“La foiba è costituita da un avallamento carsico, orrido a semicerchio di cui la parete verticale (E) è alta circa 130 metri , ed è frangiata in alto dalle case di Pisino. Al piede di essa si apre un antro nel quale s’ interna e sparisce il torrente Foiba. Scendendo al pittoresco imbocco si vede un laghetto sotterraneo , aldilà del quale non si puo’ proseguire .”
Guida TC , 1934)
Alla fine della seconda guerra mondiale milioni di persone vennero espulse o si trovarono “straniere” in realtà geopolitiche che all’ inizio del secondo conflitto mondiale non esistevano. Quanto accadde in Italia nel 1945 al confine orientale allorquando si costituì la Repubblica popolare jugoslava va considerato come un episodio, minore ma emblematico di una tragedia più grande che il nazifascismo aveva provocato, con politiche di sopraffazione e di sterminio , tanto più virulente qui, nella Regione della Venezia Giulia, che allora comprendeva anche il Friuli, l’ Istria e la Dalmazia, dove da secoli convivevano diverse etnie. Il fascismo le definiva allogene e su di esse praticò assimilazione e politiche di snazionalizzazione , facendo crescere avversione ed odio soprattutto tra i ceti popolari .
La monarchia sabauda e il regime fascista, che sino al 25 luglio 1943 si erano affidati alla mortifera alleanza con Hitler, e che dopo l’ 8 settembre si separarono, ma non sempre in nettezza di posizioni e lasciando sbanditi e senza direttive milioni di soldati, si resero responsabili , moralmente e politicamente di quanto allora accadde , prima sui campi di battaglia, poi nel contesto dei territori che amministrativamente facevano parte del Regno d’ Italia comprese quindi le colonie africane e il Dodecaneso .
L’ eccidio di Cefalonia che avviene tra il 14 e il settembre del ‘43 è la prima tappa del riscatto del nostro esercito e del paese che rivolge le armi contro il nazismo ed i nemici dell’ umanità. Dalla Grecia gli italiani, militari e non, che sopravvivono alle rappresaglie tedesche sanno che chi di loro vuole combattere, deve unirsi ai partigiani dell’ ELAS e quelli liberati dagli inglesi risalire la Pomorska per aggregarsi all’Armata Popolare Jugoslava, puntare su Belgrado e al nord per combattere contro i cetnici serbi, gli ustascia di Ante Pavelic e i domobranci sloveni, e perciò anche contro i fascisti italiani che nell’ aprile 1941 avevano aggredito e poi annesso all’ Italia la Regione della Slovenia trasformandola in “provincia” del Regno d Italia.
La circolare 3/C emanata dal generale Roatta nel 1942 e che interessava le truppe presenti in Jugoslavia era diretta ad assicurare l’ ordine ad ogni costo, mediante ogni forma di repressione e perciò si procedette con deportazioni, eccidi, incendi di villaggi, esecuzioni.
Così a Fiume , nel vicino paese di Podhum , nel luglio 1942 furono uccisi un centinaio di civili, tutti uomini di un’età compresa tra i 16 ed i 64 anni, per ritorsione all’ appoggio dato al movimento di resistenza.
Nell’ ottobre 1943 con l’ annessione di Trieste e della Venezia Giulia alla Germania si creava il “Litorale Adriatico” (Adriatisches Kunstenland) ed il Trentino subiva la stessa sorte con la creazione dell’Alpen Vorland. I nazisti potevano contare sul collaborazionismo del ceto imprenditoriale , organizzato nell’’Unione Industriali di Trieste” , cui facevano riferimento la grossa borghesia armatoriale , industriale e terriera , con il gruppo dirigente del PNF ,e sul collaborazionismo e la delazione anche di ceti popolari indottrinati ed imbevuti di odio antislavo . Non è casuale che a Trieste si sia potuto riutilizzare un vecchio stabilimento per la pilatura del riso, all’ immediata periferia della città , come fabbrica della morte, quella Risiera che è l’ unico campo di sterminio esistente in Italia e che inghiottì circa 5000 persone , non solo ebrei ma anche comunisti, democratici, rom , omosessuali giudicati ”untermenschen”.
Ideatore e responsabile era il gerarca nazista Odilo Lotario Globocnik , nato aTrieste nel 1904 e che ben conosceva il tessuto economico , sociale e politico della città e della Regione. La repressione nazista fu efferata e micidiale.
Ma se la Resistenza faceva fatica ad organizzarsi in città , a Trieste come Fiume , essa si sviluppò nelle periferie e nelle campagne e così subito dopo l’ 8 settembre in Istria , il Movimento di Liberazione Nazionale Jugoslavo insorse e colpì burocrati , possidenti, gerarchi e fascisti .
A Pisino dove la popolazione dopo l’ 8 settembre aveva iniziato a rimuovere i simboli della dittatura e ad autorganizzarsi con modalità democratiche , la reazione tedesca non si fece attendere , e tra il 28 settembre il 4 ottobre gli Stukas bombardavano e mitragliavano la cittadina volando a bassa quota . L’ eliminazione dei “nemici del popolo” , sancita da un Tribunale Popolare si tradusse in 200 esecuzioni ed avveniva , in quel contesto , per saldare gli obiettivi della liberazione nazionale a quelli della rivoluzione e della costruzione di un paese socialista .
Vi furono molti processi un po’ ovunque ma pochi casi di giustizia sommaria o anche omicidi giustificati da motivi di rancore o per vendette personali e le foibe (voragini) tipici inghiottitoi dei terreni carsici , episodicamente utilizzate come depositi di materiali di scarto , furono adoperate per inumare i corpi di quanto erano stati fucilati o giustiziati .
La foiba di Basovizza sull’ altopiano carsico a ridosso dell’ attuale confine con la Repubblica di Slovenia invece tale non è, si tratta di un pozzo di miniera , una cavità profonda 250 metri dove all’ indomani della liberazione di Trieste ed a conclusione della battaglia ad Opicina contro gli ultimi soldati tedeschi in ritirata ,finirono le salme di diverse centinaia di militari o prigionieri fucilati dopo brevi processi sommari , e anche dopo gli anni ‘50 veniva usato come discarica.
Solo nel 1992 , sotto la spinta di una lettura revisionista della storia è stato dichiarato monumento nazionale, la foiba per antonomasia, ma non è così.
In un’ altra frazione dell’ altopiano carsico , a Monrupino ,si trova invece la foiba 149 profonda 180 metri, che si apre in fondo ad una dolina, con un’imboccatura di 10 metri per 15 . Nei primi giorni di maggio ‘45 vi furono gettate le salme di una cinquantina di soldati tedeschi e anche di alcuni civili giudicati colpevoli di reati comuni e percio’ uccisi con un colpo di pistola alla nuca.
Nella foiba Plutone, che si trova anch’ essa sul Carso Triestino tra i paesi di Basovizza e Gropada, furono gettati i corpi di 18 criminali di guerra, giudicati e giustiziati da un sedicente “tribunale popolare”, i cui membri furono altresì processati tre anni dopo .
E’ dunque fuori luogo e strumentale utilizzare il 10 febbraio ,giorno della Pace di Parigi , come “giorno del ricordo”, in contrapposizione al 27 gennaio , giorno della Liberazione di Auschwitz, per evocare o suscitare ignobili accostamenti o comparazioni o contrapposizioni ideologiche.
La liberazione dell’ Istria dagli occupatori tedeschi e italiani collaborazionisti fu una lotta lunga e difficile e non poteva risolversi in nessuna altra maniera , ma non si trattò di una resa dei conti. Si pensava a costruire un nuovo corso politico per una Jugoslavia socialista e multietnica , con Trieste capitale della VII Repubblica federativa .
Contro questa prospettiva si espresse buona parte del CLN italiano, con motivazioni di gretto nazionalismo e municipalismo. Poichè se in tutta Europa il fenomeno resistenziale era internazionalista, a Trieste non solo ciò non accadeva ma degenerava di conseguenza in ulteriori lacerazioni nelle file del movimento resistenziale , è il caso di Porzus, o nella solitudine dei militanti comunisti che isolati o organizzati in piccoli nuclei nelle città, vittime di delazioni ,venivano facilmente individuati ed uccisi ed ugualmente accadeva in Istria .
Le vestigia di quello che era stato il regime monarco- fascista perciò andava distrutto dalle fondamenta e cio’ avvenne in più maniere,ma non ci fu nessuna “pulizia etnica” ( questo si verifico’ nel 1991 quando rinacquero e prevalsero i i nazionalismi sconfitti nel ‘45) e nessun genocidio, l’ esodo di italiani dall’ Istria non avvenne nel 1947 , era cominciato ben prima e soprattutto continuò anche dopo , fino agli anni ‘60 quando la situazione politica tra Italia e Jugoslavia si normalizzò.
Fu la consapevolezza della determinazione della nuova politica jugoslava a far decidere molti italiani a lasciare la loro casa in Istria e in Dalmazia .
Gli esodi, che riguardarono la Regione Giulia iniziarono dopo il 1918 con la dissoluzione dell’ Impero Austrungarico, si svolsero con l’ emigrazione di sloveni, croati, anche triestini verso l’America, ripresero dal 1945 al 1955 , quando dopo la definizione dei confini e la fine del Territorio Libero di Trieste altri ventimila “triestini” scelsero di emigrare in Australia , e dalla ex Zona B di quel territorio pervennero a Trieste circa 46 mila persone ed altre furono accolte in campi profughi in altre città italiane .
Su questa diaspora, sul falso mito delle terre – “irredente” prima, delle terre “perdute” poi, la demagogia della destra ha ricostruito la sua immagine ed i suo immaginario, non facendo i conti con la storia e con le sue tragedie ma riscrivendone la trama, come solo gli abili falsari sanno fare.
ESODI
In Germania alla fine della guerra i profughi furono oltre 10 milioni , in grandissima parte gli esodi coinvolsero i territori della Polonia (definiti allora Prussia Orientale ) e interessarono circa 7 milioni di persone ; espulsioni o allontanamenti volontari ebbero luogo in Cecoslovacchia dal 1945 al 1948 (3 milioni di abitanti di lingua tedesca erano concentrati nella regione dei Sudeti ed a Praga ), ma toccarono la maggior parte dei paesi dell’Europa centrale e orientale.
Ma gli esodi erano cominciati ben prima
Fra il gennaio e l’ aprile 1945 250.000 tedeschi furono evacuati principalmente dalla Prussia orientale, dalla Pomerania, e dagli Stati Baltici, verso la Danimarca occupata dai tedeschi.
L’espulsione dei tedeschi dall’Ungheria aveva avuto inizio il 22 dicembre 1944,e dopo il 1945 tra 100.000 e 170.000 ungheresi di etnia tedesca furono deportati in URSS.
Questi movimenti coinvolsero dopo il maggio 1945 tra i 12 e i 16 milioni di persone e costituiscono il più grande trasferimento di popolazione avvenuto alla fine della seconda guerra mondiale.
Nella città di Konisberg sul Baltico ( oggi Kaliningrad) vivevano nel 1939 circa 400 mila persone dopo il 1945, con la fuga ed espulsione della popolazione tedesca rimasero 73.000 persone.
In Olanda vennero espulsi 25 mila tedeschi, in Romania nel 1946, circa 70.000 tedeschi rumeni su 410.000 vennero spediti ai lavori forzati in Russia: almeno un decimo di queste persone morì nei campi, il resto tornò in Romania nel 1949, dando vita alla minoranza tedesca che è esistita fino al 1989.
Circa 20 mila italiani nel 1948 dovettero inoltre lasciare il Dodecaneso ,le isole greche occupate dall’ Italia alla fine della guerra italo turca del 1912, e circa 25mila italiani dovettero lasciare l’ Albania ; alla fine degli anni Quaranta saranno circa 206.000 gli italiani profughi rimpatriati dall’Africa, una cifra consistente che comprende sia i territori dell’Africa Orientale, dove risiedevano gli italiani giunti nelle colonie di Eritrea e Somalia alla fine dell’Ottocento e quelli arrivati dopo la conquista dell’Etiopia, sia quelli dell’Africa Settentrionale dove tra il 1933 e il 1940 si registra un forte flusso migratorio che porta in Libia un cospicuo numero di italiani.
Dall’ Istria e dalla Dalmazia l’ esodo , che si protrasse nel tempo , dal 1945-47 almeno ai primi anni ‘60 interessò circa 250 mila persone. Secondo i dati del Censimento 1921 a Fiume risultarono abitanti 106.775 unità, a Pola 297.526 a Zara 20.324 ; in tutta la Venezia Giulia risiedevano , per il tempo che ci interessa 1.697.187 abitanti .
Marino Calcinari
per eventuali approfondimenti cfr.
1.Federico Tenca Montni : “ Fenomenologia di un martirologio mediatico” ed Kappavu , 2014
2.Galliano Fogar : “ Sotto l’ occupazione nazista nelle Provincie orientali”Ed. DelBianco , 1968
3.Teodoro Sala : “ La crisi finale nel Litorale Adriatico “ ed. DelBianco , 1962
4.Miro Tasso : “ Un onomasticidio di Stato” ed.Mladika , 2010
5.Raoul Pupo: “Il confine scomparso”- saggi sulla storia dell’ adriatico Orientale nel Novecento “ Ed. IRSML , Ts, 2007 (pagg 97-128 (“Foibe ed esodo:una eredità del fascismo?”)
6.Roberto Spazzali: “ Foibe.Un dibattito ancora aperto” ed. Lega Nazionale , Trieste 1990
7.Claudia Cernigoi : “Operazione Plutone”-le inchieste sulle foibe triestine- ed KappaVu, 2019