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Criminalizzazione degli immigrati e normalizzazione dell’estrema destra in Svezia

di Monica
Quirico

Pasqua 2022. Rasmus Paludan, leader della formazione danese di estrema destra Stram Kurs (Linea dura), ha in programma di eseguire in alcuni comuni svedesi uno show ormai collaudato: bruciare il Corano, dopo aver sentenziato la superiorità dell’Occidente sulle altre culture. Come nelle precedenti occasioni, la manifestazione ha il beneplacito delle autorità svedesi. La prima performance di Paludan, a Jonköping, è sabotata dal reverendo Fredrik Hollertz, che fa suonare le campane della sua chiesa per impedire il comizio; sarà denunciato per disturbo della quiete pubblica. Negli appuntamenti successivi (a Linköping, Norrköping, Rinkeby, Örebro, Landskrona e Malmö) la reazione è molto più dura – ed è esattamente quella che il nazista danese sperava: molti giovani immigrati attaccano la polizia, tirando di tutto contro gli agenti e danneggiandone, talvolta incendiandone, i mezzi, oltre a vandalizzare auto e abitazioni private.

Se le forze dell’ordine vengono criticate per essersi fatte cogliere totalmente impreparate, l’indignazione dell’opinione pubblica è indirizzata ad arte non verso Paludan (la cui libertà di espressione viene anzi difesa dai più), bensì verso gli immigrati. Le contromanifestazioni, subito designate come le “sommosse di Pasqua”, gettano ulteriore benzina sul fuoco di una campagna elettorale (si vota a settembre) in cui il dilagare delle gang criminali viene puntualmente descritto come uno dei temi che più preoccupano i cittadini e le cittadine. Cosa c’entrano le gang con i disordini pasquali? La risposta è scontata: la criminalità che allarma è esclusivamente quella degli immigrati; anche se i dati che testimonierebbero l’aumento di sparatorie tra giovanissimi sono contestati da diversi esperti, la protesta violenta contro Paludan (e la polizia incaricata di garantirne la libertà di espressione, cioè bruciare il Corano) viene immediatamente associata alla criminalità comune. Per non farsi mancare nulla, si insinua che sarebbero state proprio le gang a orchestrarla.

I pochi (il Partito della sinistra, i Verdi e alcuni intellettuali) che provano a inquadrare i disordini di Pasqua nel contesto di un crescente disagio degli immigrati di seconda generazione rimangono inascoltati.  Imperversa la retorica “legge e ordine”: la ricetta consiste nell’aumentare personale e dotazioni delle forze dell’ordine e nell’inasprire le pene; qualcuno (la leader del Cristianodemocratici, Ebba Busch) si spinge fino a chiedersi perché la polizia non abbia usato il pugno di ferro (leggi: aprire il fuoco) per reprimere i violenti. Con questo retroterra, non stupisce che lo sbocco del dibattito sia un’ulteriore presa di distanza dalla politica di accoglienza dei migranti, giudicata troppo generosa. I socialdemocratici (tra i maggiori responsabili di misure che hanno progressivamente acuito la segregazione residenziale e sociale degli immigrati) sono in prima fila, in questa inversione di rotta che li avvicina sempre più ai cattivi maestri, i socialdemocratici danesi. Circolano abitualmente nel dibattito termini come “clan”, per designare la radice etnica (tribale?) dei comportamenti criminali, come a dire: sono fatti così, l’importante è che si ammazzino tra di loro senza travalicare i confini della società perbene (quella degli autoctoni).

Poi però capita qualcosa che smaschera questo dualismo ipocrita. La “Settimana di Almedalen” è una sorta di liturgia laica della politica svedese. Prende il nome da un parco della cittadina di Visby, nell’isola di Gotland (quella che, secondo i politici svedesi con l’elmetto, Putin sarebbe sul punto di attaccare). Qui tutti gli anni, nella prima settimana di luglio, si incontrano esponenti dei partiti, funzionari, intellettuali, giornalisti e associazioni per una sorta di festival della politica, aperto a tutti gli schieramenti. Ora, in questo “magico posto per il dialogo, gli scambi e gli incontri inaspettati che aiutano a migliorare la nostra società”, mercoledì 6 luglio un uomo, svedese, di 32 anni ha accoltellato a morte Ing-Marie Wieselgren, la coordinatrice, svedese, dei servizi psichiatrici dell’Associazione dei comuni e delle regioni della Svezia.

Appunto di problemi psichici soffrirebbe l’omicida, che tuttavia – lo ha rivelato Expo, la fondazione creata da Stieg Larsson (quello di Millennium, per intenderci) – ha legami con il Movimento di resistenza nordica (NMR), la principale organizzazione nazista della Svezia; fondata nel 1997, si è poi ramificata in Norvegia, Danimarca e Finlandia. A partire dal 2015, ha stabilito rapporti con il gruppo di estrema destra Movimento imperiale russo, da cui ha ricevuto finanziamenti.

L’omicidio di Ing-Marie Wieselgren rappresenta una sorta di nemesi. Innanzitutto perché dopo tanto gridare al lupo (l’immigrato), come già era successo in Norvegia con Breivik è un nativo a minare l’equilibrio di un paese che si considera una superpotenza morale. In secondo luogo, la Settimana di Almedalen è stata teatro, nel 2017, di una controversia riguardante proprio il Movimento di resistenza nordica, autorizzato per la prima volta a parteciparvi ufficialmente. I suoi militanti hanno distribuito le loro pubblicazioni ed eseguito il saluto nazista: scene che si sono ripetute l’anno seguente. Poi, nel 2019, il Movimento, pur partecipando ufficialmente non come organizzazione, bensì attraverso un singolo militante autorizzato a tenere un incontro, ha sabotato un’iniziativa sull’Olocausto e un seminario organizzato dall’Associazione educativa dei lavoratori (di area socialdemocratica). Diversi gruppi femministi e antirazzisti hanno deciso di boicottare il festival per protestare contro la partecipazione dell’organizzazione nazista, da cui si sentivano non solo offesi, ma anche minacciati; lo stesso era accaduto nel 2016 e 2017, quando il sito di news “Tempi nuovi” (Nya Tider), vicino all’NMR, era stato ammesso alla più prestigiosa Fiera del libro svedese, quella di Gothenborg.

Società sempre più insofferenti verso gli immigrati permettono a fascisti e nazisti di occupare la sfera pubblica. Il risultato? “Hanno invocato la guerra, e qualcuno ha risposto”, ha scritto Gavan Titley in un articolo su Breivik, citato da Ali Esbati nel suo libro su Utøya (https://transform-italia.it/intervista-ad-ali-esbati/). L’uomo che ha ucciso la dottoressa Wieselgren si è abbeverato alle stesse fonti del criminale norvegese: idee deliranti che circolano liberamente sui social, si dirà. Ma il punto è un altro. Ridurre gli atti violenti dei neonazisti a manifestazioni psicopatologiche e rimarcare l’irrilevanza elettorale delle loro organizzazioni è una forma di cecità o, peggio, di complicità. A parte il fatto che il Movimento di resistenza nordica è riuscito a far eleggere suoi militanti in alcuni consigli comunali, ciò che deve suscitare allarme è che in Svezia come in Italia e in Ucraina (per fare solo qualche esempio) la marginalità politica dei gruppi di estrema destra è semplicemente l’altra faccia della normalizzazione delle loro idee. Non è necessario che ci siano camicie nere o brune nelle istituzioni, se la loro visione del mondo è ormai parte integrante del discorso pubblico. È emblematico che l’assassino di Almedalen, oltre ad avere trascorsi nell’NMR, abbia espresso simpatie per i Democratici di Svezia, il partito populista di destra – con radici nei gruppi neonazisti – ben rappresentato nel parlamento svedese, avendo ottenuto alle ultime elezioni il 17,5% dei voti.

Alla luce di questa involuzione, non dovrebbe stupire che le “superpotenze morali” del Nord Europa siano pronte a vendere i curdi alla Turchia; con una buona dose di ipocrisia continueranno a pavoneggiarsi con la loro accezione incondizionata della libertà di espressione, da difendere a ogni costo – salvo poi ritrovarsi colpite dalle serpi allevate nel loro seno. In Italia, invece, le ricorrenti, ma minoritarie, pressioni per bandire i gruppi di estrema destra hanno il merito di mettere in luce come le libertà democratiche, lungi dall’essere universali, riflettano i rapporti di forza esistenti nella società. Mentre fascisti e nazisti (nemici della democrazia) ne beneficiano, chi si discosta dalla narrazione occidentale ne è escluso. Tuttavia cancellare dalla sfera pubblica i gruppi di estrema destra non è sufficiente: il fascismo, infatti, rimarrà come possibilità sempre presente fino a quando esisterà un modo di produzione che mentre sbandiera l’universalismo dei suoi principi nella realtà si perpetua attraverso l’incessante divisione del mondo tra soggetti privilegiati e vite dispensabili.

Monica Quirico

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