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Drappi neri contro l’ideologia patriarcale. Artemisia Gentileschi è Arte e Ingegno!

di Elena
Coniglio

Artemisia Gentileschi è essere umano ancor prima che donna. Sembra assurdo doverlo ribadire, ma per nulla scontato. O meglio, tutto ciò che sembra scontato, non lo è affatto. E la realtà che tutti i giorni attraversiamo è politica. Anche quando si veste di tradizioni e usi secolari.
È ciò che dimostra l’azione del 29 marzo di BRUCIAMO TUTTO – movimento di liberazione dal sistema di dominio patriarcale – presso il Palazzo Ducale di Genova, all’interno della mostra dedicata alla celebre pittrice del Seicento curata da Costantino d’Orazio e dove alle tele della Gentileschi facevano da contrappunto quelle del suo stupratore, e maestro di prospettiva, Agostino Tassi.

Durante il flash-mob un’attivista ha coperto con drappi neri le tre opere del Tassi ospitate all’interno di una sala del museo, mentre un’altra persona del movimento ha versato della vernice per terra, creando disturbo al passaggio nella sala. Altri tre attivisti si sono poi dipinti le mani di rosso e hanno lasciato impronte sulle targhe accanto ai quadri cancellando il nome di Tassi con un pennarello nero, mentre una donna scriveva sul muro “Joy Omoragbon”, il nome di una donna di 49 anni uccisa dal marito a Cologno al Serio e che entra nel triste bollettino dei femminicidi. In poco meno di mezz’ora le forze dell’ordine, tra cui la polizia locale, la scientifica, i carabinieri e pure l’esercito – sono giunte sul posto.

La  mostra ha fatto discutere fin dalla sua apertura a pochi giorni dall’omicidio di Giulia Cecchettin, data soglia in seguito alla quale è sorto il movimento. In una sala è stata posizionata un’istallazione con un letto al centro dove una voce fuori campo leggeva la testimonianza fatta da Artemisia Gentileschi durante il processo per stupro del 1612 intentato insieme al padre dall’artista e per il quale sappiamo fu esposta non solo alla violenza istituzionale ma anche a tortura.

Come analizzato in un articolo del 19 dicembre da Exibart, il motore dell’esposizione è risultato essere proprio lo stupro e il tessuto della mostra si è fondato su una narrazione che ha messo in scena “una pornografia del dolore, rubando la scena alla qualità artistica”.
Gli attivisti hanno dunque criticato la curatela per aver romantizzato, attraverso le vicende della pittrice, la cultura dello stupro. Un male sistemico, quindi normalizzato e reso invisibile nelle sue radici profonde: il patriarcato. Che come ci dice nell’intervista Anna Castoldi, attivista e una dei tre protagonisti dell’azione, ancora in molti stentano a riconoscere e di cui anzi si nega addirittura l’esistenza.

Ho letto tramite comunicato stampa che il Presidente della Regione Tosi ha espresso “solidarietà a Palazzo Ducale”. Secondo te c’è scarsità di analisi da parte delle istituzioni, quindi c’è ignoranza, oppure si tratta di malafede? 

Probabilmente entrambe le cose. Io parlerei proprio di invisibilità totale del patriarcato, di cui molte persone negano l’esistenza. Sicuramente Toti è tra queste. Però non c’è nulla da dimostrare, non c’è nulla da spiegare. Insomma, qualunque persona “socializzata come donna”, e quindi parliamo anche di persone non-binary, queer e trans, perché appunto il termine donna è abbastanza riduttivo, ovvero prende comunque in considerazione una sola parte. E il nostro movimento si rivolge a tutte le persone che si sentono oppresse dal patriarcato. E questo include anche gli uomini. Il punto è proprio rendersi conto che non c’è in noi la volontà di indicare un nemico, di fare guerra a qualcuno, ma è proprio una questione di trasformazione. Tutta l’umanità è oppressa dal patriarcato, da questo sistema millenario. E per questo ci riteniamo un movimento di liberazione…una liberazione da questa oppressione sistemica che ha tantissime forme. 

Una di queste forme è proprio la mostra…

Il modo in cui è stata curata… che ha messo al suo centro una sala buia con un letto, che io stessa ho imbrattato con questa tempera… e siamo stati accusati di danneggiamento proprio per il letto, perché i quadri si è visto subito che non sono stati toccati, proprio perché noi non puntiamo a una distruzione. O a dire ‘no, lui doveva bruciare all’inferno e non dipingere niente’, per carità…poteva essere anche un pittore, ma noi volevamo mandare il messaggio che quei quadri avrebbero dovuto essere rimossi da lì. Che mettere quel letto al centro della rappresentazione era assolutamente di pessimo gusto. Ovvero, per mostrare che è stata stuprata ci si mette un letto? Viene una reazione viscerale solo a vedere questa cosa. E quindi ho sversato del colore sul letto e poi è venuto fuori che il letto era un’opera d’arte… l’assurdità sta proprio in questo letto, cioè è sempre la sproporzione nella repressione che punta a salvare il decoro e la tranquillità. Una tranquillità assolutamente fasulla e imposta dall’oppressore. Il fatto che per ottenere la tranquillità a tutti i costi, si ha una pace negativa. Non una pace positiva. E noi la vogliamo disturbare perché è una pace insopportabile, odiosa. Quindi la disturbiamo con azioni dirette nonviolente. E nonviolente significa che sono reversibili in realtà… io sono divertita e comunque sconcertata da queste reazioni giganti di fronte a dei gesti assolutamente innocui. Come si può paragonare la cultura dello stupro a un colore su un muro? Siamo in una società che è talmente malata, talmente intrisa di violenza. E veramente ci si arrabbia per la presunta violenza sugli oggetti? Perché comunque i quadri potranno anche essere meravigliosi, ma sono comunque delle cose… 

Questo non richiama il fatto che oltre ad essere un sistema sociale e politico, il patriarcato, si leghi in maniera viscerale anche a quello economico e quindi della proprietà e del possesso, anche della donna? 

È tutto un sistema che punta a preservare questo “decoro”. Nei mesi scorsi ci sono state manifestazioni oceaniche contro la violenza di genere, ma noi abbiamo un governo che nega apertamente il patriarcato. Abbiamo una premier che ha detto “prima o poi il lupo arriva”, cioè sostanzialmente ha detto “è colpa vostra”.  Dovremmo stare in strada a urlare tutto il tempo. Solo che siamo talmente abituati a questa situazione totalmente resa invisibile dalla violenza, che comunemente è data per normale. Ma se ci si pensa un attimo, si capisce che il sistema è spaventoso. E noi siamo proprio qui per dimostrare che è possibile qualcosa di molto migliore, perché tutti noi sappiamo che sono possibili l’empatia, il dialogo, l’armonia, l’amore… ma viviamo in una società dove viene dato per scontato che lo stato di natura dell’essere umano sia la violenza. Tutto ciò che è un diritto viene rovesciato come se fosse una concessione e tutto il clima securitario in cui viviamo è in realtà ciò che ci dovrebbe salvare da uno stato naturale. Quindi la violenza di genere è presa come inevitabile.

Tu credi che quindi citasse Hobbes… 

Non saprei. Ma penso che Hobbes abbia fatto grandi danni… è proprio radicato dentro la nostra mentalità che il mondo è cattivo e l’essere umano è cattivo e che quindi tutto l’apparato di sicurezza serve per proteggerci. Ma non si sa bene da cosa… in realtà serve per opprimerci, perché noi possiamo e saremmo in grado di darci organizzazioni migliori e vite migliori con la forza della nonviolenza, del dialogo, dell’apertura, cioè con qualità umane che vengono ritenute assolutamente inesistenti. Almeno quando si parla di questi casi.
Il punto è che non è inevitabile lo stato di cose in cui viviamo, la violenza non è normale.
E noi siamo qui per ribaltare questo sistema, ci dovessero volere anche secoli, però a un certo punto io non ho dubbi che succederà. La gente si renderà conto che vivere così è un suicidio e la violenza di genere è strettamente collegata alla violenza sul pianeta Terra. Alla violenza economica, sistemica, classista e razzista. Sono veramente tutte connesse, non è retorica. Il sistema di oppressione che ci schiavizza è lo stesso che considera tutto come un bene da possedere, da cui trarre del profitto… le persone in questo mondo crescono temendo gli altri, assorbendo sfiducia, ipocrisia, venendo educate a questo sistema che in definitiva non rende felice nessuno. 

Il fatto che Artemisia Gentileschi sia vista in primo luogo come donna e non come artista è stato centrale per la vostra azione…

A noi ha dato molto fastidio il fatto che al centro della sua opera sia stato messo lo stupro e quindi che tutto quello che ha fatto dopo sarebbe stato per vendicarsi e per far vedere che lei era una donna forte. Noi diciamo basta…che si parli dell’artista! Se fosse nata uomo sarebbe stata considerata al pari di Raffaello, Caravaggio, Michelangelo, eccetera. Caravaggio, ad esempio mi pare fosse accusato di aver ucciso una persona. Hai mai visto una mostra che avesse questo fatto al centro? A nessuno interessa. 

Ma appunto, alle donne non tutto è concesso a quanto pare… questo vostro atto di sensibilizzazione è stato molto forte. Poi però, concretamente, voi chiedete anche che il governo si occupi di migliorare il ‘reddito di liberazione’ dato alle donne vittime di violenza seguite dai centri riconosciuti dalle Regioni e dai servizi sociali.

Sì, del reddito di libertà che non è assolutamente sufficiente essendo di poche centinaia di euro. Per accedervi c’è un iter burocratico lungo e incoerente e quindi noi chiediamo un ‘reddito di liberazione’ che sia dignitoso e accessibile in maniera semplice. Questa cosa intendiamo costruirla con i centri antiviolenza, con le persone che hanno fatto questi percorsi. Loro stessi ci hanno detto che la fuoriuscita dalla violenza in Italia è difficilissima e complicatissima. Perché vengono posti degli ostacoli anche culturali… una persona con cui ho parlato mi ha raccontato che il giudice, in uno dei vari processi affrontati per una violenza subita, pensava che lei non fosse in uno stato di lucidità… perché appunto c’è ancora questo bias fortissimo nelle istituzioni, nella magistratura, nella politica del fatto che ci sia troppa emotività da parte delle donne. 

Parli della violenza istituzionale che si somma alla violenza fisica e psicologica? Un po’ come accaduto ad Artemisia durante il suo processo a Roma nel 1612… 

Si, lei infatti è stata screditata al contrario del suo stupratore, che oltretutto era uno stupratore seriale. E fu lei ad essere torturata…

Elena Coniglio

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1 Commento. Nuovo commento

  • Marcello Pesarini
    03/04/2024 21:28

    Non credevo che la mostra fosse ancora in queste condizioni, dopo le proteste iniziali. Non posso dire di conoscere il pensiero di Hobbes in maniera seria, ma penso che per l’umanità sia più facile commettere cose cattive, come la violenza e la guerra, che collaborare.
    Sulle donne ho scritto un articolo un po’ strambo qui su Transform, dal titolo “Fenomeni carsici…Lenti”. Mi era stato ispirato dalla sofferenza delle modelle preraffaellite e dalla fisicità delle cantanti odierne, da loro rivendicata come libertà

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