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Che Europa sarà alle elezioni?

di Roberto
Musacchio

Ora abbiamo anche la data, dal 6 al 9 giugno 2024 si terranno le elezioni europee.

Secondo alcuni sondaggi pubblicati in vista di questo appuntamento cruciale (saremo ancora in guerra?) da quel po’ (pochi) di mass media che seguono professionalmente le vicende politiche europee, il gruppo parlamentare europeo ECR, cioè la destra che fa riferimento a Meloni e al Pis polacco, potrebbe risalire dal sesto al terzo posto tra i gruppi battendosela con i liberali.

Sempre gli stessi sondaggi danno primi i popolari e ancora secondi i socialisti. Calo per i verdi e crescita per la sinistra.

Essendo sondaggi che si esprimono in seggi la realtà poi dipenderà da fattori politici che si riverberano sulle attribuzioni. Ad esempio se ci sarà accordo in Francia tra France Insoumise e Pcf che eviti di ripetere la dispersione subita l’ultima volta quando elesse solo FI e si persero diversi seggi in più possibili in base ai voti presi. Ancora di più in Italia dove c’è uno zero di contributo ai seggi per il gruppo “the Left” (ma anche ai verdi) che dovrebbe indurre a fare ciò che si fece con l’Altra Europa con Tsipras che riportò in Parlamento europeo la Sinistra contro l’austerità riportandoci oggi quella contro la guerra.

Ma oltre a contarsi, i voti, come diceva qualcuno delle azioni, si pesano.

E non c’è dubbio che i seggi delle destre oggi pesano molto. Numericamente il voto della ECR, che già ha eletto Ursula Von Der Leyen, diverrà secondo le stime ancora più decisivo. Politicamente la guerra ha reso questo gruppo con l’abbinata Meloni Pis polacco molto forte. I polacchi sono ormai punto di riferimento privilegiato di Washington che ha anche sdoganato Meloni. In generale i Paesi già dell’Est hanno assunto la guida del processo revisionista che ha avuto un punto forte con la mozione del PE che ha riscritto la seconda guerra mondiale e equiparato nazismo e comunismo. L’idea meloniana di una Europa delle Nazioni è ciò che di fatto si va realizzando con la guerra costituente. Che per altro è stata preceduta da un trentennio di partecipazione e provocazione di atti bellici, dalla ex Jugoslavia all’Iraq, dall’Afghanistan alla Libia.

La Polonia insieme alla Germania sono i Paesi con il più forte riarmo nazionale mentre la UE calpesta i propri trattati e usa i fondi europei per riempire gli arsenali di armi.

Dunque establishment e nazionalisti marciano uniti accompagnati dalle fanfare militariste. Ho già scritto nell’ultimo transform di come  questo processo sia consono alla natura delle borghesie europee “liberate” dal condizionamento dei movimenti operai. Questa volta poi neanche si pensa di coinvolgere questi ultimi nelle guerre perché non c’è nessun compromesso consentito dall’altra guerra in cui sono impegnate, quella di classe rovesciata. E, per altro, i partiti che furono espressione dei movimenti operai sono già stati cooptati, non più per rappresentanza ma per correità, nella governance. Il che non toglie che se i socialisti europei conteranno ancora meno in Parlamento e continueranno a perdere governi e peso nel Consiglio le destre storiche non piangeranno.

Qualche socialista comincia pure ad accorgersene e mette in discussione la convivenza con i popolari e chiede che il gruppo europeo riprenda la sua denominazione rinunciando all’aggiunta “e democratici”. Finora chiacchiere e imbarazzi

Vanno molto più svelti i popolari. Sempre più a destra e con sempre più alleanze di governo con le destre estreme. Italia, Finlandia. Speriamo che la Spagna resista.

I verdi intanto si ubriacano del connubio guerra transizione ecologica e non sembrano cogliere il disastro in corso. Magari perché alcuni di loro hanno dimostrato di essere pronti ad esempio in Austria a stare anche con la destra.

La sinistra radicale, secondo i sondaggi, può crescere. Ci sono anche sorprese come la crescita forte in Belgio o in Austria. Ci sono Syriza, Nupes, Unidas Podemos, il Sinn Fein. Naturalmente con problemi nazionali.  E con grandi problemi di atteggiamento contro la guerra.

Per questo servirebbe molto che il pacifismo italiano, ancora forte, tornasse al Parlamento Europeo.

 

Roberto Musacchio

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