di Gabriella Stramaccioni – L’Agenzia Mondiale Antidoping (Wada ) ha deciso recentemente l’esclusione della Russia dalle Olimpiadi per i prossimi quattro anni. La notizia, clamorosa, non ha meravigliato però gli addetti ai lavori che hanno seguito in questi anni le vicende legate al doping ed al suo massiccio uso in Russia.
Già nel 2015 un rapporto commissionato dalla Wada aveva accertato prove del doping nell’atletica russa e già da allora molti dei suoi atleti erano stati interdetti dalle competizioni internazionali.
Ricordiamo su tutte la vicenda della campionessa mondiale di salto con asta Ylena Isinbayeva che non partecipò ai Giochi Olimpici di Rio de Janeiro in seguito alla decisione della IAAF ( Federazione Internazionale di Atletica Leggera) che aveva escluso 67 atleti russi su 68 a causa dello stesso doping.
Già allora il Governo Russo gridò al complotto ed attaccò in particolare gli Stati Uniti ed il Comitato Olimpico Internazionale (Cio). Scese in campo in difesa addirittura lo storico Presidente Mickail Gorbaciov (premio Nobel per la Pace) che dichiarò pubblicamente che qualcuno stava ostacolando la partecipazione della Russia ai Giochi Olimpici.
Non vi fu nulla da fare e gli atleti rimasero a casa. Questa del 9 dicembre è quindi una decisione quasi “scontata”, anche se mai assunta nella storia della lotta antidoping. La Wada, attraverso il presidente Craig Reede, ha motivato la decisione in quanto, a loro dire, la Russia in questi anni ha disatteso sistematicamente tutti gli appelli e le indicazioni che dovevano osservare per mettere ordine e pulizia al sistema sportivo nazionale ed ha scelto coscientemente e sistematicamente di continuare ad ingannare e negare.
Accuse quindi pesantissime che l’autorità antidoping russa ( Rusada ) respinge con forza annunciando ricorso al TASS (Tribunale Sportivo) e/o al Tribunale Svizzero (titolato in quanto la sede del Cio è a Losanna).
Queste vicende, come già detto, partono da lontano: da quando il Presidente della Federazione Internazionale di Atletica Leggera il senegalese Lamine Diak fu accusato dalla magistratura francese di truffa e riciclaggio di denaro e di aver insabbiato, sempre per denaro, i casi di doping russo.
Addirittura all’allora capo dell’antidoping Gabriel Dollè furono trovati i soldi a casa, sotto la lavatrice e già allora nelle 323 pagine del rapporto Wada si parlava di ingerenze dirette, una forma di doping di stato che copriva le irregolarità e intimidiva chi doveva fare i controlli. Anche in occasione delle Olimpiadi Invernali 2018 di Pyeongchang (Corea del Sud) il Comitato Olimpico Russo era stato escluso ed era stata permessa la partecipazione solo agli atleti a livello individuale che hanno potuto gareggiare con la bandiera olimpica e la divisa neutrale.
Parlare di doping comporta parlare anche di Sandro Donati, l’allenatore italiano che più di tutti in questi anni ha combattuto questo fenomeno sia a livello nazionale che internazionale. E’ grazie a lui, al suo incessante impegno ed ai suoi studi scientifici che è stato possibile risalire ad una database nel quale erano contenuti centinaia di casi di atleti internazionali con valori ematici molto elevati. E’ In seguito a queste segnalazioni che si è mossa la magistratura francese ed si è arrivati a questa ultimo epilogo.
Lo stesso Donati, in merito alla squalifica, ha dichiarato che quella del doping in Russia è una storia vecchia di sessanta anni. E’ a quei tempi che si può fare risalire una grande riunione alla quale parteciparono più di duecento scienziati che dovevano impegnarsi affinché il loro paese diventasse il primo al mondo nello sport.
Lo sport quindi usato come arma politica così come accadeva anche in Germania Est. In tutti questi sistemi, afferma sempre Donati, dobbiamo ricordare che gli atleti erano l’ultimo anello della catena e , molte volte, anche inconsapevoli. Vivere in un sistema sportivo che usa il doping come pratica quotidiana per l’alto livello non lascia all’atleta molte alternative. E’ importante quindi questa decisione recente perché l’accusa viene rivolta ad “un sistema” fatto di dirigenti, di politici, di allenatori, di sponsor, e non solo atleti. Rimane però un dubbio: solo la Russia ?