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“Ci vogliamo vive”

di Nicoletta
Pirotta

di Nicoletta Pirotta –

Un’altra grande manifestazione femminista, quella di sabato scorso, 23 novembre, contro la violenza maschile sulle donne.

Molti i cartelli che ricordavano le donne violentate o uccise. Fra le quali Daniela Carrasco, “El mimo”, attivista femminista ed artista di strada, simbolo delle e dei manifestanti cileni, il cui corpo senza vita è stato ritrovato in un parco (l’inchiesta sulle cause della sua morte è ancora in corso).

La manifestazione, organizzata dal movimento femminista di “Non Una Di Meno” ha voluto denunciare, per l’ennesima volta, quanto la violenza maschile sulle donne sia un fenomeno di criminalità che nulla ha a che vedere con l’amore ma che parla, invece, il linguaggio della violenza, del sopruso, della dominazione.

In Italia, secondo i recentissimi dati del rapporto Eures, ogni quindici minuti una donna è vittima di atti di violenza. Ogni settimana ne vengono uccise tre. Una su tre ha subito violenza almeno una volta nella vita. Le vittime nel 2018, in termini relativi, hanno raggiunto il valore più alto censito nel Paese, con il 40,3%. Era il 35,6% nel 2017. Negli ultimi vent’anni, sono state 3.230 le donne uccise.

Numeri agghiaccianti.

“Contro la violenza siamo rivolta” è stato scritto sull’appello di NUDM che lanciava la manifestazione per ricordare che “In tutto il mondo le donne e le persone lgbtqtpa+ sono in rivolta contro la violenza patriarcale, razzista, istituzionale, ambientale ed economica. In Sud America, in Medio Oriente, In Asia, in Africa, in Europa le donne stanno affermando chiaramente che nessun processo di democratizzazione e liberazione è possibile senza trasformazione radicale dell’esistente. In Cile, in Messico, in Ecuador, in Argentina, in Brasile, le donne lottano contro la violenza patriarcale e economica che attacca i corpi e l’ambiente. Le donne curde stanno difendendo e portando avanti un processo rivoluzionario femminista, ecologista e democratico e combattono per la liberazione da ogni fondamentalismo e contro l’autoritarismo turco”.

La manifestazione è stata molto partecipata, migliaia di donne (ed anche di uomini) hanno dato vita ad un corteo pieno di musica, segni rossi e nasi da clown, cartelli, slogan, striscioni. Cioè di vita.

“Insieme siam partite, insieme torneremo, non una di meno!”

E’ stato scritto e urlato.

Hanno aperto il corteo, comè giusto che fosse, i centri anti-violenza e le Case delle donne minacciate di sfratto o sgombero, che sono in lotta per mantenere aperti spazi di autodeterminazione, libertà, socialità, mutuo aiuto.

Molto toccante il flash-mob “Il grido muto” per ricordare le donne uccise: la marea umana si ferma, si siede a terra e sta in silenzio per cinque minuti. Un grido muto di “rabbia e gioia” che poi sfocia in un urlo liberatorio: “Ci vogliamo vive, oggi”.

Non ho potuto, purtroppo, partecipare alla manifestazione ma da ciò che ho letto e dalle numerose testimonianze che ho raccolto dalle compagne che hanno partecipato, mi pare che si possa dire che anche quest’anno la manifestazione femminista nazionale ha confermato la sua potente carica di rivolta.

Di fronte alla brutalità ed alla violenza dell’oggi il movimento femminista internazionale di “Non una di meno” rappresenta uno degli anticorpi più vitali, che consente di credere ancora possibile un mondo differente.

Un movimento capace di tenere insieme, in una prospettiva intersezionale, le diverse forme di violenza che colpiscono le donne, in ogni parte del mondo.

In Italia solo il 48% delle donne lavora, la disparità salariale fra uomini e donne è pari al 23%, più di 1.400.000 donne ha subito molestie sul lavoro, sulle spalle delle donne gravano,quasi completamente, i lavori domestici e di riproduzione sociale, la donne migranti sono l’ultimo anello della catena globale di sfruttamento, la chiusura di porti e l’innalzamento di muri nega il principio di solidarietà e di accoglienza, il diritto alla salute è messo sotto scacco dalla diminuzione costante dei Consultori pubblici, dai tentativi di messa in discussione della 194 (la legge sull’aborto), l’avanzata di integralismo, fondamentalismo, sessismo ed omofobia rinforza gli stereotipi sessisti e prova a riportarci in un passato che ci rifiutiamo di dover rivivere.

La presenza di un movimento femminista internazionale consapevole e determinato, capace di portare in piazza centinaia di migliaia di donne ed uomini in molte parti del mondo, capace anche di provare a riappropriarsi dello sciopero come pratica di conflitto e di trasformazione, consente a tutte e a tutti di non rassegnarsi e di continuare a lottare.

Per fare, collettivamente, il necessario affinché accada il possibile.

movimento femminista, Non Una Di Meno
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