamento, una terza si sta preparando”.
In effetti la ricorrenza del terzo anniversario dal tentativo di licenziamento di massa è segnata dalla recidività del liquidatore di QF, azienda subentrata a GKN senza alcun piano industriale, sull’ulteriore procedura di licenziamento, dopo due sconfitte già subite in tribunale per il ricorso sindacale vinto dagli operai. E se la parte padronale sembra brancolare nel buio, perpetrando il piano di licenziamento per sfinimento degli operai rimasti; le rivendicazioni operaie sono ormai nette e si rivolgono anche a quegli attori territoriali finora rimasti abbastanza defilati nella vicenda. Tre i punti focali della piattaforma di rilancio: l’accreditamento degli stipendi arretrati, il commissariamento di QF da parte delle istituzioni ed una legge regionale per la riconversione produttiva di una fabbrica eco-compatibile e socialmente integrata.
Malgrado i rimpalli di responsabilità fra governo nazionale e quello regionale, alcuni spiragli si sono aperti dopo lo sciopero della fame, organizzato nelle scorse settimane con una tendata proprio nel centro storico di Firenze. Il Consiglio regionale ha infatti calendarizzato la discussione di una legge per la reindustrializzazione dello stabilimento di Campi Bisenzio, che sembrava condannato alla speculazione edilizia. Inoltre, la Giunta regionale ha varato un nuovo tipo di ammortizzatore sociale per dipendenti che, pur non essendo formalmente licenziati e quindi beneficiari di sussidi di disoccupazione, a causa di vuoti normativi e gestioni aziendali pessime, si trovino da almeno sei mesi senza stipendio. Non si tratta insomma ancora degli importi arretrati dovuti ad operai lasciati a loro stessi a causa di una proprietà latitante, di certo però una boccata d’ossigeno vitale per il sostentamento degli addetti. E su questo il Collettivo sempre dai social commenta: “ci avete fatto tanto male, calunniandoci, impoverendoci, dimezzandoci, inventandovi divisioni. E proprio per questo la notizia è ancora più incredibile: siamo ancora in piedi e voi non state vincendo.”
A vincere almeno in tribunale sono infatti stati i ricorsi per licenziamento illegittimo e condotta antisindacale, patrocinati dalla FIOM che, anche grazie al recente avvicendamento ai vertici territoriali, ha ripreso a cuore la vertenza con maggiore determinazione verso una sua risoluzione favorevole.

“Pronti a subentrare all’azienda”

Fra solidali ed operai del Collettivo di Fabbrica c’è insomma “fame di un mondo nuovo”, che non sia più quello della speculazione finanziaria ed immobiliare, in cui conta solo il profitto di classi dirigenti e padronali, la cui inettitudine finisce per compromettere intere esistenze. Perciò nella conferenza stampa del terzo anniversario dell’assemblea permanente le RSU si dicono “pronti a subentrare all’azienda”.
Intanto sembra più vicino anche l’auspicato tavolo ministeriale per il commissariamento di un’azienda come QF, incapace di prospettare qualunque tipo di reindustrializzazione del sito produttivo e dedita più a veline diffamatorie, che a motivare concretamente gli emolumenti aziendali di vertici inoperosi.
Negli ultimi giorni infatti sono ripartiti i contatti fra Firenze e Roma, con “interlocuzioni informali con il Ministero” per valutare la riapertura delle trattative in tempi ragionevoli, anche con il possibile intervento pubblico nel caso in cui la proprietà continui a dimostrarsi incapace di gestire il sito produttivo. Allo stato occupazionale attuale, rispetto alla normativa vigente che fissa ad almeno 250 unità occupate il numero utile per l’attivazione del commissariamento, si dovrebbe trattare di una deroga, come del resto è avvenuto anche in altri casi.
Alcuni commentatori esperti hanno parlato del rischio di “soluzione all’italiana”, ovvero di rinvio annoso della questione fino al suo esaurimento per consunzione. Eppure proprio la mobilitazione popolare, la solidarietà della classe lavoratrice e la convergenza culturale, messe in campo dal Collettivo di Fabbrica, hanno finora scongiurato che anche questa vertenza finisse nel dimenticatoio.
Non a caso le istituzioni cercano di riguadagnare un po’ di terreno, in una fase sempre più critica per il tessuto produttivo italiano, che proprio l’altro giorno la Banca d’Italia ha fotografato in peggioramento nel secondo trimestre per il comparto industriale, con il saldo negativo sulle condizioni d’investimento, dovuto soprattutto alle aspettative d’inflazione sempre insostenibili per i prossimi anni. Inoltre, il saldo fra aspettative di crescita e di contrazione produttiva per l’84% delle aziende si è fortemente assottigliato. In Toscana poi il settore manifatturiero ed in particolare nel comparto tessile e moda così come per la conceria si vive una forte battuta d’arresto, con il rischio di esaurire le ore di cassa integrazione disponibili, imboccando quindi la via di ulteriori licenziamenti.
In questo quadro sconfortante, in cui il governo maldestro di Meloni sembra una comparsa piuttosto distratta, pesa poi anche l’ultima pubblicazione di OCSE sulla contrazione dei salari e la perdita di potere d’acquisto di molte persone in Italia. Nel primo trimestre di quest’ anno è stato infatti registrato un calo del 6,9% dei salari reali rispetto all’inflazione, con il Belpaese in fondo alla classifica delle aree industrializzate. Un carovita galoppante e redditi da lavoro che non bastano a sbarcare il lunario sono già di per sé la ragione per cui la vertenza del Collettivo di Fabbrica non riguarda solo le centinaia di lavoratori e lavoratrici direttamente coinvolte, ma parla all’intera classe lavoratrice, che ora ha “fame di un mondo nuovo”.

Tommaso Chiti

INFO sull’evento qui: Abbiamo fame di un mondo nuovo

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