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Elezioni europee

di Franco
Russo

Ringrazio ancora Pasqualina Napoletano e Roberto Musacchio per le loro relazioni sulle elezioni europee che hanno innescato  un dibattito e delle riflessioni che possono aiutarci a decifrare i prossimi avvenimenti dell’UE e dei suoi Stati membri. Quelle che seguono sono alcune brevi considerazioni su talune questioni emerse nel dibattito.

Complicato è il rapporto tra conflitti e movimenti sociali, da una parte e principi e valori guida delle linee politiche, dall’altra.

Io sono un convinto sostenitore della ‘fallacia intellettualistica’ di cui parla diffusamente  J. Ober. Essa denuncia la fallacia di quanti  sostengono che sono gli intellettuali – organizzati vuoi nella forma del partito d’avanguardia, vuoi in quella dell’intellettuale collettivo e del moderno principe – a dettare le linee politico-culturali dei movimenti proletari e sociali, sulla base di ‘principi primi’  assunti come chiave interpretativa degli avvenimenti storici. Insomma i principi  sarebbero  una sorta di Bibbia alla cui luce interpretare la storia del mondo, per questo solo coloro che conoscono la Bibbia sarebbero gli interpreti affidabili delle vicende storiche. Ritengo invece  che la ‘teoria’ politica rivoluzionaria sia il frutto della teorizzazione delle pratiche sociali, in altri termini credo che i valori e i principi siano frutto della pratiche dei movimenti sociali e potrei citare gli innumerevoli casi storici: dai ‘mai più’ delle lotte della Resistenza al nazifascismo ai movimenti femministi ed ecologisti. I valori guida di queste lotte nell’Ottocento non c’erano e sono stati il portato di movimenti storici, fattuali, che sono stati il fondamento della loro elaborazione. Da ciò discende, a mio avviso, la considerazione secondo cui la storia non si ripete né come farsa né come tragedia: la storia è sempre contingente, non necessaria e dunque sempre diversa.

Cosa possiamo fare e come farlo in una situazione di disfacimento della classe operaia e dei soggetti sociali oppressi, in mancanza di conflittualità diffusa? Su questo mi sono diviso da quanti ritengono che i partiti siano la risposta, che invece io ritengo di conservazione. Non propongo di elaborare principi valori e strategie in una sorta di accademia , al contrario, ritengo che per trials and errors dobbiamo costruire conflitti, movimenti e valori. Come?  Anche con piccole iniziative, sarebbe bello dire grandi, ma non mi pare  questo il momento. Guidate da cosa? Dalla scelta di alcuni valori su cui tentare di costruire coscienza diffusa attraverso mobilitazioni, lotte, organizzazioni  anche diversificate tra loro. Faccio alcuni esempi, che mi coinvolgono perché sono un attivista e non un intellettuale, e il ritenersi tali – si ricordi il D’Alema che cita Max Weber per esaltare il professionismo politico –  è stato uno dei vizi dei dirigenti comunisti post Resistenza: essere intellettuali più che attivisti politici era un marchio di specialità per i dirigenti politici.

Il primo esempio: i Comitati e il Tavolo contro l’autonomia differenziata. A partire dalla lotta contro i disegni di legge dei governi sulla AD sono sorti dei comitati, non ‘di massa’, ma diffusi con pratiche di mobilitazioni sorrette da elaborazioni sulla base degli articoli 3, 5, 119, 127 della Costituzione. Attraverso le lotte si è costruito un discorso sulla democrazia costituzionale – concezione aliena per il movimento comunista in nome della sovranità popolare considerata assoluta – che ha ripreso teorizzazioni anche molto raffinate (come quelle di Ferrajoli) e oggi centinaia – se non migliaia-  di persone sono consapevoli dei valori della democrazia costituzionale a partire dal fondamentale articolo 3, che sintetizza in poche righe tutti gli scritti di Amartya Sen sulle capacità. Oggi i Comitati sono in grado di indicare alle forze di opposizione una via politica di lotte alle destre dell’ autoritärer Liberalismus, come lo definì H. Heller, quelle rappresentate da G. Meloni – Giovanni  Russo Spena ne ha parlato come di ‘liberismo autoritario’-  che ha per obiettivo la riscrittura del Titolo V. Sapranno RC, PaP, USB appropriarsene e farne un oggetto delle loro lotte?

Un secondo esempio: la vicenda dei Livelli  Essenziali di Prestazione (LEP). Collegati all’autonomia differenziata essi possono essere il ‘collante’ tra associazionismo professionale – Medicina democratica. Magistratura democratica, Lavoro e salute, ecc,.- sindacalismo conflittuale e movimenti sociali. Essi implicano la costruzione di lotte per affermare i diritti sociali, combattere la privatizzazione dei servizi pubblici, contrastare la sussidiarietà orizzontale del privato-sociale, superare i contratti aziendali di welfare che esprimono la subalternità dei lavoratori e dei loro sindacati alla distruzione dei  loro diritti sociali. Sapranno i sindacati di base, l’USB, l’opposizione in CGIL raccogliere questi indirizzi di lotta? Dunque anche in questo caso conflitti e valori stanno insieme, ed è possibile far partire vertenze politiche e sindacali.

Terzo esempio: la riconversione produttiva. I sindacati, compresa le FIOM nazionale e territoriali, chiedono a Stellantis di mantenere e aumentare l’occupazione investendo sull’auto elettrica anche nei modelli Premium, quelli per i ricchi. Ora non bisogna essere novelli Giorgio Nebbia ma basta leggere Sissi Bellomo su 24 Ore per sapere che l’auto elettrica non ridurrà né le emissioni climalteranti né la distruzione dell’ambiente perché i nuovi materiali cd critici richiederanno una potenza estrattiva molto più grande di quanto ne richiede la mobilità con veicoli a motore endotermico. Allora bisogna tenersi i motori endotermici e le fonti fossili, certamente no; occorre però riconvertire le produzioni a favore della mobilità pubblica collettiva e ridisegnare il territorio e le sue funzioni, soprattutto delle aree urbane come già sosteneva L. Mumford più di ottant’anni fa.  Saranno in grado partiti di sinistra   e sindacati conflittuali di far proprie queste istanze che caratterizzano un pluralità di movimenti territoriali? Analogo discorso si può fare sull’industria bellica per riconvertirla per scopi civili, innanzitutto dirottandone le risorse verso i servizi pubblici, dalla scuola alla sanità.

Mi fermo qua, per porre una domanda: serve promuovere movimenti sociali, elaborare piattaforme, sostenute da argomenti in grado di formare discorsi pubblici capaci di attrarre consenso e dar vita alla e alle ragioni pubbliche – come sostenuto da Searle, Habermas e altri che riprendono Kant ? Sì, vale a dire che si può partire da’piccole cose’ per costruirne di grandi – come ha fatto Mimmo Lucano a Riace. Sono mai stati in grado i partiti della sinistra alternativa di far questo?  Sono in grado di far questo oggi? NO. Ecco perché i collettivi, i comitati, i movimenti territoriali sono oggi l’unica via per costruire lotte e discorsi politici, mobilitazioni e cultura dei valori. Per questo l’Osservatorio UE può dare un contributo di analisi e di proposte, che le forze politiche e sindacali al suo interno dovrebbero sapere utilizzare, se mai partecipassero ai dibattiti e se mai dialogassero con esso … ma finora, devo constatare, che lo nostre rimangono urla nel silenzio

Franco Russo

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