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Da Colao a Casaleggio: piovono programmi

di Roberto
Rosso

La crisi indotta dalla pandemia da Sars-Cov-2 ha sconvolto l’andamento stagnante della formazione sociale italiana. Il crollo delle attività economiche, proiezioni catastrofiche per il PIL hanno prodotto un proliferare di proposte destinate non semplicemente a ‘ridare’ slancio all’economia’, ma a mutarne profondamente la struttura. È diffusa la convinzione che, con gli assetti coi quali il paese è entrato nel pieno della pandemia, non potrà in alcun modo rialzarsi, da cui la necessità di una trasformazione profonda e pervasiva. Sul tema si stanno sperimentando esperti, opinionisti, task force e fondazioni: da Colao a Casaleggio.

D’altra parte l’economista Nouriel Roubini, detto ‘doctor doom’ per la sua capacità di prevedere l’arrivo della crisi finanziaria del ‘2008, osservando che la crisi attuale non ha impiegato tre anni, né tre mesi, ma tre settimane per dispiegare propri effetti, ritiene che l’andamento della crisi non sia a V o a U, ma più probabilmente a L, vale a dire stagnazione e possibile depressione negli anni a venire. Inoltre prevede l’acutizzarsi la competizione tra le due super potenze, soprattutto nel campo delle tecnologie avanzate necessarie alla ripresai, nel più generale contesto di una serie di rotture nelle ben oliate filiere della globalizzazione.

La rivoluzione tecnologica non sarà un pranzo di gala.

Protagonista della grande trasformazione nel nostro come negli altri paesi, inutile dirlo, è l’innovazione tecnologica, trainata dall’uso sempre più profondo, articolato ed avanzato delle tecnologie digitali, tuttavia il contesto in cui ciò si deve realizzare è un livello crescente di competizione sempre più agguerrita sul mercato mondiale. La grande innovazione procederà quindi in un mare in tempesta, nonostante il grande flusso di capitali rovesciato dalle banche centrali e dalle autorità di governo.

E’ necessario però prender nota dell’andamento autonomo dei mercati finanziari inondati da quei flussi di capitali , co un regine di bassi tassi di interesse. In queste ultime settimane abbiamo assistito ad un disaccoppiamento tra l’andamento delle borse e le economie reali. Negli ultimi giorni si sono verificate forti oscillazioni dei listini dopo il cosiddetto ‘rally di marzo, determinate dai timori di una ripresa del contagio in Cina, bilanciata poi da nuovi interventi della FED, un intervento del governo federale per 1000 miliardi di dollari e della Banca Centrale del Giappone, assieme ad una ripresa negli Usa delle vendite al dettaglio nel mese di maggio. Quest’ultimo fattore sembra essere il prodotto di una corsa ai consumi dopo il crollo nel periodo di quarantena più stretta.

Nouriele Roubini, nell’elencare i dieci nodi della situazione attuale che giustificano a suo parere l’avvento di una grande depressione, cita il gran numero di fallimenti che ha colpito le piccole imprese e la riduzione di dei posti di lavoro che un uso più intenso di nuove tecnologie produrrà, anche a fronte di un rientro delle produzioni a lro volta nei paesi d’origine delle imprese. È del tutto evidente la complessità di questi processi, il ruolo strategico dei governi nel gestirli, i quali operano in sistemi diversi con capacità diverse di promuovere e guidare l’innovazione, di riorganizzare filiere produttive, infrastrutture, sistemi di formazione e di ricerca, canali di finanziamento ed aggregazione di imprese.

Il colpo di grazia della pandemia ad un sistema squilibrato.

Come in ogni crisi si prospetta una selezione darwiniana nel sistema delle imprese, ma non solo, come nel passato assetti territoriali ed urbani vengono coinvolti ed anche stravolti, lo stesso accade agli equilibri ambientali. La storia ci consegna l’esempio della desertificazione di interi quartieri della città di Detroit, mentre da anni assistiamo al dilagare del discorso sulla ‘Smart City’, che spesso si trasforma in una retorica che va ben oltre la trasformazione reale del tessuto urbano con l’uso pervasivo delle tecnologie digitali.

La trasformazione urbana e territoriale è legata indissolubilmente al problema ambientale in termini di riduzione delle emissioni di CO2, del consumo energetico degli insediamenti residenziali produttivi e commerciali, della mobilità delle persone e delle cose. La crescente intensità dei fenomeni metereologici richiede di ridisegnare il grado e la forma dell’antropizzazione dei territori, di accrescerne la capacità di reggerne l’impatto.

L’irruzione della pandemia quindi ha inferto un colpo di grazia ad un sistema fortemente squilibrato, proiettato verso un orizzonte puntellato da eventi catastrofici. Se per un verso ci si attende un ritorno a condizioni di relativa normalità nelle relazioni interpersonali con l’arrivo di un vaccino, di contro non si può escludere il manifestarsi in futuro di un’altra pandemia. Il nesso di causa/effetto tra la crisi permanente degli equilibri ecologici ed il prodursi di pandemie (con il fenomeno della zoonosi) colloca stabilmente questo evento globale entro l’orizzonte del possibile.

Assistiamo alla rincorsa tra crisi e riorganizzazione del sistema globale, con l’uso sistematico e pervasivo tecnologie digitali, governato da quel sistema che va sotto il nome di Intelligenza Artificiale (ricorrenti sono i termini di Machine Learning, Deep Learning). Il tessuto di tecnologie e dispostivi ‘intelligenti’ , autoriflessivi, capaci di apprendere diventa la componente essenziale, il sistema nervoso delle formazioni sociali, strumento di una ricerca utopica di una razionalità superiore in un sistema di relazioni sociali sempre più profondamente irrazionale, squilibrato e disumano, del tutto compreso entro un orizzonte distopico: costituisce una sorta di seconda/terza natura per le formazioni sociali, prese singolarmente e come sistema globale. Le diverse capacità delle formazioni sociali di riorganizzarsi, di reggere la successione di ‘emergenze’ non può che accentuare gli squilibri globali e radicalizzare le diseguaglianze al loro interno.

Casaleggio ovvero l’apoteosi del digitale.

Abbiamo già evidenziato il ruolo delle tecnologie digitali nel programma redatto dalla task force guidata da Vittorio Colao, che si propone di rivoluzionare il ‘sistema Italia’. Il documento prodotto dall’associazione Gian Roberto Casaleggio costituisce una vera e propria apoteosi del digitale. Una disanima della rivoluzione digitale possibile e necessaria. Nel documento “Niente resterà come prima – Introduzione – Associazione

Gianroberto Casaleggio” più che nelle singole proposte discusse e condivise emerge una sottovalutazione delle forme di relazione sociale ‘in presenza’ rispetto alle relazioni a distanza rese possibili dai dispostivi digitali.

Una condizione definita come La nuova prossemica. La pandemia ci ha portati a rompere le resistenze verso l’idea di una società solo digitale. Nell’equazione “distanti ma vicini” è scritta la nuova dimensione dei nostri rapporti umani: la dimensione digitale è “entrata” nelle nostre vite (perché ad essa ci siamo aggrappati). L’emergenza ci ha fatto maturare fiducia rispetto a questa nuova dimensione del quotidiano perché, a tratti, è stata l’unica. Abbiamo imparato – forse nostro malgrado – a sentirla davvero confidente. (citazione di Chiara Rostagno, Architetto e Professore). (…) Il panorama più probabile è un proseguimento di quanto è già emerso nei mesi scorsi. Gruppi di chat con decine di parenti che fino a ieri non ci consideravamo, sono improvvisamente diventati importanti, col fine di avere aggiornamenti sullo stato di salute dei conoscenti dislocati in varie regioni d’Italia, come del mondo.

Si arriva ad una sorta di esaltazione dell’isolamento nella pratica scolastica con la seguente affermazione (peraltro non documentata nelle sue font)i: “Alcune ricerche mostrano che, in media, gli studenti imparano il 25-60% di argomenti durante l’apprendimento online rispetto all’8-10% in classe. Ciò è dovuto principalmente al fatto che l’e-learning richiede il 40-60% di tempo in meno per apprendere direttamente una lezione, visto che le persone possono seguire il proprio ritmo, tornare indietro e rileggere, saltare o accelerare a loro scelta. È chiaro che questa pandemia ha minato un sistema educativo che stava già perdendo la sua rilevanza. (…) Le famiglie si abitueranno al nuovo processo di formazione anche se si svaluterà, in parte, il ruolo stesso di educatore, con genitori e parenti che si vedranno delegare il compito di “supervisori” delle attività svolte a casa. Tuttavia, l’homeschooling non avrà sostituito del tutto l’aula o gli spazi dedicati alla formazione. Questi hanno ancora troppi vantaggi per essere rimpiazzati in ogni loro forma.”

Bontà sua verrebbe da dire, notare l’espressione ‘hanno ancora’, si presume non per sempre. In queste due citazioni emerge il nucleo duro dell’ideologia (reazionaria) digitale della Casaleggio che abbiamo imparato a conoscere nella costruzione del M5S, dove abbiamo visto i contenuti programmatici svanire rapidamente ( lasciando il passo al conflitto, dato per morto, tra posizioni e valori di destra e di sinistra, quando non da semplici logiche di potere) ed il modello di organizzazione (dove il medium è il messaggio come diceva un vecchio saggio) giungere al confitto di questi giorni. Una ideologia che espunge la cooperazione sociale che viene incorporata nelle tecnologie digitali, nella sintesi operata dalle forme più alte di queste, Capaci di un ‘apprendimento profondo’; che non fa menzione del conflitto sociale che trova nuovi terreni anche nel processo di espropriazione delle intelligenza individuale e collettiva ad opera della ‘grande macchina’ dei network sociali, dalla riduzione delle relazioni sociali a nutrimento degli algoritmi che ‘masticano’ moli enormi di informazioni su ogni aspetto della nostra vita, i cosiddetti big data.

Nessun dubbio emerge su quali forme di democrazia, di autogoverno, autodeterminazione siano possibili e necessarie nel nuovo mondo in cui l’umanità sta sbarcando, suo malgrado. In realtà la storia recente ci consegna l’utopia reazionaria di una ‘democrazia diretta’ totalmente disintermediata, resa possibile sempre dal medium digitale, il cui esito abbiamo conosciuto e che risulta governata dal nuovo principe che ne governa la macchina, coi soliti algoritmi.

Il resto del documento è ricco di spunti anche condivisibili, che partendo dallo stato in cui si trova in nostro paese ne richiedono una radicale ristrutturazione a partire da, formazione, ricerca, innovazione tecnologica, mobilità sostenibile, resilienza dei territori. Un repertorio che non aveva bisogno del panel di esperti, convocato dalla Fondazione Casaleggio, per essere redatto, che con ben altro spessore i movimenti di critica radicale al sistema in cui viviamo hanno prodotto e continuano ad elaborare nelle lotte e nelle mobilitazioni, estendendo la rete dei centri di elaborazione in ogni angolo del mondo.

Come dicevamo, i vari punti programmatici servono solo come pezza d’appoggio, come supporto a quella ideologia ‘reazionaria del digitale’, che abbiamo già conosciuto, un aggiornamento in buona sostanza dell’ideologia che descrive la piena e totale autonomia del capitale nella forma della società dell’informazione. Questa nuova ideologia mistifica un rapporto profondamente gerarchizzato nella forma di un rapporto egualitario ‘peer to peer’ attraverso la rete. Laddove i processi di strutturazione delle reti portano invece ‘naturalmente’ alla formazione di hub -di nodi dove si addensano le relazioni con altri nodi più poveri di legami e periferici- e quindi le capacità di controllo sul funzionamento del sistemaii. Lo sviluppo dei network sociali e dei poli di produzione tecnologica ha vista affermarsi questa dinamica in poco più di due decenni.

L’utopia che deriva da questa visione è quella in cui la crescente disponibilità di dati potrà sostituire alla mediazione del denaro quella dell’informazione; dove mercati ricchi di informazioni permetterebbero di passare da un capitalismo della finanza ad un capitalismo dei dati. Chi costruisce questo scenario, consapevole del processo di concentrazione del potere sull’informazione, propone una sorta di normativa anti-trust che garantisca forme di condivisione dell’informazione. Il processo di concentrazione del potere sull’informazione sappiamo quanto ormai sia progredito e come peraltro il sistema finanziario abbia accelerato la sua espansione, la sua articolazione e la velocità delle sue transazioni. Lo scenario mostra poi il superamento dei limiti cognitivi di ogni individuo, di ogni soggetto che opera nel mercato, mentre conosciamo bene invece la crescita esponenziale delle diseguaglianze nei termini di disporre e accedere alle informazioni, nel disporre delle conoscenze necessarie ad organizzarle ed utilizzarle. Le asimmetrie nel mercato in realtà aumentano e non si smorzano. Di questo torneremo a parlare più approfonditamente. Possiamo intanto consigliare una utile lettura di un testo che analizza questo scenario.iii

A fronte di questo è necessario tornare alle fonti della critica di questa forma del rapporto di capitale, dove il riferimento alla condivisione della conoscenza in tutte le sue manifestazioni non si possono ridurre a semplici appelli, che tutti sono buoni a fare, ma deve essere rivendicazione e pratica concreta, capace di attraversare la nuova composizione sociale, soprattutto oggi nella morsa della nuova crisi a più dimensioni in cui la pandemia ci ha precipitato. È necessario dare nuova vita al discorso sui beni comuni nel nesso profondo ineludibile tra conoscenza e vita.

i https://www.bbc.com/news/business-52752172

“Each one of them is going to say to the rest of the world, either you are with us or against us,” he says. “Either you use my AI systems, my 5G, my technologies, my robotics. Or you are using the one of my rival’s. Therefore there is going to be a more divided world.”

(…) This points to the sixth major factor: de-globalization. The pandemic is accelerating trends toward balkanization and fragmentation that were already well underway. The United States and China will decouple faster, and most countries will respond by adopting still more protectionist policies to shield domestic firms and workers from global disruptions. The post-pandemic world will be marked by tighter restrictions on the movement of goods, services, capital, labor, technology, data, and information. This is already happening in the pharmaceutical, medical-equipment, and food sectors, where governments are imposing export restrictions and other protectionist measures in response to the crisis. (…) The Sino-American decoupling in trade, technology, investment, data, and monetary arrangements will intensify.

ii Vedi il testo di Albert-Laszlò Barabasi “Link – La scienza delle reti”

iii Mayer-Schonberger, Viktor. Reinventing Capitalism in the Age of Big Data . John Murray Press.

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