focus, recensioni

Cruising Utopia

di Paola
Guazzo

José Esteban Muñoz, figlio di emigrati cubani in Usa, è stato uno studioso, performer ed attivista queer. È morto precocemente a 46 anni, nel 2013, dopo aver scritto alcuni  testi fondamentali per la teoria queer ed intersezionale: Disidentifications: Queers of Color and the Performance of Politics (1999), The sense of Brown (2020) e Cruising Utopia: The Then and There of Queer Futurity (2009 ), quest’ultimo uscito recentemente per Nero Editions, con traduzione ed introduzione di Samuele Grassi e Nina Ferrante. La pubblicazione di Cruising Utopia  deriva anche dal forte interesse e desiderio di Liana Borghi, ricercatrice di letteratura angloamericana e pioniera della ricerca queer in Italia già a inizio anni Novanta, recentemente scomparsa.

È bene chiarire ed esplicitare le tre parole-chiave che guidano nel testo di Muñoz: queer, cruising e utopia. Queer: è termine anglosassone che sta per «strano», «bizzarro», forse in italiano si potrebbe dire deviante, ed indica tutti i soggetti non inclusi nell’eteronormatività e nelle categorie binarie sesso-genere che vengono spesso naturalizzate sul piano sociale. Cruising: letteralmente significa navigazione a carattere sportivo, ma ha assunto fin dagli anni Cinquanta il significato di ricerca di partner sessuali, specie in ambito gay (in questo senso sinonimo di battuage). Nel testo di Muñoz è utilizzato accanto ad Utopia, quindi può essere un “incontrando l’utopia” che non prescinde dalla dimensione reale dei corpi, delle identità di genere e delle sessualità. Insomma, da un certo foucaultiano usage des plaisirs. Foucault che non a caso elaborò il suo passaggio dalle strutture ai soggetti durante un viaggio, con annesso cruising ed esperienza lisergica, a San Francisco (1975).

Utopia è nel senso di Ernst Bloch, una temporalità messianica e marxista nel contempo, un tempo altro che nasce da un “qui e ora” in deflagrazione, come un “non ancora” a cui tendere, similmente al tempo-ora (Jetz-Zeit) delle Tesi di filosofia della storia di Benjamin.

Spirito dell’utopia, il primo testo importante di Ernst Bloch, scritto tra 1915 e il cruciale 1917 e pubblicato nel 1918, non è citato in Cruising Utopia, che si basa sul più tardo e sistematico Il principio speranza (1959), tuttavia un percorso contenuto in Spirito dell’utopia  è collegato allo stile di ricerca di Muñoz. Incontri con testi, estasi, performance, persone della scena queer, e anche beat, attivismi etico-estetico-politici, colori in loop: una temporalità utopica che si nutre di una rete reale di relazioni in fermento, non necessariamente solo attuali, ma volte al recupero di una temporalità rivoluzionaria.

L’apertura verso un mondo di critica radicale dell’esistente, anche della parte più “riformista” del complesso movimento LGBT+, non è mai incistata in se stessa: trascina altrove, in luoghi relazionali altri, dove razza, identità di genere, sesso e classe si incontrano ibridizzandosi. L’incontro-cruising con la teoria di Bloch è, così, pienamente blochiano: non si cita lo Spirito dell’Utopia, lo si diviene. Anche in una prospettiva di demitizzazione del “valore d’uso” di un testo come locus solus ad uso di uno sviluppo accademico del queer. Muñoz sembra indicare altre strade, e in un certo senso questo vale per chi ne volle la traduzione italiana (una “legacy” per le generazioni di studiosi e appassionati queer da lei stessa formati e stimolati alla ricerca?): la brocca, in note pagine di Spirito dell’Utopia, non è valore di scambio, ma nemmeno valore d’uso (le manca un manico), è ornamento (anche in senso queer) che si fa senso, storia recuperata e portata verso il futuro, è oggetto lanciato nel tempo al di là di ogni fissazione feticistica.

Paola Guazzo

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