Nel paper ‘Economic complexity and the green economy’ leggiamo: “Sono state proposte diverse definizioni di crescita verde. Per esempio, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) afferma che “Crescita verde significa promuovere la crescita economica e lo sviluppo garantendo al contempo che le risorse naturali continuino a fornire le risorse e servizi ambientali su cui si basa il nostro benessere” 1.
Allo stesso modo, la Banca Mondiale definisce la crescita verde come “Una crescita efficiente nell’uso delle risorse naturali, pulita in quanto
riduce al minimo l’inquinamento e gli impatti ambientali e resiliente che tenga conto dei pericoli naturali e del ruolo dell’ambiente gestione e capitale naturale nella prevenzione dei disastri fisici” 2.
Frasi come “promuovere la crescita economica e lo sviluppo garantendo al contempo che le risorse naturali continuino a fornire le risorse e servizi ambientali su cui si basa il nostro benessere” parlano di una progettualità in sé contraddittoria a cui infatti non corrisponde alcun orizzonte concreto, come peraltro dimostrano gli esiti delle COP 26 e 27; Nel rapporto citato si sottolineano soprattutto le contraddizioni che la crisi climatica può indurre nello sviluppo economico, conseguenze e contraddizioni in questo senso locali, proprie di particolari processi economici, a cui si contrappone nella realtà il carattere globale ed incombente della crisi climatica. Il brano estrapolato dal documento della banca Mondiale ‘tiene conto’ di conseguenze che possono essere catastrofiche, comunque coniuga ‘crescita efficiente’ e ‘riduzione al minimo’ delle conseguenze avverse.
Nei pochi anni passati dalla stesura di quei documenti, si è acuita la percezione delle conseguenze in atto e la comprensione dell’incombente orizzonte catastrofico della crisi climatica; il clima delle COP infatti trasudava drammaticità mentre i protagonisti si dichiaravano incapaci di trovare un accordo globale e quindi di intraprendere una azione comune efficace ed efficiente.
La necessità di definire la complessità dei sistemi economici e sociali nasce dal rendersi disponibili di strumenti di analisi sempre più sofisticati che al paradigma della complessità fanno riferimento, a fronte della necessità di ‘spiegare’ quella condizione di crisi permanente ‘permacrisis’ in cui siamo immersi dall’inizio di questo secolo; soprattutto a fronte della necessità di una radicale, profonda, pervasiva transizione ecologica, energetica, vale a dire una trasformazione assieme locale, regionale, settoriale e globale che per essere tale deve riepilogare ogni nesso sociale ed economico, nessuno escluso.
Crisi senza rivoluzione.
Il contesto di permacrisis in cui viviamo oggi non è vissuto come un momento, una congiuntura in cui movimenti di liberazione, possano ribaltare i rapporti sociali dominanti, da alcuni decenni, si dice, viene condotta e vinta una lotta di classe dall’alto, a differenza della tradizione dei movimenti operai e rivoluzionari per cui la crisi era il momento della rivoluzione. La crisi del 1929, che viene presa come pietra di paragone per un confronto con le crisi successive, fu definitivamente superata con la seconda guerra mondiale mentre si affermavano processi di trasformazione con un ruolo determinante dello stato negli Usa con il New Deal, in Germania con il regime nazista ed in Unione Sovietica con il modello di economia pianificata, centralizzata, dove l’ordine sociale si fondava comunque sullo sviluppo tecnologico e nuovi modelli produttivi, nuovi mezzi di produzione per la realizzazione di beni di consumo di massa in tempo di pace, e per la produzione massiccia di nuovi dispositivi di distruzione per la guerra.
Per arrivare all’oggi, passiamo attraverso il trionfo del modello fordista, con la sua organizzazione a livello globale, il suo superamento tramite la ristrutturazione e riconversione produttiva trainata dalle tecnologie digitali ed il trionfo della globalizzazione finanziaria, contesto nel quale si disgrega la composizione di classe prodotta dal modello fordista; oggi nel nuovo secolo avanzato, i rapporti di produzione, la divisione internazionale del lavoro, il quadro geopolitico sono radicalmente mutati, l’ordine gerarchico della globalizzazione neo-liberista è saltato, la trasformazione tecnologica è entrata nel ramo verticale della curva esponenziale di crescita, mentre la succitata crisi climatica impone cambiamenti radicali che ripercorrono per li rami tutta quanta la formazione sociale. Un mondo molto più disordinato vien da dire, che può essere meglio descritto usando modelli, strumenti di analisi che si rifanno al paradigma della complessità. I limiti dello sviluppo citando un noto rapporto si stanno imponendo, come abbiamo avuto modo di analizzare negli articoli che si sono succeduti su questa rivista, e riguardano ogni dimensione della riproduzione sociale.
Prendendo atto della incapacità di fermare se non invertire il processo di riscaldamento globale si cercano le pratiche di accomodamento ovvero come sopravvivere al cambiamento climatico il che produce in modo evidente una ulteriore divaricazione nella qualità , nella possibilità stessa di vita a seconda della regione, del territorio e della classe sociale di appartenenza; quando si parla come nel rapporto citato dell’OCSE di garantire la crescita e la disponibilità dei ‘servizi’ che l’ambiente offre all’umanità, si usa un eufemismo che cela la drammaticità della situazione e l’abisso di diseguaglianze che si sta approfondendo.
Il governo della complessità, degli andamenti non lineari dell’economia, di una realtà geopolitica non strutturata gerarchicamente implica una concentrazione degli strumenti di raccolta ed elaborazione dell’informazione i cui flussi connettono le diverse dimensioni della formazione sociale, dalla produzione, al consumo, alla finanza alle relazioni umane mediata dalle reti sociali digitali; tuttavia questa concentrazione è piuttosto problematica, si riproduce un conflitto a livello di grandi potenze ed al loro interno tra poteri statuali e oligopoli dell’informazione. Quest’ultimo conflitto è particolarmente acuto ed evidente in Cina; si è venuto dispiegando negli ultimi due anni3 ed ha determinato un nuovo assetto ed un raffreddamento del conflitto, con la rinuncia di Jack Ma al controllo su Ant Group il ramo tecnologico-finanziario (fintech in gergo) del suo impero, la cui pervasività nelle relazioni sociali, nella vita quotidiana in Cina non ha eguali in nessuna parte del mondo. Negli stati Uniti e nell’Unione Europea si sono aperti conflitti e si cerca di limitare o quanto meno normare lo strapotere pervasivo dei colossi digitali delle Big Tech nelle relazioni sociali, tuttavia nulla di paragonabile al conflitto che si è aperto in Cina, cruciale nel contesto della costruzione dello specifico regime politico che fa capo a Xi Jinping. Nel contesto cinese la definizione di nuovi rapporti di forza nel determinare la natura del ‘regime digitale’ del paese si coniuga con l’abbandono del modello di controllo e gestione della pandemia, attuato sino ad ora, rovesciando il modello del ‘contagio zero’ permettendo a questo di diffondersi e dispiegarsi.
Il regime politico cinese è alla ricerca di un governo della complessità nell’intreccio di fattori di crisi e processi di trasformazione tumultuosi che non si risolve nella -a sua volta complessa- concentrazione dei poteri; i dati relativi all’anno 2022 sugli andamenti economico- con una crescita del PIL del 3%, il più basso degli ultimi 40 anni, escludendo il dato del 2020 determinato dal picco pandemico- e demografico – per la prima volta le morti sono più numerose delle nascite- dimostrano l’impossibilità di governare il processo di riproduzione sociale, così come oggi è strutturato. La semplificazione in un segmento si riflette nella complessificazione in un altro. La pandemia nella fase più acuta, ed il controllo tramite quarantene totali a livello di metropoli, che in Cina è proseguito anche dopo il superamento della fase più acuta, ha prodotto uno stop and go nelle catene di forniture che ha colpito intere filiere produttive, vedi l’articolo La trombosi del capitalismo delle reti4, alcune delle quali non ancora oggi tornate alla normalità.
Questo dato non fa venir meno i processi di concentrazione del potere e della ricchezza, mentre acuisce i livelli di conflitto sul piano geostrategico ed a cui corrisponde la crescita di quello che un tempo fu definito da un generale divenuto presidente degli Stati Uniti il Complesso Militare Industriale ed il ruolo relativo nel determinare i rapporti economici, sociali e politici, vedi ad esempio l’articolo Keynesismo di guerra e confronto globale5.
Analogamente la crisi climatica non fa venir meno il modello economico-sociale che l’ha prodotta e la sta incrementando, tra le forme di accomodamento emerge la finanziarizzazione della crisi climatica, della messa a rischio di ecosistemi e risorse naturali, vedi l’articolo Un progetto di finanziarizzazione totale della crisi climatica e della vita6, attraverso la creazione delle cosiddette Natural Asset Companies (NACs) a cui si affida la proprietà di determinati ecosistemi, erogatori di servizi ecosistemici per le comunità, il tutto poi finisce sul mercato finanziario.
La digitalizzazione del sistema monetario e finanziario -con la quale, a fronte di una smaterializzazione totale della moneta, si compete attuando transazioni in unità di tempo sempre più brevi, dell’ordine dei millesimi di secondo- richiede una raccolta di in formazioni sempre più ingente in tempo reale sia per competere che per regolare i mercati, mentre l’uso degli strumenti tradizionali –tassi di interesse e regolazione del credito e della massa monetaria, nelle sue differenti accezioni– rischia di produrre stagnazione o stagflazione, le banche centrali progettano di prendere il controllo della creazione di moneta digitale attraverso l’emissione delle cosiddette CBDC ( Central Bank Digital Currency) avente corso legale, a differenza delle cripto valute, sostenute da vari sistemi tecnologici tra cui la blockchain, vedi l’articolo Monete digitali, ciclo economico e guerre digitali7.
Dopo questa breve rassegna sui tentativi di prendere il controllo della complessità dei sistemi socio-economici, è necessario per concludere queste brevi note, riprendere la definizione di questa complessità che può esemplificata dall’introduzione del documento Economic Complexity: A New Challenge for the Environment8 “Notiamo un crescente interesse per la modellizzazione economica che è emerso in diversi approcci che includono fattori quali: razionalità limitata ed eterogeneità di agenti, interazioni sociali multiple a varie scale spaziali e temporali e apprendimento processi, in presenza di processi evolutivi adattivi. Tali processi evolutivi, osservati nei sistemi socio-economici umani può portare a squilibri, relazioni non lineari, dipendenza, discontinuità e irreversibilità del percorso. Sistemi socio-economici sono considerati sistemi complessi in evoluzione, composti da più (fattori) irrazionali che interagiscono e gli agenti in rapido adattamento e i risultati aggregati sono visti come proprietà emergenti di tali sistemi.
Le seguenti caratteristiche del contesto globale attuale e sociale suggeriscono la necessità di un Approccio di “complessità”: i) elevate interconnessioni tra sistemi finanziari ed economici (economie nazionali/regionali, mercati); ii) sviluppo di catene globali di produzione del valore e consumo; — turbolenza della vita sociale ed economica (previsione limitata, capacità, nuovi obiettivi e ambiente instabile e ostile); iv) un nuovo paradigma di sviluppo: Sviluppo sostenibile – Diffusione nella società della conoscenza specifica è fondamentale per la sopravvivenza umana; v) un elevato livello di connessioni tra individui e organizzazioni (ad esempio, social networking); (vi) sviluppo delle conoscenze e delle informazioni società e digitalizzazione dell’economia e del lavoro (mercati virtuali, lavoro a distanza, lavoro elettronico, e-learning e e-reading); vii) il capitale umano ha una funzione sociale distintiva comprendente competenze manageriali, creative, imprenditoriali e high-tech; viii) Comparsa di nuovi tecnologie, prodotti e materiali; ix) miniaturizzazione e dematerializzazione dei prodotti (nanotecnologie, prototipi virtuali e strumenti); x) la pressione dell’automazione di processi produttivi e migrazione della forza lavoro verso le industrie creative; e (xi) globale competizione per risorse, mercati e profitto.
La complessità è un attributo immanente del mondo in cui operiamo e sta aumentando con una velocità senza precedenti.”
Questa definizione ha un valore esemplificativo, per entrare nel merito dovremmo utilizzare una serie di indici che ne danno una definizione quantitativa ed anche qualitativa in termini generali. E’ senz’altro da condividere l’ultima frase del brano citato vale adire il carattere immanente, il che ci dice che siamo dentro un processo ed ogni intervento, qualunque esso sia, è parte del sistema -tanto per usare un termine riduttivo- che si vuole modificare o governare.
Nello stesso articolo l’autrice osserva come il tema della complessità di ritrova nel pensiero economico.
“Keynes è anche considerato un precursore della teoria della complessità economica. Lui condivideva la convinzione di Alfred Marshall. Il lavoro teorico di Keynes era un tentativo di affrontare la complessità del mondo economico e l’interdipendenza dell’economia variabili. Nel suo quadro teorico, Keynes descrive il risultato macroeconomico
come risultato dell’interazione di agenti eterogenei che rivedono il loro comportamento mentre accumulare informazioni e le interazioni degli agenti possono portare a macro-instabilità e percorsi fuori equilibrio. Questo approccio è comune alla teoria della complessità.
Fu nel 1990 quando gli economisti riconobbero per la prima volta che un’economia poteva essere concepita
come sistema complesso, e l’economia come branca della teoria dei sistemi con metodologia e sono stati sviluppati i concetti teorici necessari per affrontare la complessità economica.
I sistemi complessi si riferiscono a sistemi auto-organizzati, con molti componenti e caratteristiche, esibire molte strutture, processi in vari tassi, cambiamento e adattamento capacità agli ambienti esterni. Le loro proprietà riguardano: causalità circolare, feedback loop, risposta causa-effetto non lineare, emergenza e imprevedibilità, dinamismo, e in continua evoluzione.”
L’ultimo capoverso introduce una sintetica definizione di complessità, di cui peraltro esiste una sterminata letteratura e molte pagine divulgative; una buona disamina si ritrova nel testo What is a complex system? di James Ladyman · James Lambert ·KarolineWiesner9 che esamina i differenti caratteri che portano a definire un processo, un sistema come complesso.
Una prima definizione provvisoria, dopo una lunga disamina che viene proposta è la seguente “Un sistema complesso è un insieme di molti elementi che interagiscono in modo disordinato, risultando in una solida organizzazione e memoria.” ( “A complex system is an ensemble of many elements which are interacting in a disordered way, resulting in robust organisation and memory.”). Le intense dinamiche relazionali tra i diversi elementi del sistema e la lor numerosità sono un elemento fondante la complessità, come è facile intuire. Interazioni dalle quali emergono comportamenti globali, aggregati che non dipendono dalle singole dinamiche globali, come ad esempio è esemplificato nello studio di Giorgio Parisi e della sua equipe sul volo degli storni, sulle relazioni tra le interazioni di prossimità e la dinamica globale.
Il carattere della complessità è innanzitutto dei sistemi viventi, dalla singola cellula, agli esseri viventi, agli ecosistemi; è questa complessità che l’attuale modo di produzione e riproduzione sta modificando nelle sue dinamiche globali e locali; laddove si spinge il sistema globale verso nuovi assetti, nuovi equilibri possibili, con effetti catastrofici sugli ecosistemi, le popolazioni e le specie che compongono l’insieme della vita sul pianeta. I cambiamenti indotti nelle dinamiche del clima dal riscaldamento globale a loro volta si differenziano fortemente da regione a regione, da ambiente ad ambiente, con caratteri quindi non omogenei e non lineari rispetto ai quali po’ risultare difficile la previsione e l’accomodamento.
La conquista sociale della terra, per citare un testo di Edward O. Wilson10 da parte della specie umana, con i suoi caratteri in continua evoluzione, rischia di tradursi in una sconfitta definitiva per l’umanità.
La complessità delle dinamiche sociali, in cui siamo immersi e a cui cerchiamo di accomodarci comunque giorno per giorno, è ovviamente rilevante per qualsiasi processo di liberazione a cui non si è offerto l’appiglio di alcun automatismo meccanico o il supporto di un processo dialettico storicamente determinato e necessitato.
Viceversa è necessario cogliere almeno in parte le dinamiche di questa complessità per capire quali forme di organizzazione più o meno consolidata e formalizzata sia necessaria o quanto meno preferibile nel conflitto sociale e politico o meglio quali forme di organizzazione e di relazione, più o meno locali o generali, si possano dare oggi nel conflitto e quali relazioni si possano stabilire. In questo senso si può fare l’ipotesi che certo rapporti gerarchici possano esistere, ma alla fine contino e siano determinanti le qualità globali emergenti da quella complessità, da quelle interazioni: per cogliere questa emergenza è necessario affinare gli strumenti di analisi ed ancor più una sensibilità condivisa ai fenomeni emergenti, sino a produrre e condividere nuovi paradigmi dell’agire politico, della cooperazione sociale. Certo alcune capacità e sensibilità si formano sin da piccoli.
Roberto Rosso
- OECD, 2011. Towards Green Growth. Technical Report. Organization for Economic Cooperation and Development pg. 9 https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S0048733316300361 [↩]
- World Bank, 2012. Inclusive Green Growth: The Pathway to Sustainable Development. Technical Report. World Bank, Washington, DC: World Bank Publications. pg.2 [↩]
- https://www.wired.it/article/alibaba-jack-ma-ant-group-cina-big-tech/ [↩]
- https://transform-italia.it/la-trombosi-del-capitalismo-delle-reti/ [↩]
- https://transform-italia.it/keynesismo-di-guerra-e-confronto-globale/ [↩]
- https://transform-italia.it/un-progetto-di-finanziarizzazione-totale-della-crisi-climatica-e-della-vita/ [↩]
- https://transform-italia.it/monete-digitali-ciclo-economico-e-guerre-digitali/ [↩]
- Olimpia Neagu Economic Complexity: A New Challenge for the Environment. Earth 2021, 2,1059–1076. https://doi.org/10.3390/ [↩]
- http://philsci-archive.pitt.edu/8496/ [↩]
- La conquista sociale della terra, Edward O. Wilson – Raffaello Cortina Editore 2013 [↩]