Il primo paragrafo dell’art. 42 del TEU1 recita “La politica di sicurezza e di difesa comune costituisce parte integrante della politica estera e di sicurezza comune. Essa assicura che l’Unione disponga di una capacità operativa ricorrendo a mezzi civili e militari. L’Unione può avvalersi di tali mezzi in missioni al suo esterno per garantire il mantenimento della pace, la prevenzione dei conflitti e il rafforzamento della sicurezza internazionale, conformemente ai principi della Carta delle Nazioni Unite. L’esecuzione di tali compiti si basa sulle capacità fornite dagli Stati membri” stabilisce l’obiettivo di costruire una difesa comune dell’Unione Europea, il dilemma ruota attorno alla sua applicazione effettiva, alla realizzazione di un effettivo coordinamento degli apparati militari dei diversi paesi. In questa definizione si parte dalle ‘capacità militari’ dei singoli paesi. Ogni paese ha una sua politica e struttura militare, come ribadisce più volte tutto l’art. 42 e come recita la definizione di una strategia di difesa comune è affidata al Consiglio Europeo che, come è noto, deve decidere all’unanimità; infine l’articolo nel finale subordina il tutto alla NATO. “Gli impegni e la cooperazione in questo settore rimangono conformi agli impegni assunti nell’ambito dell’Organizzazione del trattato del Nord-Atlantico che resta, per gli Stati che ne sono membri, il fondamento della loro difesa collettiva e l’istanza di attuazione della stessa”.
In queste poche righe è scritta tutta la contraddittorietà del percorso che dovrebbe portare alla definizione di una comune effettiva politica di difesa europea; la mancanza di integrazione degli apparati e delle strategie dei diversi paesi, la subordinazione alla NATO e quindi agli Stati Uniti come gli eventi di questa prima parte del XXI secolo testimoniano tutte le difficoltà i questo processo. All’interno dell’UE, come peraltro recita lo stesso articolo, si sono realizzate diverse forme di coordinamento tra gruppi di paesi e alleanze nelle rispettive industrie militari.
Il catastrofico abbandono dell’Afghanistan deciso dall’amministrazione Biden prima e l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia hanno messo all’ordine del giorno la realizzazione di una maggiore autonomia dell’UE nei confronti degli USA.
Lo scontro con la Russia, da parte della NATO e della UE, a partire dall’invasione dell’Ucraina si è sviluppato lungo le filiere industriali, finanziarie e di approvvigionamento alimentare ed energetico oltre a quello militare messo in gioco dallo scontro in Ucraina, linee di scontro e assieme di reciproca dipendenza che si diramano poi lungo linee di competizione ed interdipendenza a livello globale.
Che la guerra faccia parte dell’ampio spettro di relazioni che intervengono tra nazioni e coalizioni, quasi senza soluzione di continuità, è noto da sempre con metafore varie –la più nota ‘la guerra è il proseguimento della politica con altri mezzi’– che ne descrivono l’intreccio. La guerra ha seguito lo sviluppo tecnologico delle società e la natura sociale dei conflitti, nell’ampio spettro che va dallo scontro diretto tra nazioni, alla guerra civile, alle guerre di indipedenza e liberazione, passando per rivoluzioni ed insurrezioni, dai confronti perfettamente simmetrici a quelli massimamente asimmetrici. Negli ultimi decenni la forma della competizione, prima durante e dopo lo scontro diretto, delle strategie, la natura dei dispositivi d’arma sono state sempre di più caratterizzato dall’uso pervasivo delle tecnologie digitali sino all’Intelligenza Artificiale. Molte delle innovazioni, soprattutto negli Stati Uniti, sono frutto di ricerche in campo militare. Il nesso tra filiere di ricerca e produzioni -militari e non- è sempre strettissimo, le stesse tecnologie spesso hanno due facce; gli apparati di coordinamento, comunicazione e controllo dipendono dalle stesse tecnologie che hanno trasformato le nostre vite. L’uso dei social network per destabilizzare e orientare relazioni sociali e schieramenti politici è ormai pratica consolidata quanto quella di entrare nel funzionamento reti di controllo di apparati strategici dei paesi avversari. D’altra parte il nesso tra nucleare civile e militare tramite l’arricchimento dell’uranio è la posta in gioco tra Stati Uniti ed Iran.
Non ha senso isolare lo sviluppo degli apparati e delle strategie militari, lo sviluppo concreto di attività belliche dalle altre forme di competizione, confronto e scontro; ogni paese ha un proprio profilo, un mix di strategie e strumenti messi in campo; la più evidente è la differenza tra i profili strategici di Russia, Cina e Stati Uniti, su cui gli analisti si sbizzarriscono, avendo la centro la competizione tra Cina e USA. La guerra in Ucraina ha aperto tutti gli interrogativi possibili sulla natura delle scelte di Putin che hanno portato all’invasione con l’obiettivo di uscire dalla posizione di inferiorità strategica, economica e militare -fatto salvo l’arsenale nucleare- in cui si trova dal crollo dell’Unione Sovietica, continuazione della strategia attuata con gli interventi precedenti in Siria e Cecenia.
Gli ultimi avvenimenti in Ucraina hanno riproposto la posizione dell’Unione Europea come vaso di coccio nella competizione globale, con l’apertura di un fuoco di crisi ai propri confini, praticamente sul proprio territorio.
Il nostro obiettivo non è quello di ripercorrere il flusso di avvenimenti che hanno portato a questa guerra, né quello di farne una analisi complessiva, con il suo pregresso storico che la determina, compresa dell’attuale condizione dell’UE se non per quella parte che è necessaria per comprendere lo sviluppo del suo apparato militare e le sue strategie, per quanto possono esistere indipendentemente dalla NATO e dagli Stati Uniti. La descrizione della situazione per quanto sommaria, come modesto contributo alla discussione in atto, non può prescindere dal prendere in considerazione quantomeno delle strategie e delle politiche militari di Cina e Stati Uniti.
L’industria della difesa a livello mondiale è cresciuta nei cinque anni che arrivano al 2019 – ben oltre i trend dell’economia nel suo complesso- è cresciuta di molto, il fatturato dei primi 100 gruppi è aumentato del 39%2, nello stesso periodo gli introiti delle principali industrie europee sono stati stagnanti, mentre perdevano terreno rispetto ai concorrenti cinesi e statunitensi. Gioca la frammentazione dell’industria bellica europea; tra le prime 100 società del settore difesa la quota di quelle europee è passata dal 30 per ceto del 2002 a meno del 20 per cento nel 2019. Per i governi europei questa situazione implica maggiori costi, nessun paese possiede la filiera completa dei prodotti e dei servizi militari, nessun paese copre lo spettro completo, i sistemi non sono fatti per cooperare, ciò rende impossibile l’interoperabilità e la piena realizzazione di una difesa europea.
Uno degli obiettivi nella ristrutturazione dei bilanci militari è l’aumento della quota dedicata agli equipaggiamenti, alla struttura ed ai sistemi d’arma. Nel 2019 nei principali sei paesi europei, compresa il Regno Unito, solo Germania ed Italia spendevano meno del 20% in equipaggiamenti; nasce spontanea la domanda di cosa succederà con la crescita della spesa militare in risposta alla mossa della Russia di invadere l’Ucraina, in particolare in Germania stante la decisione di investire 100 miliardi di euro. Il costo dell’investimento in strutture e sistemi d’arma è comunque destinato a crescere in funzione della loro sempre maggiore complessità. Il semplice dato di 100 miliardi di investimento da parte della Germania poco o nulla dice se non si entra nel merito della sua composizione e quanto si colloca in un processo di maggiore integrazione tra le strategie militari dei paesi europei.
Il Regno Unito ormai fa parte a sé e si muove avendo come riferimento gli Stati Uniti, come si è visto recentemente nelle posizioni radicali espresse nei confronti della Russia nel conflitto russo-ucraino; rilevante è la partecipazione al piano dello sviluppo dei sistemi d’arma con l’accordo AUKUS con Usa e Australia per la produzione di sommergibili nucleari, stracciando un precedente accordo dell’Australia con la Francia per l’acquisto di sommergibili tradizionali. Quest’ultimo episodio, se così lo possiamo definire, ha dimostrato ancora una volta la debolezza dell’Unione Europea, la sua incapacità di proiettarsi autonomamente sullo scacchiere mondiale in particolare nell’area cruciale dell’indopacifico; la stessa collaborazione dei tre paesi si sviluppa in un progetto volto a realizzare i missili supersonici3 su cui già la Cina sperimenta e forse anche la Russia. L’Australia collabora con gli USA sul piano delle tecnologie militari informatiche e dello spazio4; gli USA stringono i rapporti con l’alleato australe avendo l’obiettivo di contrastare il ruolo della Cina nell’area strategica dell’Indopacifico, teatro principale del confronto globale, secondo la strategia di integrare la propria potenza militare con quella degli alleati, a cui corrisponde una visione integrata di tutti i sistemi militari che vediamo più avanti.
Gli USA comunque -di fronte allo scatenarsi di conflitto con la Russia al confine orientale della NATO, in un’area che sembrava sotto controllo nonostante l’annessione della Crimea del 2014, a cui erano seguite bande sanzioni verso la Russia- sono costretti a rivedere la propria strategia in base alla possibilità di doversi confrontare su due conflitti principali su fronti diversi contemporaneamente, avendo di fronte due avversari in grado di sfidare la loro potenza contemporaneamente; il riferimento è alla questione Taiwan nel confronto con la Cina, punto di crisi nell’Indopacifico.
Rispetto a questa strategia, l’Europa ridiventa un fronte importante, ma si prospetta appunto come terreno di scontro e non come un protagonista dotato di una propria autonomia strategica immediatamente praticabile. Le vicende attuali indicano quindi la necessità per l’UE sul piano del confronto militare di partire dalle basi, vale dire la costruzione di un proprio complesso militare-industriale unificato.
Nelle istituzioni europee la Direzione generale DEFIS5 ha la funzione di stimolare la competitività dell’industria della difesa europea, laddove si sottolinea ancora una volta che la responsabilità delle politiche della difesa sono di competenza dei singoli stati. Toccherebbe alla Commissione il compito di stimolare l’integrazione, la collaborazione cross-border tra gli stati, la realizzazione del cosiddetto European Defence Technological Base (EDTIB), troppo poco rispetto al livello ed alla qualità del confronto strategico globale in corso, se l’UE volesse giocare il ruolo di grande potenza e non di vaso di coccio.
Il tutto avviene in assenza di strategie miranti a disinnescare le ragioni dei conflitti, almeno sul proprio territorio e sulle aree confinanti che peraltro oggi aggregano alcuni tra i principali punti di crisi a livello mondiale, con tutte le conseguenze sul piano dei flussi migratori che convergono verso l’Europa e diventano parte della guerra ibrida come si è visto con l’uso da parte della Turchia i profughi Siriani che premono per entrare in Europa e lo stesso gioco fatto dalla Bielorussia. DEFIS ha il compito di implementare gli investimenti degli 8 miliardi di euro dal bilancio europeo the EU dedicati all’ European Defence Fund for 2021-2027, che ne fanno il terzo investitore a livello europeo, ben poca cosa rispetto alle cifre del Pentagono o della Cina.
Il contesto nel quale avvengono le iniziative della Commissione è il cosiddetto EU Strategic Compass on Security and Defence, la bussola strategica, che pur mantenendo le prerogative degli stati sulla politica militare, cerca di costruire i primi elementi di una centralizzazione degli apparati, attraverso la realizzazione di Teams e Toolbox, con l’impegno del Consiglio a proseguire sulla strada della centralizzazione; tutto questo appare molto lontano dalla creazione di una Politica della Difesa Unitaria. Risale al 2007 la decisione dei paesi dell’Unione di adottare la European Defence Technological and Industrial Base (EDTIB) strategy, mirante ad integrare le strategie dei diversi paesi tra loro, strategie di cui già nel 2013 viene descritto il fallimento. 6.
La decisione tedesca di stanziare 100 miliardi di euro nei prossimi anni per il rinnovo dell’apparato militare è pressoché contestuale alla decisione di acquistare dagli Usa un certo numero di aerei F-35 in grado di portare armamento nucleare, decisione che ha creato disappunto in Francia che costituisce con la sua industria il perno dell’apparato militare-industriale europeo7. La decisione tedesca fa suonare le campane a morto per il progetto europeo Future Combat Air (FCAS) System, lanciato nel 2017 da Francia e Germania, meglio conosciuto per il progetto di realizzare un aereo da caccia europeo, il cui obiettivo è quello di sostituire la miriade di modelli di aerei da combattimento presenti nelle forze armate dei paesi europei. La Germania, nonostante questa scelta, ribadisce il proprio impegno nei programmi che si fondano sullo sforzo congiunto dei maggiori gruppi europei Airbus, la francese Dassault Aviation and Thales e lo Spagnolo Indra Sistemas. Insomma, un colpo al cerchio e uno alla botte, si nota in questa dichiarazione l’assenza del gruppo italiano Leonardo, che su molti progetti ha forti rapporti con l’industria statunitense.
Stante lo stato attuale delle politiche comuni europee nel campo militare, il rapporto tra Francia e Germania è cruciale, gli altri vanno al traino. La scelta degl F.35 è legato anche la fatto che quel tipo di aereo è unico in grado di portare le nuove bombe nucleari tattiche B-61-128.
Secondo una ricerca sul rapporto franco-tedesco in campo militare9 benché ci sia un tentativo di convergere, esiste un ampio margine di dissenso e anche di fraintendimento e diffidenza nella valutazione delle minacce da affrontare e quindi delle misure da adottare. La ricerca -di due anni fa- certifica l’intenzione dei due paesi di investire oltre 100 miliardi di euro in campo militare nei dieci anni seguenti, questo prima dell’accelerazione indotta dal conflitto-ucraino. Una delle grandi differenze tra i due paesi, all’epoca della stesura del paper -che sembra lontana decenni e non anni dopo lo scatenarsi di crisi in cui ci troviamo- era l’esistenza di una strategia militare da parte della Francia supportata da un deciso intervento dello stato in campo industriale, cosa che all’epoca era carente in Germania. L’influenza del governo francese ha frenato la volontà di cooperazione bilaterale da parte delle controparti tedesche. La Francia inoltre ha – o aveva- per così dire una misura delle necessità di aggiornamento degli apparati e delle strategie militari per una serie di interventi sul campo e per la necessità di aggiornare il proprio apparto nucleare.
Sino ad oggi il bilancio della dichiarazione congiunta del 13 luglio 2017- che esprimeva la volontà di avviare una serie di iniziative e progetti nel campo dell’industria della difesa- non appare certo positivo. La lettura del paper citato, di parte francese, può essere illuminante rispetto alle molteplici cause che hanno determinato un sostanziale fallimento nella realizzazione di una cooperazione stretta ed estesa tra i due paesi in campo militare. Indubbiamente gioca il contesto costituito da un lato dalla mancanza di una strategia unitaria e condivisa nel campo della difesa da parte dell’Unione Europea, per cui i singoli paesi ed attori industriali sono portati a giocare in proprio, e dall’altro dall’ingombrante presenza dell’alleato statunitense sotto il cappello della NATO.
La decisione della Germania di aumentare la quota annuale del proprio bilancio destinata alla difesa assieme ad un investimento straordinario di 100 miliardi, cambia la situazione per cui l’industria tedesca temeva una prevalenza dell’influenza dello stato francese. Quanto ed in quanto tempo la situazione dei rapporti trai due paesi cambierà è una realtà che dovremo seguire con attenzione, anche per il traino che potrà esercitare nei confronti della realizzazione di una difesa europea, per la quale una condizione necessaria è la standardizzazione degli apparati e delle strategie, cosa che per quanto possa essere ad un certo punto decisa non avviene certo in breve tempo.
La ristrutturazione dell’apparato militare-industriale europeo forse potrà trovare a sua volta un incentivo nel processo più generale di ristrutturazione delle filiere produttive, logistiche ed energetiche indotte dalla necessità di affrontare il cambiamento climatico; questo processo a sua volta rientra all’interno delle problematiche del confronto strategico, delle forme di guerra ibrida, a partire dai problemi di approvvigionamento energetico, alimentare e di materie prima di valore strategico indotti dalla guerra russo-ucraina. L’intreccio tra i processi di ristrutturazione e di crisi è sempre più stretto e aggrovigliato le scelte in campo devono tener conto di scelte in altri campi, sino a formare un quadro complessivo che deve garantire un certo livello di compatibilità sostenibilità sul piano ambientale, economico, sociale, finanziario e strategico: non sembra un problema da poco.
Il confronto con la strategia militare e di investimento degli USA per quanto sintetico è necessario.
Le forze armate la strategia militare Usa sono e saranno sottoposte ad un processo di revisione e ristrutturazione tanto radicale e profondo quanto non si è visto negli ultimi 40 anni -così secondo il documento Army Unified Network Plan ENABLING MULTI-DOMAIN OPERATIONS. Secondo un approccio mirante a rendere possibile il modello definito come ‘Multi Domain Operations’ supportato da una struttura definita Unified Network, l’orizzonte per questa trasformazione è fissato per il 2028. L’impostazione come si può intuire si affida alla capacità di connettere tutti i livelli e particolari situazioni in tempo reale, con la capacità di trattare moli enormi di dati, garantendo l’affidabilità della rete in tutte le condizioni; ciò richiede la totale standardizzazione di tutti i tipi di informazione trattate e l’utilizzo di tecnologie di Intelligenza Artificiale e di Machine Learning per ricavare -da quel flusso di dati da tutta la struttura, da tutti i terreni di scontro e di confronto- le informazioni utili; il piano prevede la realizzazione della Department of Defense Information Network Operations (DODIN Ops), mentre il processo di aggiornamento è continuo non più legato a periodi scadenzati, seguendo il processo continuo di innovazione tecnologica, campo centrale per la competizione globale dove si ha la convergenza di tutti i processi di innovazione trainati dal digitale10.
La lettura del documento, che non può essere qui riassunto, offre una visione sintetica della struttura dinamiche che l’apparato militare statunitense andrà ad assumere nei prossimi anni. Chi ha una certa dimestichezza di analisi dell’organizzazione aziendale in termini di processo-prodotto troverà tutti gli elementi dell’analisi di rischio e del ciclo di vita di tutti i processi e prodotti del complesso militare-industriale dove l’apparato industriale e di ricerca è totalmente connesso con l’apparato militare vero e proprio. Infine l’amministrazione Biden richiede per il 2023 uno stanziamento di 773 miliardi di dollari, comprensivi del supporto all’Ucraina.
Come abbiamo avuto modo di osservare in precedenti analisi le necessità di efficacia e sicurezza sul piano del confronto globale -ai diversi livelli di conflittualità- si trasferiscono necessariamente sul piano del controllo delle relazioni interne, qualunque sia il regime politico dei diversi paesi, laddove al livello più profondo ed essenziale le differenze tra i diversi regimi politici tendono a scomparire, benché la libertà dei media molto possa fare: la vicenda di Assange molto ci insegna.
Un processo analogo di trasformazione è in corso in Cina11. Che prevede una analoga informatizzazione di tutto l’apparato militare 12 esito di un processo di modernizzazione durato 20 anni. Possono essere utili alcune analisi condotte in merito dalla rand Corporation, di parte USA, in particolare il documento Systems Confrontation and System Destruction Warfare. Il confronto tra il processo di ristrutturazione strategica di parte cinese e statunitense richiede una analisi più approfondita che rimandiamo ad un prossimo articolo, poiché il confronto militare, si colloca all’interno del confronto globale in tutte le sue dimensioni entro l’intreccio di crisi e trasformazioni a cui necessariamente dobbiamo riferirci come contesto. Entro questo confronto si va a collocare il ruolo subordinato, ma certamente non secondario della Russia di Putin. La campagna militare in Ucraina sta mostrando tutti gli elementi di debolezza dell’apparato militare russo, campagna che non sembra obbedire ai canoni del teorico della guerra ibrida il generale Gerasimov.
Incombe comunque su quell’intreccio di crisi, che colpiscono in modo ineguale diverse regioni del globo e le diverse classi sociali all’interno dei singoli paesi, le potenzialità solo in parte espresse del gigantesco apparato militare-industriale che innerva tute le economie e società del mondo. Di questo dobbiamo ragionare per vederne anche le diramazioni variamente asimmetriche ed ibride dal centro alle periferie del globo; un panorama che non induce alla speranza, ma su cui dobbiamo sforzarci di ragionare se la speranza vogliamo coltivare.
Roberto Rosso
- https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:12012M/TXT&from=IT.[↩]
- A Growth Plan for the European Defense Industry 2019 – https://www.strategyand.pwc.com/de/en/industries/aerospace-defense/growth-plan-for-the-european-defense-industry.html.[↩]
- https://www.huffingtonpost.it/esteri/2022/04/05/news/usa_uk_e_australia_coopereranno_sulle_armi_supersoniche_la_rivelazione_del_ft-9117050/.[↩]
- https://www.ft.com/content/a6efecd9-8f7f-4072-ba86-f405c03bc005 The US and Australia are boosting security co-operation in space and the cyber domain as the Indo-Pacific allies strengthen efforts to counter China, which is investing heavily in space and weapons such as hypersonic missiles. Admiral John “Lung” Aquilino, head of US Indo-Pacific Command, said the nations wanted to accelerate what the Pentagon calls “integrated deterrence”, combining all the elements of the military power of the US and its allies.[↩]
- Directorate-General for Defence Industry and Space https://ec.europa.eu/defence-industry-space/eu-defence-industry_en.[↩]
- In 2007, the EU states adopted a European Defence Technological and Industrial Base (EDTIB) strategy. The gradual integration of national DTIBs should lead to self-sufficiency in security of supply (SoS) – but on a European rather than national level. A better co-ordinated, less duplicative defence landscape was to emerge, to better serve the political objectives of European defence. However, EU-states have failed to implement this vision. Defining the « European Defence Technological and Industrial Base»: Debates & Dilemmas 2013.[↩]
- Divisions risk undermining windfall for Europe’s defence industry Finanancial Times 30-3-2022.[↩]
- “It is true it (F-35) is the only modern aircraft which can be certified to carry the future American B-61-12 gravity bomb, but how can it not be seen that this undoubted procurement is both a complete allegiance to Nato and the U.S., but also a betrayal of France and the FCAS project, which will have its budget gutted
by the acquisition of the worst enemy of the European military aeronautics industry?” the defense group said. It was time for a “divorce.” The U.S. life extension program for the B-61-12 weapon replaces various models of tactical nuclear bombs, namely the B61-3, 4, and 7, with a single version capable of hitting different types of targets.[↩]
- CONSENT, DISSENT, MISUNDERSTANDINGSThe Problem Landscape of Franco-German Defense Industrial Cooperation BY Jean-Pierre MAULNY DEPUTY DIRECTOR OF IRIS Christian MÖLLING DEPUTY DIRECTOR, DGAP’S RESEARCH INSTITUTE – gennaio 2020 IRIS.[↩]
- The pace of technological advances, if not addressed, will dramatically erode the overmatch advantage we have enjoyed for decades. Technological advances enable the integration of space, cyber, information, and electronic warfare (EW) capabilities that can halt American power projection before it begins. Artificial Intelligence, autonomy, robotics, quantum computing, cellular wireless (5G and beyond), and Low Earth Orbit (LEO) Satellite will continue to change the character of operational campaigns, resulting in a battlefield that is faster, more lethal, and distributed. We can no longer assume that the homeland is a sanctuary, or consider the ‘global commons’ uncontested.[↩]
- https://www.defenseone.com/ideas/2022/04/what-lessons-china-taking-ukraine-war/363915/.[↩]
- https://jamestown.org/program/chinas-new-military-strategy-winning-informationized-local-wars/.[↩]