L’occasione per le note che seguono è data dalla pubblicazione sul sito dell’agenzia othernews.info delle registrazioni audio degli interventi alla seconda conferenza sull’Intelligenza Artificiale del 28 giugno1 dedicata al rapporto tra Intelligenza Artificiale e Democrazia. Una prima impressione, avendo partecipato alla conferenza, si ritrova nell’articolo La seconda conferenza sull’intelligenza artificiale: A.I. e democrazia, ma vale la pena approfondire alcuni dei temi emersi dal confronto; nel frattempo l’invito è ad ascoltare gli interventi dei relatori ed i commenti dei partecipanti, mentre i materiali della prima conferenza costituiscono un contributo fondamentale per una comprensione minimamente fondata sul quello straordinario processo di innovazione tecnologica destinato a stravolgere i rapporti sociali, economici e politici, in particolare sulle forme di governo.
Il punto che nessuno ha negato e neppure risolto è il dato per cui lo sviluppo delle tecnologie è in mano a poche società e quindi il carattere oligopolistico del processo in corso; Bellucci nel suo intervento auspica che ci sia invece una moltiplicazione dei soggetti che fanno il loro ingresso nella schiera dei soggetti capaci di competere nel mercato delle soluzioni legate all’I.A.; possiamo aggiungere la scalabilità delle soluzioni in termini di risorse di calcolo impiegate, quindi in termini di computer farm, energia assorbita e flussi finanziari. La storia dei processi economici, sembra suggerire il contrario, sia pure con la possibilità dell’affermarsi di nuovi soggetti destinati a dominare il mercato del digitale, come è già avvenuto nei decenni scorsi. A partire dalla creazione della rete e dalla crescita esponenziale della potenza di calcolo si è costruita una stratificazione e articolazione sempre più complesse di servizi sino alla realizzazione dell’I.A. come tecnologia necessaria a sfruttare la mole di dati disponibile in rete ed a renderne autonoma l’elaborazione indipendentemente dall’intervento umano. Il dato innovativo, reso possibile dalla tecnologia delle reti neurali, è la possibilità di analizzare il complesso delle informazioni disponibili in rete, superando il limite della loro struttura, utilizzando invece la possibilità di accedere alle fonti in linguaggio naturale.
Nella prima conferenza l’intervento di Elio Pascarelli2 aveva illustrato le potenzialità dell’opensource nell’I.A., tuttavia il suo sviluppo in termini di rete globale, in grado di non farsi sussumere dagli oligopoli del digitale, non è affatto garantito, benché alla luce delle trasformazioni indotte dall’I.A. sulle forme di governo della società esso – lo sviluppo dell’opensource- sia un fattore necessario per garantire lo sviluppo delle forme di partecipazione, che non sarebbero certo abilitate e sostenute da un dominio oligopolistico nel campo dell’I.A. ; siamo sulla cresta di un crinale in modo convergente per quanto riguarda lo sviluppo tecnologico e la trasformazione possibile delle forme di governo oggi esistenti. Questo dato deve essere sottolineato in quanto a fronte del protagonismo dell’innovazione tecnologica quale forza motrice di una trasformazione che ad oggi non fa che confermare le basi, la natura dei rapporti sociali di produzione dominanti -in tutte le loro varianti politiche e geopolitiche- non si forma una soggettività sociale, culturale e politica capace di elaborare un pensiero critico condurre una critica pratica nei confronti di questo duplice processo fatto di trasformazioni radicali e conferma della natura profonda delle società, carattere fondante -inutile dirlo- del rapporto di capitale.
Nell’articolo precedente avevamo osservato come il tema del conflitto sociale fosse espunto dal dibattito, assieme a quello della soggettività sociale della composizione di classe che ne fosse protagonista, viceversa una composizione sociale frammentata, sul piano locale e globale, richiede di operare una azione, faticosa quanto si vuole, di ricomposizione sociale ed in questo tocca connettere le diverse forme di critica e conflitto, anche i diversi livelli di sofferenza; abbiamo la necessità di una sorta di alfabetizzazione ed interscambio sul piano delle conoscenze degli apparati tecnologici che sono di produzione e assieme di dominio, e su quello delle forme di lotta e resistenza quanto sulle proiezioni progettuali e gli orizzonti di liberazione. Se facciamo un collegamento tra Intelligenza artificiale e sviluppo della logistica, possiamo pensare ad un incontro tra i protagonisti dello sviluppo Open Source dell’I.A. e i lavoratori che conducono le lotte contro lo sfruttamento e la precarietà lungo tutta la catena della logistica; del resto se pensiamo ad Amazon, il collegamento appare immediato.
Nella conferenza, la seconda, la potenza dell’impatto dell’I.A. sui rapporti sociali e le forme di governo ha portato da parte di alcuni -ma era l’atmosfera dominante- a ragionare sulla produzione dei nuovi assetti, senza alcuna nostalgia per la conservazione dell’esistente o il richiamo ad un passato glorioso. È questa la riflessione contenuta dell’intervento di Don Ciucci che si pone questione del contributo che l’I.A. può dare alla formazione di nuove relazioni sociali, in un contesto di disponibilità crescente di informazioni e tecniche atte a a trattarli, senza nessuna illusione sulla neutralità degli stessi dati e sulla necessità di non ridurre l’essere umano a informazione. Sergio Bellucci a sua volta sottolinea il salto di qualità rispetto all’inversione che con la nascita dell’industria si è dato nel rapporto tra lo strumento, un tempo agito direttamente dalla persona, e la persona che si è trovata ad essere agita dallo strumento diventato macchina, sistema delle macchine, secondo la più classica relazione tra lavoro vivo e lavoro morto che incorpora in sé quote sempre maggiori di conoscenza, capacità operative e di coordinamento generale. Potremmo dire che il lavoro morto all’epoca del digitale e soprattutto dell’I.A. è sempre più vivo. Nel suo intervento Bellucci citando uno studio di McKinsey parla di un incremento della produttività indotta dall’A.I. attorno al 40% con conseguenze devastanti per gli attuali equilibri economici, dai livelli di occupazione e salariali, alle forme di protezione sociale, alla composizione sociale; in ciò minando alla base le forme di mediazione politica, di raggruppamento degli interessi su cui oggi la mediazione politica si fonda, e le forme di governo conseguenti e possibili.
Peraltro Greta Sperandio ha evidenziato nel suo ultimo intervento come oggi i governi democratici, in particolare in Italia, siano governi di minoranza nei confronti del complesso degli elettori potenziali chiedendosi quindi di conseguenza come si possa affidare a questi processi di rappresentanza e di governo la gestione della trasformazione digitale delle società. Elisabetta Trenta, sulla base anche dell’esperienza fatta con il M5S sulla disintermediazione arriva ad affermare, sintetizzando il suo intervento, entro una riflessione sulla natura del potere che le sue forme attuali non sono in grado di gestire l’I.A: se non facendone un uso in termini di controllo sociale, mettendo quindi una pietra sopra su ogni forma possibile di crescita della partecipazione attraverso l’I.A. su cui altri interventi hanno ragionato, auspicando l’emergere di nuove forme di partecipazione in grado di confrontarsi con la trasformazione indotta dal digitale; auspicando certo, ma con una totale assenza – e forse non poteva che essere così- di orizzonte concreto o meglio di una prefigurazione dei primi passi di quel percorso partecipativo.
Come dicevamo il limite del confronto è stato nell’assenza di ogni ipotesi sulle forme e i contenuti possibili di conflitto sociale e dei soggetti in grado di produrlo e di costituirsi attraverso di esso; certamente dall’analisi prodotta nelle due conferenze, dalle esperienze citate e connesse molti spunti vengono per una riflessione che si rivolga al terreno concreto dell’agire critico e dell’azione costitutiva di nuove soggettività; con questo punto di vista è necessario riattraversare il dibattito prodotto per proiettarsi sulla sua prossima tappa.
Da ultimo è necessario citare Mario Agostinelli che in modo stringato ha messo a confronto i tempi del cambiamento climatico e quelli dello sviluppo tecnologico, ponendo la questione la questione se il secondo sia in grado di intervenire sul primo; aggiungendo che non siamo in grado con i processi educazione e formazione attuali di tenere il passo con quella trasformazione che opera sulla soggettività stessa, sulla natura del pensiero umano. Citando la geoingegneria Agostinelli ha evocato la prospettiva di una artificializzazione complessiva del processo di riproduzione sociale entro un contesto ecosistemico e climatico ormai spezzato nei suoi processi più profondi e destinato a ricercare nuovi equilibri in processi secolari, nei quali l’umanità è destinata costruirsi uno spazio di sopravvivenza che riproduce sé stesso con aggiustamenti progressivi, realizzando tuttavia un processo di selezione e di gerarchizzazione neodarwiniana nelle popolazioni e nella composizione sociale. L’intervento di Mario nella prossima conferenza e nel dibattito che la precederà, dovrà dispiegarsi ben oltre il troppo breve intervento che ci ha consegnato. Sviluppo del pensiero critico e dell’agire concreto urge, in una pratica di ricerca azione che anche la nostra storia più antica ci ha insegnato e dovremo di necessità rinnovare.
Roberto Rosso