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Elezioni amministrative: tra frammentazione e subalternità

di Riccardo
Rifici

Il panorama politico italiano è abbastanza disastroso. Siamo ormai un protettorato dove una pseudo sinistra, assieme ad una destra con diverse colorazioni, sostengono un cosiddetto “Governo tecnico” molto attento a recepire i suggerimenti Confindustriali. A differenza di altri paesi della UE (e anche del resto del mondo) la Sinistra sembra svoler scomparire. Infatti, le prossime elezioni amministrative vedono una Sinistra che, al di la di diverse buone ed interessanti liste elettorali presentate in diverse città, si presenta a queste elezioni non solo su due fronti contrapposti, ma anche con una grande frammentazione nel fronte meno disponibile a governare a qualunque costo con il PD e compagnia.

La questione della frammentazione, meriterebbe una analisi più approfondita di quella di questo scritto, ma, a parte qualche delirio di qualche soggetto (da qualcuno definito rossobruno), non sembra essere determinata da grandi differenze politico-idelogiche, o da forti differenze nelle strategie di breve – medio termine (si potrebbe quasi auspicare che ci fossero!). Sembra, invece, che la frammentazione sia dovuta, come spesso accade, alla volontà di far prevalere il proprio simbolo, alla volontà di delineare i confini del proprio orticello a discapito di quello dei vicini. Certo le colpe forse non sono distribuibili in modo equanime, qualche organizzazione ha forse più colpe di altre, ma, essendo lo scrivente iscritto ad una di queste organizzazioni, evito di dare giudizi. Certo, la concorrenza per conquistarsi pezzi di elettorato non sarebbe neppure una cattiva cosa, se però fosse in un contesto in cui, da un lato fossero chiare le differenze e le strategie politiche, e dall’altro fosse fortemente connessa a movimenti di lotta nella società.  La speranza è che i risultati delle prossime elezioni e alcune iniziative di mobilitazione su alcuni temi principali che abbiamo di fronte (ambiente, salute, occupazione) ci aiutino a superare questa fase.

Ma è su ciò che riguarda l’altro fronte (quello che anche oggi appoggia candidati del PD, e che in maniera articolata sta fuori o dentro il governo Draghi) che mi sembra necessario soffermarsi di più.

Non molte sono le cose e gli slogan utilizzati in questi anni da chi ha portato avanti queste posizioni nei confronti di che le ha contestate. Raramente, forse mai, questi slogan sono accompagnati da serie analisi politiche.

Possono essere riassunti schematicamente in 3 argomenti:

  • Dobbiamo lavorare nel “campo lungo del centro-sinistra”
  • Non possiamo essere irrilevanti,
  • Bisogna fermare le destre

Di questi argomenti solo uno meriterebbe di essere approfondito con un’analisi più adeguata di quella possibile in questo articolo; si tratta del primo. Questo concetto ha ormai diversi anni ed è stato usato, probabilmente con una visione di medio periodo, da chi ha già fatto e sta facendo la scelta di passare col PD. Nel merito bisognerebbe discutere prima di tutto su cos’è oggi il cosiddetto centro – sinistra. Bisognerebbe capire quanto c’è di sinistra, capire qual è lo spazio per orientare, condizionare, o addirittura imporre scelte di sinistra. Ai tempi del PCI parecchi compagni, a torto o a ragione, pesavano utile lavorare all’interno per orientare il qualche modo le politiche, ma certamente nessuno può paragonare l’attuale PD al vecchio PCI. L’attuale Pd è un una formazione neoliberista che a livello nazionale e a livello europeo è partecipe e, in diversi casi, convinto esecutore di scelte liberiste antipopolari su molti settori (dal lavoro alla salute, dall’istruzione ai beni comuni). Sulle questioni che riguardano la democrazia ha fatto e continua a fare scelte anti democratiche. Ad esempio, sulla questione leggi elettorali, al di la di alcune promesse non mantenute, si è adoperato per leggi maggioritarie (sia a livello nazionale che regionali) con il solo scopo di cercare di eliminare la possibile concorrenza a sinistra.  Per questi motivi, si può constare come il ruolo delle formazioni che in qualche modo si collocano in questa area “critica” all’interno del centro – sinistra (da LEU ad alcune liste regionali) è stato sostanzialmente nullo o ancillare alle scelte liberiste del PD. Spesso è proprio da queste aree politiche che viene usato il secondo argomento (“non si può essere irrilevanti”).

Sarebbe interessante analizzare la rilevanza che queste esperienze hanno avuto sia a livello nazionale che a livello locale! Come prima accennato, praticamente nulla. In compenso questa smania di non essere irrilevanti, ha contribuito, insieme al sistema elettorale maggioritario, a eliminare una cosa essenziale per la democrazia e per gli interessi popolari: la presenza di una opposizione di sinistra nelle assemblee elettive!

C’è, infine, più forte delle altre nella sensibilità del popolo di sinistra il terza argomento: fermare le destre.

Su questo tema, a prescindere da una considerazione preliminare come quella che, tra chi fa questi appelli, vi sono anche coloro che non si fanno scrupoli a governare con la destra, vanno fatte alcune precisazioni. In diverse tornate elettorali regionali che si sono tenute in questi ultimi tempi lo spauracchio del pericolo della destra è stato usato in maniera strumentale; sia in Emilia che in Toscana il centro sinistra era ampiamente in vantaggio sulla destra e non correva alcun pericolo di perdere (in compenso proprio in quelle regioni il PD ha presentato i candidati più discutibili).

Oggi lo stesso argomento viene usato nelle elezioni amministrative, dove alcune formazioni che dovrebbero essere di sinistra o ambientaliste, dimenticandosi, peraltro, che alle comunali vi è la possibilità di votare “il meno peggio” al secondo turno, usano questo argomento (magari per rafforzare gli altri due), per votare candidati come Sala o come Gualtieri. In proposito va detto che mentre Gualtieri pur essendo un liberista almeno ha una storia nel PD e non può essere giudicato per le sue precedenti esperienze nel ruolo di amministratore di un ente locale, Sala è un candidato molto abile a camuffarsi (ora come uomo di sinistra, ora come ambientalista), ma nella sostanza è un uomo completamente legato ad alcune logiche di gestione della città, dell’economia e del bene pubblico (è quello allo scoppio della pandemia disse “Milano non si ferma”,  è quello che si vuole iscrivere ai verdi europei, ma che vuole anche fare uno nuovo stadio di calcio, ecc..). Si può affermare che è un candidato che andrebbe benissimo anche alla destra cittadina (almeno a quella che conta realmente negli affari della città) e che sicuramente ne assicurerà l’elezione.

Alla luce di questi esempi l’unica scusa per votare certi candidati potrebbe essere cercata nella prima argomentazione (volontà di condizionare dall’interno), ma alla luce dei risultati ottenuti sarebbe sicuramente stato più utile avere una decisa forza di opposizione in grado di far sentire la propria voce senza condizionamenti. Certo vi è anche chi si accontenta di portare il proprio contributo di amministratore per migliorare qualche particolare nel proprio quartiere, ma sempre rinunciando al ruolo di opposizione e denuncia verso le scelte complessive che fatte dall’amministrazione su temi come quelli sull’urbanistica, la gestione dei rifiuti, la gestione dei servizi idrici, le aziende pubbliche ecc… o magari su questioni di ordine più generale come ad esempio “l’autonomia differenziata”.

Insomma, se si vuole, magari un domani, non essere irrilevanti, e capaci di incidere con proposte di sinistra sulla amministrazione delle città o nelle politiche nazionali o europee, bisogna, si, superare la frammentazione, ma soprattutto fare scelte chiare, non ambigue, sul terreno che si sceglie per lavorare.

 

Riccardo Rifici

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