Si avvicina il 25 novembre giornata internazionale della violenza maschile contro le donne.
Una violenza che non si riesce a contenere.
Ad oggi l’Osservatorio Nazionale di “Non Una di Meno” ha registrato 91 morti indotte da violenza di genere ed eterocispatriarcale.
Nello specifico: 78 femminicidi, 3 suicidi indotti di donne, 2 suicidi indotti di due ragazzi trans, 1 suicidio indotto di una persona non binaria, 1 suicidio indotto di un ragazzo, 6 casi in fase di accertamento. Inoltre, i media nazionali e locali hanno parlato di ben 67 casi di tentato femminicidio.
La violenza di genere si conferma quindi come strutturale. Un fenomeno per nulla in calo nonostante quanto sostenuto dal Viminale. A questo proposito va detto che spesso i dati ufficiali risultano “incompleti, difficili da decifrare e pubblicati in modo frammentario e irregolare” come denuncia una campagna che ha lanciato una petizione per chiedere di fare chiarezza1.
Come indicato dai dati ISTAT 2023, nel nostro Paese, il 31,5% delle donne tra i 16 e i 70 anni ha subito almeno una volta nella vita una forma di violenza fisica o sessuale.
Per quasi il 64% dei casi la violenza è stata agita da persone con cui la vittima aveva una relazione affettiva o familiare stretta.
La violenza di genere non è un fenomeno solo italiano.
Come documentato da un articolo su “inGenere” l’Eurostat, Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali (European Union Agency for Fundamental Rights, Fra) e l’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere (European Institute for Gender Equality, Eige) hanno condotto un’indagine attraverso un questionario rivolto a 114.023 donne. Quattro sono le dimensioni della violenza su cui si è indagato: violenza fisica, minacce e/o violenza sessuale perpetrata da qualsiasi individuo, violenza fisica, minacce e/o violenza sessuale perpetrata dal partner;, violenza fisica, minacce e/o violenza sessuale perpetrata da non-partner, molestie sessuali sul luogo di lavoro.
Dall’indagine emerge che circa il 30,7% delle intervistate ha sperimentato nel corso della vita almeno una di queste forme di violenza. La quota più alta di donne che dichiarato di aver subito violenza sessuale è in Svezia (40%), mentre la quota più bassa è in Bulgaria (3,4%). Per approfondimenti si rimanda all’articolo Dati di fatto. La violenza in Europa | inGenere.
Anche a livello internazionale, la violenza di genere si conferma essere uno strumento di dominio e oppressione come sottolineano i dati del report 2024 di UN Women, l’Ente delle Nazioni Unite per l’uguaglianza di genere e l’empowerment femminile.
Il fenomeno strutturale della violenza di genere, nelle sue diverse articolazioni, si colloca, oggi, dentro una scenario, macro e micro, sempre più problematico.
Nei contesti di guerra e di conflitto, mai così numerosi, con l’erosione del diritto internazionale cresce in maniera esponenziale la strumentalizzazione dei corpi delle donne, veri e propri campi di battaglia.
Contemporaneamente si assiste al preoccupante riaffacciarsi sulla scena politica e sociale di movimenti antifemministi intrisi di affermazioni e propaganda “tradizionaliste” o “pro-famiglia”. Movimenti che promuovono e sostengono l’ascesa e amplificano il consenso ad una destra reazionaria attualmente al governo in alcuni Paesi, fra i quali Stati Uniti e Italia.
A livello europeo un rapporto del 2023 della Fondazione “Heinrich Böll” ha reso noto la struttura di questi movimenti e le loro modalità di finanziamento sottolineando che il loro principale obiettivo è quello di influenzare l’opinione pubblica diffondendo una narrazione misogina e sessista che può alimentare la violenza contro le donne.
Una delle iniziative di questi movimenti antifemministi e antigender riguarda, non a caso, l’attacco alla “Convenzione di Istanbul”, lo strumento legale ad oggi più vincolante a livello internazionale per prevenire e combattere le violenze di genere.
Su un altro piano si evidenzia un’altra ambigua tendenza, rivelatrice anch’essa di una deriva sessista, e cioè la crescente sessualizzazione delle bambine sin dalla prima infanzia: i“beauty party” per bambine, una “moda bambina” che, oggi, vede le vetrine dei negozi adorne di indumenti dai tagli sensuali, del tutto lontani dalle loro reali esigenze, i video di baby-influencer che usano le creme anti-age delle mamme, sono pratiche che veicolano e rafforzano, fin dall’infanzia, ruoli di genere rigidi e stereotipati.
Un altro aspetto preoccupante riguarda la “teen dating violence”online cioè quelle forme di violenza di coppia tra adolescenti, messa in atto (anche) attraverso le tecnologie digitali che riguarda una varietà di comportamenti che vanno dall’abuso fisico e sessuale a forme di violenza psicologica ed emotiva.
La specificità di questa forma di violenza, che la differenzia dalla violenza di genere in età adulta, renderebbe necessaria la presenza di servizi dedicati che in Italia, tuttavia, ancora non esistono.
In un tempo in cui la vita delle ragazze e dei ragazzi è registrata e condivisa sul web sarebbe altresì urgente esplorare, in modo appropriato e scientifico, le opportunità e i rischi che bambini, bambine e adolescenti stanno affrontando dentro una vita spesa tra reale e virtuale.
Nel corso degli anni le lotte dei movimenti femministi e transfemministi hanno ottenuto importanti risultati sul piano materiale e simbolico: fino a qualche decennio fa la violenza maschile era riferita ad un fenomeno “passionale” causato da una gelosia intesa come naturale manifestazione in un rapporto di coppia.
Oggi nel dibattito pubblico non si parla più, o quasi, di “delitto passionale” ma di “femminicidio”. Si tratta di un’evoluzione non solo sul piano della mentalità ma anche su quello giuridico che ha consentito di individuare nuove tipologie di reati (stalking, revenge porn).
Anche sul piano sociale e politico si registra una positiva evoluzione: le partecipate mobilitazioni locali, spesso spontanee, in occasione degli ultimi femminicidi ne sono uno degli indicatori.
La storia però ci insegna che si può tornare indietro, che quel che sembrava scontato può essere messo in discussione specie quando i rapporti di potere, in questo caso quelli fra generi, si mantengono asimmetrici e ancora fortemente sbilanciati.
Auguriamoci dunque un 25 novembre capace di riempire di nuovo piazze e strade con la consapevolezza di quanto si è ottenuto e di quanto ancora ci sia ancora da lottare senza dimenticare quanto si rischia di perdere.
Paola Guazzo e Nicoletta Pirotta