di Marino Calcinari Circolo del Manifesto di Trieste
ALCUNE RIFLESSIONI E PROPOSTE sul GREEN NEW DEAL
L’ultimo libro di Jeremy Rifkin (UN GREEN NEW DEAL GLOBALE) contiene importanti questioni che affrontano i temi legati all’emergenza climatica globale: la comprensione dell’ importanza di una più’determinata e coerente lotta per salvaguardare la vivibilità del pianeta, che ha visto scendere in piazza milioni di persone ,soprattutto giovani, lo scorso 27 settembre, ora può ambire a darsi obiettivi , programmi e percorsi comuni e definire, in concreto, vertenze, rivendicazioni, obiettivi su scala locale . Il movimento FFF ha quindi un compito impegnativo, il cui peso però può essere sostenuto e condiviso da quanti condividono l’ assioma che non esiste un PIANETA B (vedi il Global Risk Report, gennaio 2019).
E’ tempo che si lavori , a partire dai contenuti di quella mobilitazione globale per estendere l’ ascolto, la partecipazione ed il consenso di sempre più larghi settori sociali , delle organizzazioni di lavoratori , delle associazioni culturali, dell’ ambientalismo e del volontariato in un percorso comune , sulla base di un programma e nell’ ùindividuazione di alcune priorità.
Non sarà un percorso semplice e lineare ma alcune indicazioni che Rifkin , ecologista ed antinuclearista convinto sin dagli anni’70 del secolo scorso, ,evidenzia , per la realtà politica che egli meglio conosce , quella degli Stati Uniti d’ America , non sono da trascurare poiché hanno valenza generale e costituiscono alcuni esempi su cui fondare piu’ compiute rivendicazioni e lotte di massa. E quindi vedremo di che si tratta.
UNA PREMESSA
Lo scrittore austriaco Rilke scrisse che il futuro entra in noi molto prima che accada,così oggi nel 2019 dobbiamo tornare indietro di 10 anni per ricordare come il termine , il concetto che oggi si adopera . quello del Green New Deal (GND) fosse nato in coincidenza di una grande recessione economica , con l’ aprirsi di una grande questione ambientale , con la “scoperta” di una piu’ vasta e globale crisi sociale, di neopauperismo ed aumento delle diseguaglianze ,fenomeni generati dal neoliberismo e dallo smantellamento delle conquiste sociali , delle politiche keynesiane e delle legislazioni riformiste e laburiste ottenute dal Movimento operaio e dai paesi emegenti postcoloniali nel secondo dopoguerra.
E’ l’UNEP, l’ ufficio ONU per l’ ambiente e lo sviluppo, che lanciò il programma per un “Global Green NEW DEAL” il 22 ottobre 2008. Un programma fondato su cinque punti programmatici:
1. Green Economy
2. Green management.
3. Green Company
4. Green Lifestyle
5. Green Technology
obiettivi che- per contenere il surriscaldamento globale , abbattere le emissioni di CO2, mettere in sicurezza i concetti di preservazione ambientale ed eco compatibilità delle produzioni – avrebbero dovuto concretizzarsi con la riconversione ecologica dell’ economia, con nuove politiche pubbliche, la diffusione di imprese di beni e servizi ad alta valenza ecologica,con interventi mirati sul PIL delle nazioni, promuovendo benessere sociale e qualità della vita, operando con criteri di sostenibilità ecologica, utilizzando energie alternative e rinnovabili .Il cerchio , che si apre col fallimento della “Green Revolution” di Obama , oggi si chiude con la provocazione di Bolsonaro sulla foresta amazzonica. Dal venir meno di un orizzonte democratico e dall’affermarsi di uno stolido ecofascismo, che lega Putin a Trump, la situazione di oggi è pesantemente condizionata. Ma sulla concretezza di questo pesante elemento di contrapposizione allo sviluppo di una alternativa realmente efficace Rifkin tace.
E non basta confidare sul buon senso “degli elettori democratici, repubblicani, indipendenti” o su eventuali ripensamenti o sensi di colpa dei dirigenti delle Multinazionali che restano-chissà come mai- ancora legati alla logica della crescita e del profitto. Il suo pensiero disvela un idealismo filosofico che stupisce ma in cui egli si ritrova, perché non può non credere alla ragionevolezza dell’intelligenza collettiva, alla forza persuasiva dei buoni esempi e delle politiche virtuose, all’intervento pedagogico e maieutico della buona politica per fuoruscire dalla crisi che una cattiva politica, o una caricaturale distorsione di essa, evidentemente ha creato.
Ma la Carbon tax non basta per promuovere l’ impiego di energie alternative ed il mercato non ha nessuna capacità di autocorrezione o autoregolamentazione. Disinvestire da petrolio e carbone per investire nelle energie rinnovabili (eolico, solare, biomasse) non è una questione né di opportunità (tra le prime dieci multinazionali ben sei sono quelle petrolifere) né di buon senso. Qui il suo convincimento è categorico: a volte si deve e si potrà usare il bastone e la carota.
Diversamente dagli USA la RPC negli ultimi due piani quinquennali ha fatto notevoli passi avanti nel campo delle energie rinnovabili , di contenimento delle emissioni, investendo risorse, sviluppando occupazione e nuovi lavori nei settori dell’ eolico, del solare, dell’ elettricità verde.
Ma il fatto che vi sia stato un intervento politico, cioè una scelta di indirizzo, maturata dopo anni di liberalizzazione estrema, che ha prostrato e messo a dura prova la sostenibilità ambientale del paese, in cui vi sono stati danni e disastri imponenti, come nel caso della Diga delle tre Gole sul Fiume Azzurro, evidenzia come soltanto attraverso la politica , e non “dalla mano invisibile del mercato”, si possano costruire soluzioni praticabili , con la partecipazione ed il consenso popolare. (pag.66 e segg.). Anzi, talvolta- come nel caso di Bo Xilai e della sinistra operaia in Cina, -anche CONTRO di esso.
Rifkin cita così la realtà USA, quella cinese e l’Unione Europea rappresentandole come gli attori principali da coinvolgere in questo GREEN NEW DEAL.
E parte dal New Deal di F.Delano Roosevelt. Perché ignora quell’ altro Roosevelt, Theodore, che trent’anni prima agì in difesa delle prerogative dello stato contro le lobbies e tutelò cittadini e consumatori?
Lo“SQUARE DEAL” varato agli inizi del ‘900 fu lo strumento che quel presidente utilizzò per arginare le pretese dei monopoli, che creavano una concentrazione di potere che aggrediva l’autorità statale e la vita dei cittadini, e che privatizzando i servizi pubblici, corrompendo e clientelizzando i rapporti sociali, minava le stesse basi della democrazia parlamentare.
Solo dopo ci fu il “New Deal” nel 1933-34 e la risposta keynesiana ai guasti provocati dalla grande repressione del ’29 e dalla catastrofe ambientale del 1933 furono, si inserirono, come programmatica panacea in un quadro macroeconomico le cui coordinate andavano corrette, ma anche quella scelta per quanto lungimirante e durevole, non resse, nel tempo, alle filosofie neoliberiste di un mercato che nella più estremista delle sue versioni, applicata su scala globale, a partire dagli anni’80 ha portato il pianeta alla situazione di oggi.
Fino appunto al terzo intervento pubblico dello Stato federale, dopo i due già citati, quello che nel 2008 consentì di salvare le banche dopo la crisi dei mutui sub-prime. Pensiamo anche noi, come scrive Rifkin, che la logica dell’ interesse pubblico debba prevalere, ma non solo in caso di comprovata disonestà operativa o invasività indebita dell’ iniziativa privata che – è sua logica- insegue il profitto, e forse il caso di Watefront Toronto non è poi tanto eccezionale (la privatizzazione di una vasta area cittadina attraverso una impresa privata ma sovvenzionata con fondi pubblici, controllata tramite Google da sensori algoritmici, etc pag.42-43) ma che questo punto di vista debba ispirare e sorreggere l’ iniziativa di massa e dunque essere di fondamento alla visione progettuale del GND. LE PROPOSTE.
Tutta la narrazione sul cambiamento climatico interessa quindi , sia pure per diversi ed opposti motivi non solo l’ industria e la produzione energetica tradizionale, ma le banche e la finanza, per le implicazioni e gli aspetti che questo problema si porta appresso (pag 142).
Realizzare una economia globale postcarbonio o decarbonizzata, significa acquisire in tempi brevi il superamento dell’ utilizzo di combustibili fossili e quindi l’estensione e la generalizzazione dell’ impiego di energia alternativa. L’ obiettivo del solo contenimento delle emissioni di CO2 non è sufficiente,ma va inserito nel’ agenda del programma politico di ogni governo e fatto proprio dai vari soggetti in campo , soprattutto quelli che appunto rappresentano interessi diversi,ma che convengono sulla necessità di un confronto, di un dialogo , di una trattativa .
Confronto e metodo assembleare sono necessari in ogni realtà e situazione , la rinuncia alla democrazia, ad una prassi autenticamente partecipata sarebbe la negazione del valore degli obiettivi che il GND intende raggiungere e che Rifkin indica nelle “23 INIZIATIVE CHIAVE “ (applicabili all’ esempio americano) che così possono essere sintetizzate:
1. carbon tax “crescente , generalizzata, aggressiva..”
2. levare i sussidi al combustibili fossili.
3. rete energetica intelligente nazionale per fornire elettricità verde.
4. crediti d’ imposta ed incentivi per stimolare l’ offerta di tecnologia solare e eolica.
5. installazione negli edifici di tecnologie di accumulazione dell’ energia
6. introduzione della banda larga e l’ Internet delle Cose soprattutto in realtà rurali e svantaggiate
7.Credito d’ imposta alle industrie per l’ installazione di impianti di produzione di energie rinnovabili
8. Crediti d’ imposta (federali) per l’ acquisto di veicoli elettrici, e dal 2030 stop ai veicoli a combustione interna
9. Stazioni di ricarica per alimentare i veicoli elettrici
10. Infrastrutture verdi a zero emissioni entro il 2030
11. Eliminazione graduale dell’ agricoltura fondata sulla chimica e gli idrocarburi
12. Tecniche di “carbon farming” e riforestazione
13. Manutenzione e resilienza di tutti i sistemi idrici; rimunicipalizzazione di tutti i sistemi idrici privatizzati negli ultimi anni
14. Integrare i processi di circolarità in ogni catena di approvvigionamento e settore
15. Redistribuzione delle spese militari in iniziative di tutela ed intervento in caso di catastrofi climatiche
16. Istituzione di una Banca Nazionale Verde con finalità di sviluppo di e finanziamento su iniziative verdi
17. Utilizzo dei fondi pensione dei sindacati per finanziare progetti infrastrutturali verdi.
18. Programmi studenteschi e universitari con interventi retribuiti per conoscenze e competenze nell’ economia del GND
19.Impegnare le articolazioni dello stato sul territorio in azione di sostegno e promozione alle attività economiche create dal GND
20.Leggi fiscali piu’ eque e utilizzazione del gettito per far progredire la transizione al GND
21.Sostegno a ricerca sviluppo indirizzate a tecnologia verde, e transizione di processo dai fossili alle tecnologie sostenibili e risorse a base biologica
22. Definizione in tempi brevi di regolamenti ,codici e standard per agevolare l’ integrazione della banda larga, il trasporto elettrico, edifici nodali ITC etc.
23.Favorire l’ unità tra Governo USA , Unione Europea e RPC per collaborare ufficialmente per consentire interconnettività e trasparenza globali realizzare e rendere operativa una infrastruttura glocale verde intelligente.
LA SITUAZIONE ATTUALE
descrive un quadro globale in cui l’effetto serra continua a produrre sulla superficie terrestre un aumento di temperatura quanto mai significativo, il riscaldamento globale dell’Antropocene , determinato anche ma soprattutto dall’uso dei combustibili fossili, ha prodotto circa 3/4 dell’incremento di anidride carbonica negli ultimi 20 anni. e la parte restante è tutta imputabile all’uso dissennato che l’ attività umana ha fatto della superficie terrestre (ad es. la deforestazione soprattutto nell’ Amazzonia ma anche altrove , in casi meno eclatanti di quelli noti, come ad esempio la Columbia Britannica (pag.131.)
Le politiche estrattive , l’ elevata antropizzazione hanno così ridotto la biomassa vegetale in grado di assorbire la CO2. Secondo l’ IPCC(Intergovernmental Panel on Climate Change) l’attuale riscaldamento non può essere spiegato se non attribuendo un ruolo significativo anche a questo aumento di concentrazione di CO2 nell’atmosfera.
Per intervenire occorre costruire PROGETTI SPECIFICI SUI TERRITORI e trarre un bilancio sull’ obiettivo “20-20-20”, il cd. “Pacchetto Clima ed Energia” pensato dalla UE per incentivare gli stati aderenti ad una nuova politica ecologica: 20% di aumento dell’efficienza energetica , 20% di riduzione delle emissioni di gas serra , 20% di accrescimento della produzione di energie rinnovabili. (pag.50) A che punto siamo oggi? Una ricognizione aggiornata al marzo di quest’ anno dice che la riduzione delle emissioni c’è stata (-22%) ma non uniforme , la quota di energia rinnovabile è cresciuta dal 9% del 2005 al 17%, sul consumo vi è stato un netto calo nel periodo 2008-2015 ,in parte ascrivibile agli effetti della crisi, ma ora è tornato a salire. Però- è convinzione di Rifkin che fu proprio allora , a partire dal 2008 che si gettarono quelle basi politiche e programmatiche che consentirono al pensiero verde , ecologista , di cambiamento delle coordinate e dei paradigmi della terza rivoluzione industriale. Vi sono quindi precise responsabilità politiche nelle scelte che oggi si fanno su questo tema.
Come fermare il surriscaldamento globale climatico? Riteniamo che questo problema rientri nella logica che fece scrivere a Schumpeter, prima di Rifkin, di quella tendenza alla “distruzione creativa” del capitalismo, perché è in quel modello sociale che va individuata non solo l’origine ma anche la soluzione del problema che esso e non le conseguenze rappresenta. Dai disastri nucleari alle bombe atomiche, dalle politiche di rapina neocolonialista al saccheggio dell’ ambiente, dall’esaltazione del mercato come unico strumento di regolazione sociale, dal neoliberismo come concretizzazione di quella filosofia di comando, discende la necessità di una rottura, di un salto di paradigma, di una nuova prospettiva intorno alla quale far crescere le ragioni e le risorse , le intelligenze e le capacità per costruire un futuro diverso. Rifkin non usa mai il termine socialismo, men che meno comunismo, usa quello di capitalismo democratico, ma forse con irragionevole convinzione e apprezza il “capitalismo socialista”, variante del primo (?!)
Non senza imbarazzo per l’ antinomia che due di quei termini suscitano e che la storia ci rammenta, riteniamo però che questo equivoco pseudo ideologico vada sciolto, dialetticamente, nella piena assunzione di un dibattito politico che parta dai problemi reali che la situazione politica oggi ci presenta e che pone , essa si’ anche nella realtà locale in cui si opera, interrogativi problematici di cui però un percorso progettuale, come il GND aspira ad essere, deve farsi carico e mettere in agenda.
Il disinvestimento da combustibili fossili ( cui si collegano politiche di incentivi per le energie rinnovabili) è innanzitutto un punto di partenza per il GND, che deve essere e rappresentare non una alternativa continuista del vecchio modello di sviluppo ma un cambio di paradigma poiché se attraverso l’ utilizzo di fonti alternative sia pure o in sinergia con l’ industria 4.0 si continuasse su quella strada ( della crescita”) si lascerebbero intatte le radici del modello che stanno portando il pianeta al collasso. Ridurre il cambiamento climatico non puo’ essere un alibi per consentire al modello sociale capitalistico di ripetersi e riprodursi mantenendo inalterata una filosofia di comando che ha sinora provocato due guerre mondiali , tre grandi crisi economiche, decine di catastrofi nucleari ed ora il surriscaldamento globale del pianeta. Non è un aspetto secondario o ideologico , ma un dato politico, di sostanza, che chiama in causa la responsabilità individuale e collettiva, l’ agire politico di Stati ed istituzioni, una diversa attenzione , sensibilità e responsabilità dei soggetti economici chiamati a rispondere delle loro azioni, in primis quelle aziende multinazionali che operano su scala globale e che sono parte in causa in questa vicenda , per cui non basta fare pressione sull’opinione pubblica , ma promuovere azioni politiche coordinate che impongano alle imprese che sono attualmente coinvolte nella estrazione di combustibili fossili a cambiare registro ..Scrive Rifkin : “ Le regioni e le industrie dovrebbero essere incentivate a portare avanti questa cruciale trasformazione dell’ economia usando con altrettanta generosità la carota e il bastone” (pag.135).
Poi però su chi e come dovrebbe sostenere i costi di questa transizione la proposta è spiazzante: i fondi pensione dei lavoratori dipendenti , il settore no profit ed i mancati profitti delle imprese! In seconda battuta i ricchi ed il Pentagono , pensando al suo apese.. I primi oggi costituiscono un valore di 41.300 mld di dollari , il No profit supplisce alla carenza di iniziativa dello stato,gli “stranded assets” invece sono i “beni incagliati” cioè attivi non recuperabili , investimenti che si fanno, ad esempio sul petrolio e gli altri combustibili fossili e che potrebbero non venir recuperati se si adottassero politiche di tagli agli emissioni CO2 mediante leggi o interdizioni al loro utilizzo per superiore interesse nazionale o peggio , globale(p.54)
Oggi d’ altronde il calo dei costi delle energie alternative , che le rende molto piu’ competitive rispetto a quelle tradizionali prefigura come molto credibile una tendenza di questo tipo. La multinazionale Citigroup aveva “previsto” questa possibilità, quantificandone il costo in circa 100mila mld di dollari( che sarebbero divenuti appunto starne assets, se il summit di Parigi sul clima del 2015 si fosse pronunciato per la riduzione delle emissioni di CO2 per limitare il surriscaldamento climatico. Negli ultimi quattro anni infine –rileva Rifkin- “la caduta del costo delle tecnologie solari ed eoliche e della produzione e accumulazione di energia verde..sta inducendo i quattro principali settori della seconda rivoluzione industriale – elettrificazione , edilizia/produzione di calore,trasporti/logistica , agricoltura-a sganciarsi dall’infrastruttura dei combustibili fossili a una velocità e su una scala che solo pochi anni fa sarebbero stati impensabili.(pag.56) Mentre il GND avviando un processo di transizione energetica si baserebbe interamente sull’ infrastruttura e quindi “ banda larga, big data e comunicazione digitale, costo marginale quasi zero, elettricità verde a emissione zero, veicoli elettrici autonomi alimentati da energie rinnovabili che corrono su strade intelligenti, edifici a saldo energetico positivo e zero emissioni.. dovranno essere realizzati e portati a pieno regime in ogni regione, con connessioni fra una regione e l’altra fino ad abbracciare gran parte delle terre abitate in tutto il mondo”(pag.177). Per questo obiettivo l‘impegno degli stati a sostegno di questa riconversione ecologica globale si tradurrebbe in un aumento della percentuale di PIL (dal 3% al 3,5%) che andrebbe a sommarsi a politiche di credito d’ imposta per stimolare e sostenere le politiche di realizzo delle nuove tecnologie, agevolazioni fiscali, politiche di investimento, etc .
Dopo il superamento del modello fordista e di quello toyotista, modelli che presupponevano la centralità della struttura e del metodo di produzione capitalistico, Rifkin assegna all’ infrastruttura il compito nuovo di riplasmare l’ assetto sociale “ sotto la gestione dei commons anziché di aziende private perché tale scelta “è potenzialmente partecipativa e democraticizzata.”(pag.189). Il futuro del pianeta sarebbe quindi garantito da un “ capitalismo sociale” dove la trasformazione ecologista avverrebbe mettendo “Marx a testa in giu” ovvero trasformando la lotta di classe dei lavoratori oppressi in altruistico sostegno al GND mettendo a disposizione (di CHI?) i fondi pensione , cioè salario differito, realizzato in anni di lavoro , e che , negli USA, paese a bassissimo tasso di sindacalizzazione , pure rappresenta cifre cospicue di denaro liquido da investire nella transizione dell’ economia del GND. 41.300 miliardi di dollari “ il più grande pool di capitale di investimento del mondo” accumulato in settant’ anni (pag.147).
Ma per Rifkin i lavoratori non sono proletari, nella sua salvifica visione di redenzione ecologica del pianeta, rappresentano un “esercito di piccoli capitalisti” anzi “capitalisti della pensione”, che dopo essere stati sfruttati per tutta la vita sul posto di lavoro, ora dovrebbero cedere parte della loro unica fonte di sussistenza alla realizzazione di politiche che, nella migliore delle ipotesi, renderebbe solo più sostenibile un sistema la cui logica, e filosofia di comando, rimarrebbero inalterate, senza peraltro rendere realizzare una “ economia più aperta e democratica “ unica garanzia di una base di massa per il GND che si auspica (pag.154). Per realizzare un GND credibile ed efficace bisogna attrezzarsi, e quindi organizzare la propria iniziativa politica su più versanti. Quello economico, perché è bene stabilire preliminarmente chi dovrà farsi carico dei costi economici di un processo globale di transizione energetica; quello ambientale , perché da subito va costruita su territori una mappatura delle emergenze e situazioni di rischio ambientali e climatiche; quello occupazionale, perché il tema del lavoro , è strettamente collegato alla riconversione ecologica della produzione , alla realizzazione di un altro modello economico e quindi vanno elaborati, caso per caso, i piani di fuoruscita e di modificazione professionale dei lavoratori, infine l’ aspetto finanziario di sostegno alla realizzazione di progetti verdi per cui occorrono politiche ben diverse da quelle che sin qui abbiamo conosciuto ( negli USA nel 2014 ci fu un deputato democratico, Chris Van Hollen, che presentò un progetto di legge per costituire una Banca Verde).
Ma ancora prima di procedere in questa direzione , se vogliamo dare basi solide al GND, occorre bloccare tutte le privatizzazioni che saccheggiano i beni comuni, e rendono i cittadini più poveri,e quindi contestare l’ ideologia neoliberista non è astratto furore ideologico, ma impedire l’aumento della diseguaglianza sociale, porre un freno e molte regole al mercato, difendere le condizioni di vita e di lavoro di milioni di lavoratori, favorire un più equo sistema fiscale, tenere sotto controllo il debito pubblico, ripristinare un più avanzato modello di stato sociale. Sono queste infine le condizioni minime su cui oggi è possibile ragionare per costruire piattaforme locali a sostegno degli obiettivi del GREEN NEW DEAL.